La porta si apre, una fetta di luce illumina il pavimento bianco.
Due colonne si muovono verso di me.
Si piegano, fino a toccare il suolo.
Capisco che sono le gambe di Fred.
«Ti ho cercata per più di un'ora!», esclama, sollevato.
Non è arrabbiato, non lo è mai stato, con me.
Non mi tocca.
Teme di nuovo di spaventarmi, e temo di nuovo anche io di poter aver paura della sua pelle.
«Su, vieni», prende una decisione e allunga le braccia verso di me.
Mi tira su e mi tiene sollevata, aggrappata alla sua spalla.
Se potesse, sono sicura mi prenderebbe anche in braccio.
Il calore del suo corpo è rassicurante, ed elimina qualsiasi ricordo di quel glaciale vento che soffiava quando il mondo era di nuovo caduto nelle tenebre.
«Torniamo a casa».
Mi lascio accompagnare in macchina.
Quando partiamo leggo dal cruscotto che sono solo le undici del mattino.
Sono sicura che il suo lavoro non è finito, di solito non torniamo mai così presto, mai prima delle diciotto, in ogni caso.
Mi dispiace.
Avrei preferito che si fosse accorto della mia mancanza più tardi.
Che non si fosse preoccupato.
Avrei dovuto farlo per lui.
Avrei dovuto pensare alla sua preoccupazione.
Ma non l'ho fatto, non me ne è importato nulla.
C'è stata solo la paura.
La folle e tremenda paura di non farcela.
La paralizzante agonia di una speranza rotta per sempre e di una fragilità che dubito possa tornare ad essere forza.«È stato Christian a chiedermi di te», inizia Fred, una volta tornati a casa.
Siamo nel salotto, una stanza semiovale, in cui una parete è costituita da sole portefinestre nascoste dalle sottili tende gialline, in tinta con la carta da parati di un tenue verde salvia.
Il divano in pelle nero è comodissimo, forse anche troppo.
Fred è seduto di fronte a me, sulla sua poltrona beige reclinabile.
Aspetta che io dica qualcosa, ma non ho proprio idea di cosa dire.
«Non devi aver paura di lui, Golden», cerca di convincermi, sporgendosi verso di me, con il migliore dei suoi sguardi rassicuranti.
«Non devi più avere paura di nessuno, non se ci sono io almeno», continua.
La sua voce è profonda, sembra nascere dal centro della terra, è profonda nelle prime sillabe, per poi sollevarsi e raggiungere la superficie, diventando dolce, amabile.
Riesco solo ad annuire, mi vergogno persino di chiedergli scusa.
«So che non è facile, e quello che stai facendo non deve essere semplice per te, ma devi insistere, devi ritrovare la fiducia nel mondo. Gli uomini non son tutti uguali... E tutti noi siamo costretti a convivere con i nostri errori, con le nostre paure, con il nostro passato... Ed una persona non è forte perché sa affrontare gli ostacoli, una persona è forte perché riesce a mettere da parte il dolore che ha sopportato per superarli. Non dimentica la saggezza acquisita, ma riesce a non farsi sopraffare dal dolore per averla trovata», si alza dalla poltrona e mi si avvicina.
Si siede accanto a me.
«Ogni uomo ha il suo ostacolo da superare, ogni uomo si trova di fronte a situazioni, ad eventi, ed ogni uomo è libero di scegliere se attribuire agli eventi e agli ostacoli dei significati negativi, o positivi. Nulla di ciò che influenza le nostre vite nasce con un significato, nulla», abbassa lo sguardo, afferra le mie mani.
«Allora perché lasciare che il dolore assuma il peggiore dei significati? Non potrebbe essere luce, bellezza? Perché dare il permesso all'oscurità di esistere?», cerca i miei occhi.
Sono vicini ai suoi più che mai, e sento che se solo fossi in grado di distruggere la prigione, le sue parole potrebbero divenire i miei vestiti, potrebbero trasformarsi nel mio presente, nel mio passato, nel mio futuro.
Sarebbero la mia strada.
Se solo riuscissi a trovare la forza per demolire ogni parete, distruggere ogni catena e poter di nuovo essere libera.
«So che non è semplice, e non pretendo che tu mi comprenda ora, ma spero che le mie parole possano esserti utili, almeno una volta, in futuro. Dopotutto non sono nulla per te, probabilmente sei molto di più tu per me», la realtà di questa frase è disarmante.
È lui a sentirsi legato a me, io non ho nessun motivo per sentirmi legata a lui.
Nessun motivo...?
Mi ha accolta in casa sua senza chiedersi chi ero, mi ha trattata come se fossi stata sua figlia, o, forse, anche meglio, mi è stato accanto, ed è stato capace di aiutarmi.
Davvero non ho nessun motivo per il quale sentirmi legata a lui?
Ha fatto per me molto più di quanto non abbiamo fatto altri, di quanto non abbia fatto mia madre in diciotto anni.«Ti voglio bene».
Inizialmente credo che nella stanza sia entrato qualcun altro, o che uno spirito si sia manifestato, ed invece capisco, poi, che era solo la mia voce.
Gli ho detto ti voglio bene, non ricordo di averlo mai detto a nessuno, neanche ai miei genitori.
Fred chiude gli occhi, batte le palpebre, ma non riesce comunque a nascondere le lacrime che minacciano di fuoriuscire.
Mi fa tenerezza.
E allo stesso tempo mi infonde forza.
So che per superare il dolore non serve essere insensibili, basta essere capaci di vedere il mondo dalla giusta prospettiva.
Spero solo di riuscirci, almeno una volta nella vita.
«Non sai cosa questo significhi per me», e poi le braccia di Fred trovano il modo per incollarsi al mio busto e stringermi contro il suo petto, nel più familiare e ristoratore degli abbracci.______________________________________________
Continuano i passetti in avanti, che sia davvero questa la strada giusta?❤
Intanto per voi 950 baci dreamers😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘
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GOLDEN-quella sera le nuvole trattennero le lacrime. WATTYS2019
ChickLitDa bambini sembra tutto semplice, diventare adulti è qualcosa di automatico. Da adulti, invece, è tutto più difficile, ci sono responsabilità dalle quali non ci si può tirare indietro, ma questo, Golden ancora non lo sa. Vissuta sempre nel suo mondo...