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 Oggi devo essere a lavoro dieci minuti in anticipo, e non ho intenzione di ritardare.
Piove, ed il cielo non sembra volersi schiarire.
Il taxi arriva in fretta e sono a lavoro in meno di cinque minuti, così che il mio anticipo esagerato non è servito.
Arrivo cinque minuti prima del dovuto e sono costretta ad aspettare fuori dal palazzo.
Il portone è chiuso.

Mi guardo in torno per un po', osservo le vetrine dei negozi, piene di abiti estivi, costumi, sandali, e vado a ripararmi sotto l'androne di uno di questi.
Le vie sono vuote, ma basteranno due ore, prima che arrivino i turisti a popolarle, e non solo.
Ma mi piace quando tutto è calmo, e in silenzio...
Mi ricordo delle parole di Sergio, ha detto che anche quando le cose sembrano calme, a volte non lo sono.
Così mi ritrovo ad immaginare la vita delle persone, alcune dormiranno ancora, altre si saranno appena svegliate e capiranno di dover fare in fretta perché altrimenti non arriveranno in tempo a lavoro, o per prendere il tram o la metro, e i bambini invece staranno ancora sognando le loro paure più grandi, o magari i loro desideri più profondi. Gli anziani sono già svegli da ore, hanno già fatto colazione e adesso si preparano per andare a fare spesa e comperare i cibi più freschi, mentre gli adolescenti staranno ancora pensando al loro amore perduto, o a quello che sperano arrivi, con un auricolare all'orecchio, o un libro in mano.
Ha ragione Sergio, la vita non è solo ciò che vediamo...
La pioggia si fa più battente, ed io spero solo che Giorgia arrivi puntuale, così da non dover aspettare un quarto d'ora in quest'aria fredda e umida, ma poi mi rendo conto che l'ufficio non apre prima, quindi il signor Di Lauro mi ha fatta arrivare dieci minuti prima solo per dover aspettare fuori?

Mentre il fastidio mi monta dentro vedo un macchina fermarsi davanti a me.
Una Mercedes nera e lucida.
I finestrini oscurati.
Non spegne il motore, ma vedo comparire da dietro il vetro scuro il volto del signor Di Lauro.
«Buongiorno, signorina Golden, sono felice di sapere che ha esaudito il mio desiderio», mi saluta, accennando ad un sorriso che non capisco.
Sincero e gentile, o scrigno di un segreto che non mi sarà rivelato, oggi?
«Buongiorno», rispondo, spoglia del suo buon umore.
Il notaio mi osserva, prima di riprendere a parlare.
«Stavo andando a fare colazione, vuole accompagnarmi, c'è un bar qui dietro che fa degli ottimi cappuccini...», mi invita, questa volta però non sorride affatto.
Non ho fatto colazione, ma non voglio un cappuccino.
L'idea del caffè, però, mi mette l'acquolina in bocca.
Non mi è mai piaciuto il caffè, eppure adesso ne avverto il desiderio, e la fame.
«Va bene», mi ritrovo a dire, pur di soddisfare la voglia di un caffè super ristretto e super amaro.
Il signor Di Lauro mi sorride e mi apre lo sportello da dentro.
Salgo, mezza bagnata, e rabbrividisco.
«Proprio un brutto giorno, per arrivare in anticipo, non credi?», mi sta prendendo in giro?
Vorrei scendere, ma è ormai partito, ed io voglio ancora quel caffè.
«Posso darti del tu, vero? Dopotutto siamo colleghi...», aggiunge, spiazzandomi nuovamente.
Non ci definirei, necessariamente, colleghi, preferirei che le cose rimanessero più chiare: lui è il capo, io una semplice segretaria, incinta, che spera di capire cosa fare della propria vita.
Non rispondo, ma credo che lui prenda il mio silenzio per un sì.
Svolta a destra, alla fine della via e ci ritroviamo davanti al bar.
Parcheggia in un posto dove sono sicura che un qualsiasi altro mortale riceverebbe un multa prima ancora di scendere dall'auto.
«Mi dispiace, ma ho solo un ombrello», mi avvisa, avvicinandomisi e coprendomi sotto il suo ombrello.
«Non fa nulla», rispondo.
Lo seguo nel bar.
Ci accomodiamo in uno dei tavolinetti accanto alle finestre che danno in piazza di Spagna.
Il sedile è in pelle nera e il tavolo di vetro.
«Un cappuccino, allora?».
«Un caffè», preciso, prima che il cameriere ci raggiunga.
«Un cappuccino e una pasta per me, mentre per la signorina...», mi indica, e al contempo il cameriere si volta verso di me.
«Un caffè», rispondo, è l'unica cosa di cui ho voglia, anche se probabilmente farei meglio ad ordinare anche qualcosa da masticare, ma mi viene la nausea al solo pensiero di mordere qualcosa di dolce e mieloso.
Il cameriere annuisce, scrive sul taccuino e si sta per allontanare, ma il signor Di Lauro lo richiama.
«Porti anche un tramezzino», ecco, di questo si che avrei voglia...
Del prosciutto cotto e della maionese, imprigionati tra le due fette di pancarrè...
Avverto un crampo allo stomaco, vorrei dire al signor Di Lauro di ordinarne uno anche per me, ma non lo farei mai, non mi sento a mio agio con lui, e non voglio cambiare idea.

GOLDEN-quella sera le nuvole trattennero le lacrime.         WATTYS2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora