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Nemmeno la porta di casa mia mi sembrava familiare. Tutto, dal vicolo dove lui mi aveva lasciata a casa mia, mi era sembrato grottesco, quasi deformato. Come se il mondo intero fosse stato sostituito da una brutta copia sbiadita e terribilmente alterata.
Il cielo, che fino a poco prima era stato radioso e senza una nuvola, adesso mi appariva plumbeo e contaminato da qualcosa che nemmeno io riuscivo a spiegarmi a pieno. Non era più un'enorme gemma azzurra scintillante, ma una cupola opprimente che sembrava soffocarmi.
Le persone allegre e sorridenti incontrate precedentemente per strada mi erano apparse come maschere deformi, totalmente fuori contesto rispetto a quello che stava avvenendo dentro di me. Tutta la felicità del mondo sembrava sparita, risucchiata da un buco nero e ritenevo impossibile poter tornare a ridere ancora come quelle persone.
Proprio per questo ancora adesso mi sembravano completamente fuori posto, quasi degli alieni che sfoggiavano grottesche espressioni fasulle.
Ero arrivata velocemente a quel punto di rottura dove qualsiasi sentimento positivo sembra già qualcosa di assurdo e tutto per colpa di quello che si sta vivendo in quel momento.
Scossi la testa e imposi al mio braccio di infilare la chiave nella serratura della porta, spalancando poi quest'ultima lentamente, come per paura che potesse in qualche modo inghiottirmi.
Effettivamente dentro mi aspettavano gli sguardi freddi di una madre delusa e le domande fin troppo intime delle sue due collaboratrici, sempre più curiose di giorno in giorno della mia relazione.
Non avevo il coraggio per affrontare l'aria pesante che si respirava in quella abitazione e di ammettere la mia rottura con Kirishima; parlarne con qualcuno avrebbe reso il tutto ancora più reale e non ritenevo di essere in grado di affrontare la questione.
Tuttavia spalancai lo stesso come in trance la porta, giusto quel poco che mi bastava per scivolare velocemente dentro.
Chiusi la porta con un leggero tonfo, lasciandomi finalmente indietro le risa fastidiose delle persone, il cielo soffocante e tutto quel mondo che ormai sembrava procedere almeno tre passi davanti a me.
La casa era buia e silenziosa. Si potevano quasi sentire cadere i granelli di polvere e per qualche secondo rimasi incantata a fissare la lancetta dell'orologio che camminava almeno cinque minuti indietro. Andava così da almeno tre mesi, ma puntualmente nessuno si ricordava di sistemarlo.
In quel momento accostai l'immagine di quell'orologio a me stessa.
Anche lui come me si affaccendava nel tentativo di recuperare il ritardo, di tornare a girare insieme a tutti gli altri.
Solo che per lui il momento era giunto, per me invece il percorso era appena iniziato e forse non sarebbe mai terminato.
Spinta da quel sentimento mi avvicinai al vecchio orologio, riportandolo finalmente al passo con lo scorrere del tempo.
Quasi lo invidiai.
A lui era bastato così poco per tornare a funzionare come si deve. E invece chi avrebbe riparato me? Sarei mai tornata a funzionare ancora come una volta?
Feci per andare verso le scale, ma le mie orecchie registrarono un movimento alle mie spalle e allora mi voltai.
Mia madre era sulla soglia del soggiorno e ormai da qualche tempo sembrava il fantasma della donna che era stata.
Ogni traccia di luce era sparita dal suo viso, lasciando spazio solo a un'eterna espressione statica.
Doveva essere il risultato di un cuore mandato in frantumi dalla persona di cui più ci si fidava.
In passato avevo sottovalutato il dolore che le avevo dato, considerandola solo un'egoista che guardava ai propri interessi, ma col senno di poi mi ero finalmente resa conto di cosa doveva significare vedersi pugnalare da qualcuno di davvero importante. L'avevo capito in quel vicolo dove mi era stato portato via l'amore dell'unica persona che volevo al mio fianco.
Era passata poco più di un'ora, eppure mi sembravano passati anni luce, rendendo ancora più inverosimile la situazione che stavo vivendo.
Io e mia madre non ci rivolgevamo la parola da diversi giorni, da quando quella discussione feroce e quello schiaffo sembravano aver spazzato via per sempre anni e anni di affetto e di complicità, eppure il suo cuore non restò impassibile davanti al pietoso spettacolo che offrivo in quel momento.
Non mi serviva guardarmi allo specchio per rendermi conto del mio indecente aspetto.
Gli sguardi delle persone che avevo incrociato per strada erano stati abbastanza eloquenti e il trucco spalmato sulle mie mani a furia di asciugarmi gli occhi davano un'anteprima sul disastro che doveva essere il mio viso.
Il bellissimo vestito che indossavo quel giorno era sporco nei punti che erano stati a contatto col marciapiede e i miei capelli dovevano essersi scompigliati quando mi ero allontanata correndo dalla zona della festa, decisa a scappare via il più lontano possibile da lì.
<<Cosa... cosa ti è successo?>> chiese con voce flebile, lottando furiosamente contro il suo orgoglio. Non doveva essere facile per una donna permalosa come lei tornare sui suoi passi, eppure lo stava facendo.
<<Mi ha lasciata>> dissi semplicemente.
Lei non disse nulla, ma fece un passo nella mia direzione, ottenendone automaticamente uno indietro da parte mia.
Quello che più mi infastidì fu notare l'espressione sul suo viso.
<<Non fingere di essere dispiaciuta. So che non aspettavi altro. Spero che almeno tu adesso sia soddisfatta>> dissi tra i denti, girandomi velocemente per poi sparire lungo le scale.
Avevo iniziato a comprendere anche il suo dolore, ma non per questo l'avevo perdonata e sicuramente non ero intenzionata ad accettare da lei nessun tipo di consolazione. Non da lei che aveva sempre oltraggiato la mia scelta.
Chiusi rumorosamente la porta della mia stanza, così da dare un chiaro segnale a tutti: categoricamente nessuno doveva entrare.
Mi lasciai scivolare velocemente fino a toccare il pavimento e inavvertitamente il mio sguardo cadde sul calendario pieno di crocette rosse
Quello che teneva il conto dei giorni che mi separavano dalla vacanza nella casa di Momo, annunciando che mancavano solo due giorni.
La vista di quel semplice oggetto fu troppo per me e senza pensarci due volte strappai di netto la pagina, riducendola ferocemente in piccoli coriandoli di carta.
Solo allora mi decisi ad impugnare il cellulare, nel tentativo di contattare l'unica persona che volevo sentire in quel momento.
C'erano tre messaggi non letti di Momo. Uno dove mi chiedeva di aggiornarla sulla giornata, uno dove mi mostrava una foto buffa scattata al suo gatto quel giorno e un terzo dove si mostrava preoccupata per la mia assenza.

Me, 20:35:
"Eijiro mi ha lasciata."

Fu tutto ciò che riuscii a scriverle. Chiara, netta e sintetica.
Quindici minuti dopo lei era già sulla soglia della porta di casa mia, come conveniva a un'ottima amica come lei, pronta ad asciugarmi ogni singola lacrima.

E DOPO TRE MESI CE L'HO FATTA
Eh già, sono viva e finalmente sono riuscita a rimettere le mani su questa storia.
Il capitolo è sicuramente il più noioso mai scritto, ma serviva (credo).
Il prossimo ce l'ho già circa in mente e sto già covando qualche idea strana per i seguenti (che non avevo considerato in passato).
Voi cosa pensate che succederà?

P.s. Non farò passare altri tre mesi per il prossimo, promesso.

Rich {Kirishima x Reader}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora