A volte fissare il soffitto della propria camera non era male. Soprattutto quando la testa era troppo piena e guardare qualcosa di così bianco e vuoto aiutava a sentire la mente libera di sgombrare qualche pensiero.
Dal canto mio mi trovavo in quella situazione da ore, dopo aver passato quasi tutta la notte a riflettere per mettere in ordine il fiume in piena che aveva inondato la mia testa.
Solo pochi raggi del sole filtravano dalla tenda spessa leggermente scostata, la stessa che prima di dormire avevo notato leggermente spostata, ma che priva di qualsivoglia intenzione di sistemarla avevo lasciato esattamente com'era.
I timidi fasci di luce illuminavano quello che sentivo come un disastro di faccia, privata di sonno e con le guance rigate da una scia secca di lacrime.
Nemmeno durante il sonno avevo trovato pace, perché avevo sognato di sprofondare nuovamente nell'acqua della piscina, ma senza mai smettere di scendere verso un fondo oscuro che sembrava infinito, mentre annegavo e i miei polmoni si riempivano di acqua. L'incubo si era poi alternato in sequenza con uno sopra al tetto della scuola, dove mi ero ritrovata senza la possibilità di parlare o di muovermi, mentre guardavo Eijiro baciare appassionatamente la sua vecchia ragazza tra le risate di scherno di decine di bocche senza volto tutte attorno a me.
Chiaramente mi ero svegliata madida di sudore e con un principio di mal di testa che non aveva tardato ad esplodere e che continuava senza pietà a martellare le mie tempie da quelle che dovevano essere almeno quattro ore.
Quel giorno non avevo scuola e nulla mi vietava di restare a fissare il soffitto, desiderosa di fare un patto con lui: un po' del suo bianco e candido vuoto, in cambio di un gomitolo dei miei pensieri, giusto per liberare la mia mente quel tanto che bastava per permettermi di pensare ad altro.
Non facevo che pensare alle parole che Eijiro mi aveva rivolto la sera prima sulla terrazza del nostro istituto e che non mi avevano lasciata per nulla indifferente.
Continuavo infatti a ripensare a quando si era dichiarato ancora innamorato di me. Eppure quelle parole riuscivano solo a scatenarmi un senso di profonda paura, seppur conscia di ricambiare.
Non riuscivo infatti a pensare alla prospettiva di un futuro migliore con lui e basato su una ritrovata fiducia e voglia di ricominciare, ma piuttosto guardavo al passato.
E guardando indietro riuscivo a vedere solo lacrime, un senso di profonda inadeguatezza e il mio cuore spezzato. Nemmeno per un secondo infatti mi ero lasciata cullare dolcemente da quelle parole, perché troppo impegnata a cercare di proibire al mio cervello di lasciarsi condizionare troppo, senza prima arrivare ad un punto di lucidità mentale adatto per decidere sul da farsi.
Eijiro mi aveva chiesto di riprovarci, se ancora convinta di avere dentro di me la voglia e la forza si ricominciare tutto da capo.
Io però cosa volevo davvero? Una domanda che purtroppo non riusciva a trovare una risposta.
Mi sentivo esattamente come una ferita con carne viva esposta, davanti all'opzione di ricevere del disinfettante per accelerare il processo di guarigione, ma ancora spaventata dal ricordo del forte bruciore delle volte precedenti.
Ritornare con Eijiro poteva infatti in qualche modo sanare quel senso di profondo vuoto che mi ero portata dentro dal giorno della nostra separazione, ma dall'altra parte era ancora troppo vivida la sensazione della delusione e del dolore devastante che mi avevano colta in tutti i giorni a seguire.
Non era una scelta facile per me e avevo bisogno di prendermi del tempo per me stessa per ascoltare non solo il mio cuore... ma anche la mia mente.
Per troppo tempo infatti mi ero affidata esclusivamente a quell'organo pulsante al centro del mio petto, senza dare sufficiente attenzione all'insieme di neuroni e sinapsi posto non molto più sopra e spesso più adatto per tutelarsi e prendere decisioni giuste.
Dalla sera prima era stato un ammasso di emozioni ed informazioni, tali da rendere offuscato il mio raziocinio.
Se ripensavo a quei momenti mi sembrava solo di rivedere in videocassetta una sequenza di immagini appartenenti alla vita di un'altra persona. Di conseguenza mi sentivo ancora troppo estraniata dalla faccenda per prendere una decisione consona, ma confidavo di riuscire a riflettere meglio nei giorni a seguire.
Non avevo ancora detto a nessuno di quello che era accaduto sulla terrazza della scuola, nemmeno alla mia migliore amica Momo, nonostante una sua domanda in merito che avevo deciso di ignorare. Lei aveva capito e deciso di non insistere oltre, come potevo aspettarmi da una ragazza intelligente, rispettosa e sensibile come lei.
Dopo la conversazione infatti mi ero trascinata lentamente fino alla zona del falò, giusto in tempo per seguire la seconda metà dello spettacolo pirotecnico, offerto dalla scuola come dono per celebrare la fine della giornata dello sport.
Chiaramente non ero interessata all'evento, siccome impegnata a pensare ad altro, e quindi non avevo fatto altro che fissare il cielo con sguardo vitreo.
Pochi secondi dopo avevo percepito una presenza alla mia destra e avevo trovato la figura di Touya Todoroki, che semplicemente aveva criticato la mia capacità di arrivare in ritardo pure per l'evento più atteso della scuola e per la mia presunta maleducazione nel lasciarlo solo.
Ovviamente avevo percepito una nota di scherzo nella sua voce, ma il mio tentativo di sorriso non lo aveva ingannato nemmeno un po'.
Si era semplicemente offerto di accompagnarmi a piedi fino a casa, almeno per farmi perdonare di essere stata assente durante la sua visita di cortesia, a detta sua da dover prendere come un onore e un privilegio. Senza badare tanto al suo tono di presa in giro mi ero semplicemente limitata a salutare Momo, prima di fargli cenno di andare via.
Il viaggio a ritroso verso casa mia era stato abbastanza silenzioso, seppur intervallato da qualche discorso occasionale che non c'entrava nulla col festival o col mio stato d'umore visibilmente deflesso.
Dabi infatti aveva fatto finta di niente e non mi aveva chiesto nemmeno una volta di spiegare, forse percependo la mia intenzione di non toccare il discorso e lo shock ancora scritto a caratteri cubitali sul mio viso. Avevo apprezzato molto, tanto che ero perfino riuscita a salutarlo con un piccolo, ma sincero, sorriso. Come segno di ringraziamento.
Distesa lì, su quel letto, mi rendevo conto di sentire il bisogno di parlarne con qualcuno, ma la sera prima ero andata nel pallone alla sola prospettiva di scucire una parola in merito. Parlare con qualcuno di un argomento delicato e sconvolgente per se stessi è come tornare direttamente a quel momento e sentire di nuovo tutto il carico delle emozioni, sia negative e sia positive.
Non mi ero sentita quindi pronta in quei momenti e confidavo di superare presto almeno questo aspetto. Avevo in fondo solo due possibilità: rimuovere completamente l'evento dalla mia mente e lasciare il ragazzo senza una risposta o interrogarmi su cosa desideravo davvero io, per poi agire di conseguenza.
Non mi sentivo una persona immatura e nemmeno una che preferiva scappare davanti ai problemi, piuttosto che affrontarli, quindi mi ero orientata subito sulla seconda scelta. Dovevo solo superare la paura data dai ricordi spiacevoli e riuscire a mettere insieme tutto quello che girava nella mia testa, prima di riflettere sul da farsi.
Mentre pensavo a tutto quel grande casino il mio stomaco prese a brontolare, per ricordarmi che la pancia tendeva a svuotarsi anche quando il cervello era pieno fino al limite.
L'orario della colazione era passato da un pezzo ed io non avevo mai saltato una colazione in vita mia da che ne avevo memoria, tuttavia non avevo nessuna voglia di alzarmi e scendere giù a mangiare qualcosa. Probabilmente avrei aspettato il pranzo, sperando di vedere la fame vincere su tutto il resto.
Ricordavo un periodo, che in quel momento mi sembrava lontanissimo, dove mia madre veniva a buttarmi giù dal letto alle cinque del mattino.
Avevo sempre brontolato molto durante tutti quei lunghi anni passati ad ascoltare mia madre, speranzosa di vedermi ottenere un matrimonio conveniente, ma una parte di me rimpiangeva quella complicità e quelle risate.
Non ero mai stata d'accordo con le sue idee e le avevo sempre ascoltate come divertenti vaneggiamenti, però in un modo o nell'altro mi ero divertita. Ricordavo infatti le risate a fare ginnastica con lei, a prenderci in giro quando una delle due faceva una mossa troppo goffa rispetto alle aspettative o quando mi beccava a mangiare di nascosto qualcosa che non potevo, salvo poi dirmi che per una volta avrebbe fatto uno strappo alla regola. In quei momenti aveva sempre finito col sedersi accanto a me per dividere il cibo considerato proibito e li ricordavo come attimi da custodire nella memoria.
Un tempo sarebbe stato quindi impensabile per me restarmene ferma nel mio letto a fissare il soffitto per ore, senza la sua voce a ricordarmi che ero indietro con gli esercizi e che mi aspettava una bella, bellissima giornata.
Sentii la nostalgia travolgermi e mi asciugai l'ennesima lacrima, una delle tante da quando avevo messo piede nella mia stanza la sera prima.
Per Eijiro avevo dato via il bellissimo rapporto con mia madre, seppur strambo, ma una parte di me non riusciva a rimpiangere del tutto la mia scelta; perché nonostante la piega presa dalla situazione ricordavo i momenti con il ragazzo come i più felici della mia intera vita.
Erano quei ricordi a tenermi aggrappata a lui, insieme ai sentimenti che non avevano mai lasciato il mio cuore, nemmeno dopo essere stato straziato dalla delusione di quel giorno che preferivo non ricordare.
Sulla terrazza tuttavia avevo riscoperto un Kirishima Eijiro totalmente diverso. Più maturo, più consapevole, ancora più accorto nei miei riguardi e rendermi conto di tutte quelle piccole cose mi avevano portata a non scartare del tutto la sua proposta. Anche perché non potevo, non quando non ero mai riuscita a dimenticarlo.
Dovevo almeno pensarci, soprattutto per me stessa, per capire se volevo rischiare ancora e dare una seconda possibilità a quella storia che mi aveva mozzato il respiro e rapito del tutto il cuore.Restai distesa sul letto forse per un'altra mezz'ora buona, prima di sentire il rumore di nocche che battevano contro la superficie della mia porta chiusa.
Il suono mi fece rizzare lentamente a sedere, con le orecchie tese e la mente impegnata a formulare un'ipotesi sul possibile visitatore.
Forse una delle due collaboratrici di mia madre, preoccupata per non avermi vista scendere nemmeno per la colazione. Forse la mia migliore amica Momo, arrivata da me dopo aver valutato di non aver ricevuto nemmeno una risposta ai suoi messaggi.
<<Sì? Avanti>> chiesi quindi incerta, non sentendo nessuno annunciare la propria presenza.
La porta si quindi schiuse come un sepolcro che si aveva timore di aprire per paura di qualche maledizione e una testa fece capolino dalla piccola fessura creata: quella di mia madre.
La sua vista mi rese visibilmente sbigottita, siccome raramente tra di noi c'era stata conversazione da quel giorno, tanto meno lei si era mai presentata alla porta della mia camera in quel modo.
Era una visita del tutto inaspettata e per tale non dissi assolutamente nulla, aspettando di dare a lei la possibilità di spiegare il motivo spontaneamente.
<<Tutto bene? Non ti ho vista scendere per niente stamattina. Hai mangiato qualcosa?>> mi chiese in un sussurro, come quello di una bambina che si vergognava di ammettere al proprio insegnante di non aver svolto i compiti per casa.
La sorpresa mi impedì di rispondere solo per qualche istante, ma poi riuscii a tirare fuori delle parole. <<Sì, sto bene. Non avevo molta fame e ieri al festival mi sono stancata molto, per cui ho deciso di restarmene in camera>> mentii.
In fondo non parlavo quasi più con lei e non era di sicuro la persona indicata per raccontargli di come il mio vecchio ragazzo, che era stato il motivo del nostro allontamento, mi avesse turbata con la sua proposta di provare a darci una nuova possibilità. Non mi sembrava decisamente il caso.
Tuttavia non era difficile scovare la bugia nelle mie parole, non con i miei occhi che sentivo ancora bruciare terribilmente e non con il mio aspetto decisamente sciupato.
Mia madre indugiò, tenendo ancora la mano sulla maniglia, come indecisa se fingere di credere alla mia balla o insistere.
La sua scelta mi sorprese ancor più della sua presenza nella mia stanza. <<Non si può mentire ad una madre e anche se non parliamo più come una volta non posso andare via se vedo mia figlia ridotta in questo stato. Che succede? Ancora problemi con quel ragazzo?>>
Mi sentii punta sul vivo dalla sua ultima domanda e per un lungo momento restai ferma a scrutare il volto di mia madre, alla ricerca di un qualsiasi segno di presa in giro o di soddisfazione. Eppure il suo viso era semplicemente teso in un'espressione di sincera preoccupazione e quello se possibile mi chiuse ancora più a riccio, siccome non riuscivo nemmeno a valutare di confidarmi con lei dopo il trattamento ricevuto e dopo il ceffone che mi ero beccata da parte sua.
<<Non serve che tu conosca i dettagli. Non capiresti>> le risposi semplicemente, rannicchiandomi sulla mie ginocchia come chiaro segnale di lasciarmi da sola e in pace.
Per un momento mia madre mi sembrò tentata di fare un passo avanti, ma poi in qualche modo scelse comunque di rispettare la mia decisione, tornando a chiudere la porta.
Sentii di nuovo il peso di tutti i pensieri crollare su di me, dopo essere rimasti sospesi in aria giusto il tempo per concedermi quel piccolo scambio di battute.
Probabilmente non avrei pranzato. Probabilmente desideravo solo restarmene chiusa in quella camera fino alla fine dei miei giorni.
Eppure un trillo chiuse di nuovo il cerchio dei miei pensieri, facendomi voltare la testa in direzione del cellulare.
Non era il primo messaggio che ricevevo da quella mattina ma, siccome ogni persona di mia conoscenza aveva un suono di notifica diversa per annunciare l'arrivo di un messaggio, quel trillo in particolare mi aveva incuriosita. Non ero infatti solita ricevere molti messaggi da quella persona, se non a tarda sera.Touya il molestatore, ore 12:45:
Domani. Parco vicino la scuola elementare pubblica. Ore 16:00. Non fare tardi come al falò, pulcino. Ti aspetto.. . .
OGGI NESSUN TITOLO STRANO, SOLO BUON NATALE DI CUORE A TUTTI
Ho fatto le corse per riuscire a scrivere un capitolo intero come augurio per le feste, come dimostrazione che nonostante le mie lunghe assenze ci tengo sempre alle mie storie e a tutte le persone che continuano a supportarmi.
State passando un Natale felice? Spero proprio di sì.
Perché questo è uno di quei giorni dove possiamo prenderci qualche attimo per noi e passare bei momenti con le persone alla quale vogliamo bene. E non va sprecato.Ho finalmente delineato la guida per la conclusione della storia. Ossia: ho stilato un elenco con il contenuto che vorrei dare ad ogni capitolo, così da avere qualcosa da seguire e capire come siamo messi. Se non ho fatto errori ho conteggiato 11 capitoli :') e direi che possono bastare fino che questo è il numero 67 e mai in vita mia avrei pensato di scrivere una storia così lunga.
Eppure è andata così e spero di non aver mai annoiato nessuno con i miei duemilaottocento capitoli.Un bacio e buon Natale ancora
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Rich {Kirishima x Reader}
FanficTutte le mamme desiderano la felicità dei propri figli e tutte cercano di spingerli verso il vero amore. Sempre se non hai una madre che sogna di farti sposare con un riccone e ti manda in un istituto prestigioso al solo scopo di portare a termine l...