•64 A cuore aperto

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Lo scoppiettare del fuoco era una danza che faticavo a smettere di seguire, a tratti quasi suadente.
Vedevo in ogni sua singola e tremolante lingua rossa una scena della mia vita. Da quelle migliori a quelle peggiori, persa com'ero nei miei pensieri.
Quella che mi sembrava di scorgere con più frequenza era la chioma di quel ragazzo che non riuscivo a dimenticare nemmeno sforzandomi di odiarlo. Forse perché dello stesso colore caldo e avvolgente del fuoco o forse perché era sempre stato per me un pensiero fisso da che lo avevo conosciuto. Al punto da scorgerlo anche nelle cose più comuni e banali.
Avevo provato con tutta me stessa a cancellarlo dalla mia mente, ma avevo saputo fin da subito di non esserne capace.
Non ci ero riuscita davvero nemmeno per un secondo e alla fine mi ero arresa all'idea di non poter odiare qualcuno che non poteva in nessun modo essere odiato. Anche se mi aveva lasciata. Anche se mi aveva fatta piangere.
Pensando a ciò smisi di stringermi contro le mie ginocchia, lanciando un fugace sguardo in direzione della mia migliore amica, Momo.
Era chiaramente preoccupata per me, soprattutto dopo il mio messaggio e dopo avermi vista arrivare coi capelli ancora leggermente gocciolanti e lo sguardo sconvolto.
Nonostante tutto non mi aveva chiesto nulla, probabilmente per non turbarmi e non farmi rivivere momenti spiacevoli.
Doveva aver capito da sé che non ero ancora pronta per confidarmi in merito agli avvenimenti successi nella piscina della scuola. Era davvero la migliore amica che potessi mai desiderare.
Senza farmi vedere le sorrisi leggermente, poi tornai con lo sguardo sulla danza di fuoco davanti ai miei occhi.

Il falò allestito per il festival scolatisco era in quel momento la cosa migliore per me, che avevo smesso di tremare da quelli che dovevano essere pochi minuti.
Non sapevo nemmeno io se per il freddo, se per la paura di quello che avevo vissuto o per l'assenza di Eijiro accanto a me. Probabilmente un insieme di tutte e tre le cose.
Se mi sforzavo mi sembrava ancora di sentire la carezza fin troppo fredda dell'acqua attorno al mio corpo e il bisogno di respirare che mi veniva precluso dalla stretta di mani diverse attorno ai miei capelli.
Erano stati momenti estremamente traumatizzanti per me e per tutto il tempo nello stanzino mi ero sentita soffocare, come ancora dentro la piscina.
Tuttavia mi era bastata la stretta delle braccia di Kirishima attorno a me per smettere di sentire quella sensazione tremenda al centro della gola e alla bocca dello stomaco.

Il ragazzo si era allontanato da me da quelli che dovevano essere almeno venti minuti, ma per tutto il tempo mi ero sentita ancora coccolata dal tepore delle sue braccia.
Avevo quindi capito che potevo mentire a me stessa quanto volevo, ma non potevo fingere di non sentire ancora un profondo legame con lui, né tantomeno di non provare ancora fortissimi sentimenti per lui. Sentimenti che a dirla tutta non si erano mai spenti e che forse si stavano addirittura rafforzando col passare dei giorni.
Ovviamente era ancora vivido nella mia mente il ricordo delle sue parole di quel giorno, quando con le lacrime e la morte negli occhi mi raccontava di come non era riuscito a dimenticare la sua vecchia fidanzata. La ragazza con i capelli del grano baciato dal sole, talmente bella da aver lasciato un segno che nemmeno io ero riuscita a cancellare del tutto.
Avevo sofferto come una dannata la separazione, con quelle parole a rimbombarmi continuamente nella testa e la sensazione di avere l'ombra della ragazza proiettata sulla mia schiena, a prendersi gioco di me per il fatto non essere stata abbastanza.
Mi ero sentita sopraffatta da una persona che nemmeno avevo conosciuto, ma che nonostante tutto aveva avuto il potere di farmi dubitare di me stessa e di non farmi sentire all'altezza.
Per giorni ero stata il fantasma di me stessa, chiusa in un bozzolo tremante come un bruco che temeva il suo primo battito d'ali. Non ancora pronto per diventare una farfalla, forse perché troppo fragile o forse perché dentro di sé ritenuto indegno di mostarsi a un mondo così imprevedibile e al tempo stesso bellissimo.
Eppure nonostante tutto Eijiro aveva continuato a tendermi la sua mano quando ne avevo avuto bisogno e senza nemmeno chiedere.
Mi aveva difesa dalle chiacchiere di corridoio partite dopo la nostra rottura, anche se smentirle era andato contro la sua immagine, e mi aveva aiutata subito quando mi aveva trovata nello stanzino.
Si era anche offerto di andare a parlare con le tre ragazze che mi avevano assediata e senza accettare nemmeno una protesta in merito. Proprio per fare ciò si era allontanato da me, lasciandomi al sicuro con la mia migliore amica, accanto al fuoco per potermi finalmente scaldare a dovere.
Nei venti minuti trascorsi da quel momento avevo riflettuto tanto ed ero arrivata a una conclusione che mi aveva fatta imbarazzare e da una parte anche spaventare: era stato lui il primo viso che avevo visualizzato nella mia mente quando spaventata avevo pensato di voler aiuto da qualcuno.
Quindi quando avevo sentito la sua voce al di là della porta dello stanzino per un momento avevo creduto di immaginarla solamente, talmente spaventata com'ero.
Avevo poi capito di averlo davvero davanti a me solo quando ero stata stretta dalla sue braccia e avevo smesso di tremare, così come di avere paura.
Quel momento mi aveva fatto capire tante, tantissime cose, ma d'altro canto anche che non potevo farci nulla, sicché che il nostro tempo insieme era finito da un pezzo. Anche se faticavo ad ammetterlo.
Lo avevo infatti amato dal primo sguardo, esattamente come un folgorante colpo di fulmine, e per lui avevo dato tutto, per poi ritrovarmi solo con un mucchio di ricordi, tanta nostalgia e un cuore ridotto a pezzi.
I miei amici mi avevano aiutata molto, così come la recente conoscenza con Touya Todoroki, ma nulla aveva davvero risanato la mia ferita del tutto. Nulla.

Rich {Kirishima x Reader}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora