29. Baby girl

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"Perché l'hai fatto?" Mi domanda Charles solamente quando, dopo essermi ripresa, abbiamo deciso di farci una camminata per le vie della capitale "Che cosa?" "Non dire la verità, eravamo lì per quello" Il suo sguardo è misto tra disappunto e tenerezza mentre il mio vaga in cerca della luna, trovandola poco dopo e sorridendole malinconicamente "Ma li hai visti Charlie? Erano felici, nel più puro dei sensi che questa parola possa avere. Sono una famiglia, perfettamente incastrata, perfettamente normale ed io non sono nessuno per distruggere tutto" Mi fa fermare costringendomi a guardarlo "Tu sei parte di quella famiglia Irene, se l'unica ad avere il diritto di intrometterti" Le sue parole, benchè sensate, non fanno altro che infastidirmi. Per me l'unico punto di vista al momento è il mio ed è anche l'unico che voglio sentire, seppur pronunciato dalla mia voce "Ascoltami, ho trovato quello che cercavo. Giuseppe è un uomo come tanti, felice di quello che ha e di quello a cui ha rinunciato. Ha amato mia mamma, è evidente, ma per qualche motivo non bastava" Faccio spallucce stringendomi nel mio cappotto e appoggiandomi a Charles "Ho avuto l'occasione di vedere il suo presente e onestamente non trovo nessuna ragione per franare rovinosamente nella sua vita. Lui è felice e ora lo sono anche io" "Anche senza tuo padre?" Mi domanda serio, so quanto questo argomento gli stia a cuore ed è difficile spiegare a chi un papà non ce l'ha che io non voglio il mio, ma siamo sinceri "Sai cos'ho notato entrando in quella casa? Che Giuseppe ha rinunciato a molto in passato, ma ne è valsa la pena. Non posso certo dire lo stesso per mia mamma, casa sua era vuota e triste così come la sua vita. Non ha più nulla e per questo penso di poter entrare, a piccoli e cauti passi, nella sua vita" Non sono sicura mi abbia capita veramente, ma il ragazzo al mio fianco annuisce stringendomi a sè e baciandomi dolcemente la testa.
"Ma cambiando discorso, com'è che eri così preso dai discorsi di quella mia sorellastra?" Alzo un sopracciglio voltandomi verso di lui e vedendolo scoppiare in una sana risata "Sarà genetica, cosa vuoi che ti dica" Questa risposta gli vale un bel pugno sul bicipite "Mio caro Leclerc io e quella, già non mi ricordo il suo nome, non abbiamo nulla in comune!" "Si chiama Anna" Puntualizza lui facendomi accigliare, in parte ironicamente, ancora di più "Bene, Anna, è evidentemente rifatta, evidentemente vanitosa ed evidentemente interessata a te" Lui scuote la testa non togliendosi quel fastidioso ghigno dal volto "Ha solo 2 anni in meno di te sai? Potreste diventare amiche" "Non diventerò amica di chi vuole portarsi a letto il mio - rimarco particolarmente la parola - fidanzato" "Magari a letto siete uguali, dovrei testarlo per-" Un altro, più forte, pugno raggiunge il suo bicipite facendolo lamentare "Non osare avvicinarti a quell'oca Charles altrimenti uccido prima te e poi lei" Il suo braccio si stringe attorno alle mie spalle mentre si abbassa quel che serve per baciarmi "Nessuna è come te a letto baby girl" Lo sguardo da duro non gli si addice per niente e sono sul punto di sfotterlo quando la meravigliosa vista di un illuminato Colosseo distrae entrambi dal nostro battibeccare e ci fa perdere completamente il senso del tempo.
"Sai è in momenti come questi che sono fiera di poter dire di essere romana" "Mi hai sempre detto che ti senti al cento per cento del Nord" Annuisco non potendogli dare torto, ma modificando la mia affermazione precedente "Certamente, sono cresciuta lì, ma il mio sangue romano lo sente" "Cosa?" Domanda lui prima di afferra il cellulare e scattare una foto alla meravigliosa vista "Che sono arrivata a casa".

Irene_Tripoli
Roma, Italia

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Irene_Tripoli Un pò sfocata ma immensamente vera, un pò come la nostra storia 🦋 @charles_leclerc

landonorris Ma cosa ci fai in cannottiera con questo freddo?!

Charles16 Couple goals level 20000

MarcoTry Ah ma quindi #tumblr

Il mattino seguente scendiamo a far colazione di buon ora visto che Charles avrà il volo subito dopo pranzo, il che lo costringerà ad andare in aereoporto abbastanza presto. Io ho deciso di fermarmi qualche giorno in Italia, stare tutto oggi a Roma e partire domani verso Monza per stare finalmente con la mia famiglia e con quella rompiscatole di Giulia.
"Cosa pensi di fare nel pomeriggio?" Mi chiede sorseggiando il suo cappuccino, da quando ha scoperto quello vero, italiano, non può farne a meno "Pensavo di fare un giro, non saprei esattamente dove. So che c'è la partita allo stadio stasera, magari ci vado" Lui mi guarda confuso per poi scoppiare a ridere "Tu allo stadio? Ti ho chiesto un centinaio di volte di venire a vedere il Monaco con me e non ti è mai interessato!" Faccio spallucce controllando la home di instagram per poi rispondergli "Non lo so, non era stato poi così male a Madrid" Alzo lo sguardo dal cellulare giusto in tempo per vedere la sua faccia diventare più seria "Non mi hai ancora detto cos'è successo in Spagna" Risponde riferendosi evidentemente non solo a quei giorni ma più in generale alla 'storia' con Carlos, racconto che ho accuratamente evitato in queste settimane di riavvicinamento "Ho visto una partita" Rispondo ironica ridendo ma lui non mi segue a ruota, come invece è solito fare "Charles andiamo! Non è successo nulla di che" Mento continuando a sentirmi leggermente in colpa visto il suo sguardo, ma mi ricordo ben presto cosa mi avesse portato a comportarmi così "E poi non penso di dover dar spiegazioni viste le mie ovvie motivazioni" Annuisce tornando a bere il suo cappuccino e capendo che conviene ad entrambi non aprire vecchie ferite.

Sono da poco passate le undici quando saluto tristemente il monegasco e mi dirigo verso il centro della città, o meglio verso quella famosa via in qui so vivere mia madre. Suono al campanello e salgo, accolta bonariamente come la prima volta "Sono contenta tu sia tornata" Dice abbracciandomi e io, freddamente, ricambio il gesto "Non so nemmeno io perchè l'ho fatto".
Mi invita ad entrare e, dopo essersi arresa al fatto che io non voglia nulla da mangiare, si siede davanti a me sulla stessa poltrona del giorno precedente "Voglio essere sincera - Comincio senza indugi, perché sento di non poter attendere ancora - Non ho intenzione di instaurare un rapporto madre figlia come nelle favole, ma mi dispiace vederti così sola quando, penso, non te lo meriti" Lei annuisce, forse un pò scossa dalle mie parole, per poi sorprendermi alzandosi di scatto e andando ad afferrare una fotografia riposta in un vecchio libro. La foto ritrae me, presumibilmente nata da poche ore, e lei con un sorriso da far venire i brividi "Forse è l'unico istante in cui sono stata una madre - dice - e mai me lo perdonerò, ma se vuoi posso farti da mentore, aiutarti nel tuo nuovo lavoro" I suoi occhi mi trasmettono fiducia, benchè una parte di me probabilmente non riuscirà mai a fidarsi ciecamente di lei "Penso che si potrebbe fare" Rispondo titubante vedendola poi alzarsi nuovamente, riporre la fotografia ed estrarre qualcosa di molto più interessante, almeno per il mio lato da ingegnere.
Una serie di vecchi disegni aereodinamici di una vecchissima McLaren "Pensavo lavorassi in Ferrari" Dico incuriosita da quei bozzetti ma allo stesso tempo analizzandoli rapidamente e sordidendo visti i passi avanti che la Formula 1 ha fatto in questi anni "È vero, ma la gavetta ce la siamo fatti tutti e la mia, così come la tua, è iniziata proprio lì". Inutile dire che restiamo per ore a confrontare i diversi metodi di lavoro, l'aerodinamica, i test e perfino i piloti, come due vere nerd dell'ingegneria.
"Lando e Carlos sembrano simpatici" Dice quando smettiamo di parlare di cose puramente tecniche "Lo sono, assolutamente! Sono così spontanei e del tutto disinteressati a ciò che gira intorno a questo mondo, se non alle macchine e al divertirsi con esse" Sorrido ripensando ai miei due amati piloti e al fatto che ben presto tornerò a lavorare con loro "Qualcosa mi dice che l'inglese farà il suo primo podio nel 2020, avete una grande macchina" Annuisco sperando veramente abbia ragione, poi guardando l'ora mi rendo conto che devo sbrigarmi se voglio raggiungere lo stadio in tempo per la partita "Non sapevo tifassi" Dice lei accompagnandomi all'uscita "Oh non lo faccio sono semplicemente incuriosita" Rispondo ancora confusa io stessa per la mia improvvisa decisione di vedere una partita di calcio completamente da sola "Tuo padre ama il calcio e soprattutto la sua Roma, non si perdeva una partita che fosse una" Sorride malinconicamente al ricordo "Perchè non vieni con me?" Le chiedo di getto, senza pensarci troppo su "Non sono tipa da stadio, ma ti ringrazio" Annuisco senza insistere per poi salutarla e scendere correndo le scale, salire in macchina e dirigermi verso questa folle serata.

Irene /Charles Leclerc/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora