{217} ~ Chilometri di distanza ]

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BILL

997 miglia.

E' questa l'immane distanza che ci attraversa e ci separa l'un l'altro.

Lontano da tutti, dalla mia famiglia, dai miei amici e ad ogni minuto che passo in aereo mi allontano sempre di più.

Il cielo sopra di me è limpido e sembra quasi di poterlo toccare, riuscendo a intravedere l'atmosfera che si oscura alla luce del sole perchè lì è dove l'atmosfera finisce.

Pensare che lassù c'è il l'universo. Quel buio silenzioso orbitato da pianeti, satelliti... e miliardi di costellazioni. Quando sei quassù tutto cambia, anche il tuo modo di pensare, specie adesso quando sei incantato dinnanzi a questa vista meravigliosa.

Il tanto misterioso e abissale universo amato da Evelyn, lo stesso in cui guardavamo le stelle insieme sulla collina. Mi sembra passato un secolo da quel periodo, in cui rimanevamo per ore distesi sulla macchina a guardare le stelle. E quando le indicavo con il braccio teso i pianeti che riuscivo a riconoscere. Lei rimaneva sempre meravigliata dalle mie conoscenze, e anche io di lei. 

È così angosciante e al contempo adrenalinico stare quassù. Quando andai con Eve a Parigi non guardai nemmeno una volta il finestrino perchè lei riusciva sempre a farmi distrarre da ogni cosa.

Sotto di me, nuvole fluttuanti con forme bizzarre, che sembrano si possano toccare, a volte mangiare. Mi ricordano sempre la panna montata, e alla sola idea mi viene un po' l'acquolina in bocca.

Le due ore più lunghe della mia vita. Nella prima ora e mezza mi soffermo a guardare il paesaggio ma senza scattare neanche una foto, mentre nella restante ora mi concedo un meritato pisolino. Non posso non pensare alla lettera di Evelyn però. La lettera che sicuramente mi farà scaldare il cuore.

La testa mi gira continuamente, un po' per la bassa pressione, ma dall'altra per l'emozione incessante e quando finalmente decido di chiudere gli occhi, sembrano passino due minuti che mi risveglio di colpo, sentendo l'aereo abbassarsi sempre di più.

Non appena mi avvicino al finestrino, intravedo la minuscola città che sembra apparire dall'alto, con delle strisce ma che in realtà sono le strade, e piccoli puntini neri e bianchi scorrere. Ironizzo alla prospettiva che si forma dall'alto, perchè sembrano delle formiche in movimento imperterrito.

Ed è questo che siamo anche noi in fondo, formiche che non smettono di muoversi e che ogni giorno svolgono lavori quotidiani. Come anche io adesso. Sono qui dopo tanti sforzi da parte dei miei genitori, soprattutto di mio padre, che aspirava a farmi diventare un medico proprio come lui.
È così, soprattutto quando hai in famiglia qualcuno come mio padre, che il figlio deve solitamente seguire le sue orme.

Ma sorprendentemente lui in questo lungo e intenso anno è cambiato completamente, in meglio. 
Il mio sogno di diventare avvocato finalmente sta per avverarsi, anche se so che ci vorrà del duro lavoro. Atterro all'aeroporto di Boston, e ironia della sorte si chiama proprio Logan.

Quando ho salutato i miei amici, Logan sembrava quello più dispiaciuto di tutti, e per poco non intravedevo la sua lacrima fuoriuscire dagli occhi. La sua stretta di mano era più salda degli altri, tanto che le sue dita e nocche si erano imbiancate dalla forte stretta.

Mi mancherà Logan, come dal resto chiunque e francamente pensavo di essere forte per queste genere di cose, ma la verità è che siamo imprevedibili, sopravvalutando i nostri comportamenti, come dal resto anche la vita.

HAPPENED 3 - (Tutto inizia, tutto finisce)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora