Capitolo 21

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Ero pronta per andare a sciare. Anche se le probabilità di riuscita erano basse, molto molto basse.

Feci un respiro profondo e mi lanciai. E per i primi metri sembrava me la cavassi piuttosto bene.. quelli successivi furono un disastro e caddi rovinosamente a terra con un dolore allucinante alla caviglia.

«Merda.» sussurrai, cercai di alzarmi per togliermi dalla pista per non correre il rischio che qualcuno mi faccia diventare un tutt'uno con la neve, ed ottenni un'altra sonora caduta.

Solo che ero caduta di pancia.

«Beh, se stai cercando di imitare un lombrico stai facendo un ottimo lavoro.» sulla mia visuale apparvero delle gambe, alzai lo sguardo e vidi un ragazzo con solo gli occhi castani scoperti.

«Simpatico.» Mi girai e mi misi seduta. La caviglia continuava a fare male.
«Dai lasciati aiutare.» si abbassò
«No ne ho bisogno.» mi guardai intorno cercando un appiglio da cui aggrapparmi ma non trovai niente, ovviamente.

«Hai intenzione di strisciare fino in ospedale?» chiese lui divertito.
«strisciare? No. Rotolerò fino all'ospedale.»
Lui rise e si avvicinò per poi sollevarmi.

«Dai salta su.» disse voltandosi di spalle.
«Stai scherzando?» alzai un sopracciglio.
«E poi vi lamentate che non esiste più la galanteria, ti decidi a salire o no?»
«Ti verrà l'ernia.»
«Me ne farò una ragione, sali.» disse e io obbedii.

Arrivammo ad una jeep, il ragazzo mi fece sedere e poi fece il giro e si tolse il capello e aprii la tuta per poi salire.

«Sai, potrebbero entrarci le mosche. Fossi in te la chiuderei.»
«Non avevi altro nel repertorio?»
«Amo i classici, che ci posso fare.» fece spallucce sorridendo.

Era snervante il suo buon umore.

Arrivammo in ospedale e ovviamente era pieno.
«Ci metteremo una vita!» sbuffai.
«Nah, io non credo.» il ragazzo mi accompagnò da un infermiera che se ne stava in sala d'attesa.

«Jenette.» la salutò facendole l'occhiolino.
«Jace! Che piacere vederti. Cerchi tuo padre?»
«Si, è per lei.» disse indicandomi
«Oh ma che ragazza carina, come ti chiami cara?»
«Già, come ti chiami cara.» sussurrò Jace.

Lo guardai male per poi spostare l'attenzione sulla donna.
«Malia.»
«Ti farò portare delle stampelle Malia, nel frattempo sedetevi, vado a chiamare tuo padre.»

«Quindi tuo padre è un medico e lavora qui.»
«No, lui è un medico ma l'ospedale è il suo. Quando veniamo qui in vacanza viene a supervisionare. Lui non si stanca mai del suo lavoro.»
«Quindi tu sei-»
«Ricco.»
«E dove vivi?»
«Miami, e tu?»
«Miami. Sei ancora al liceo?»

«Ultimo anno, scuola privata.»
«Ultimo anno, scuola pubblica.»
«ah voi comuni mortali della scuola pubblica.»
«Ah voi povere principesse della scuola privata.» imitai il suo tono e lui si mise a ridere.

«Cosa ti porta in mezzo alla neve?»
«Gita scolastica. E a te?»
«Io e la mia famiglia abbiamo anticipato le vacanze di Natale, rimarremo qui per un po' poi andrò dai genitori di mio padre.»

«Spero che mio figlio parli bene del suo vecchio.»
«Ciao papà, lei è Malia.. Malia lui è Charlie Brown.»
«Molto piacere.» lui mi strinse la mano e io ricambiai accennando un sorriso.
«Vieni, vediamo che ti sei fatta.»

Dopo aver accertato che fossi tutta intera sono arrivati alla conclusione che ho solo preso una bella storta ma niente di grave. Devo semplicemente stare ferma per tre lunghi giorni. E mi hanno regalato delle stampelle per Natale. Bellissimo.

Diedi le indicazioni a Jace per arrivare al mio hotel e una volta fatto mi accompagnò anche in camera.

Il viaggio è stato molto piacevole, non c'erano quei silenzi imbarazzanti anzi, abbiamo chiacchierato molto.

O meglio, lui mi prendeva in giro chiamandomi Mercoledì Addams e io lo insultavo augurandogli una dissenteria imminente.

Molto piacevole come dicevo.

Appena arrivati entrammo e salimmo sull'ascensore.

Jace Brown.

Jace Brown

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