Capitolo 39

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Il primo pensiero mattutino, come ogni altra ragazza d'altronde, è stato: devo vomitare.

Così abbandonai il letto, non mio, di corsa e mi avviai nel bagno, non mio, per rimettere pure l'anima con in sottofondo i cinguettii degli uccelli.

Buongiorno mondo!

Tirai l'acqua dello sciacquone e andai a sciacquarmi i denti con acqua, tanta acqua e collutorio visto che non avevo uno spazzolino.

Ricapitolando: casa mia decisamente non era, casa di Brooke nemmeno, casa di Sean nemmeno.

Quindi, Malia, dove sei capitata?

I vestiti sono quelli di ieri e nonostante l'adorabile nausea mattutina niente sintomi post sbornia.

L'unico modo per arrivare a fondo in questa faccenda era andare alla fonte, e in questo caso valeva a dire seguire l'odore di caffè.

Scesi le scale e stando appiccicata al muro mi sporsi per vedere meglio chi c'era dietro ai fornelli.

«'Giorno Mal!» la voce pimpante di Brooke mi fece gettare un urlo e cadere con il sedere per terra. Subito spuntarono Sean e Jensen.

«Cristo Brooke.» dissi alzandomi nuovamente in piedi.
«Vuoi fare colazione?» chiese Jensen. Subito scossi la testa energicamente.
«Bene, allora, è il momento di parlare.» Sean mi prese per il polso e mi trascinò sul divano.

«Questo dovrei dirlo io!» incrociai le braccia al petto evitando i suoi occhi verdi.
«Malia, si può sapere che ci facevi con la banda di Gordon?! Sai in che guai ti potevi mettere?!»
«Di certo non in guai diversi di quelli che ci sono stando nella tua Hogan.» affermai.

«È completamente diverso!» esclamò alzandosi.
«Si hai ragione, completamente diverso! Perché Luke a differenza vostra mi ha detto subito la sua vera identità non me l'ha tenuta nascosta! Cristo sembra un remake di una spia al liceo. Tutto questo è assolutamente ridicolo!» sbottai alzandomi anch'io ma tornando a sedermi subito dopo per il crampo allo stomaco.

Serata pessima per farmi calpestare.

«Non è questo il punto!»

«Oh, si che lo è. Sai cos'ho fatto in questi due giorni? Ti ho cercato senza sosta, ho chiesto in giro e tutti dicevano che dovevo lasciar perdere ma non l'ho fatto. E sai cosa mi ha detto la tua migliore amica? Che io ero il motivo della tua sparizione. E mentre io vagavo come una pazza per tutta Miami tu ti stavi allenando per uno stupido incontro! Non mi sorprenderebbe il fatto che io non ti sia passata minimamente per la testa. Forse hai ragione quando dici che con te sono me stessa ma tu non sei te stesso con me e non lo sarai mai perché hai mentito per tutto questo tempo. E questo non posso accettarlo.» conclusi sentendo qualcosa raffreddarsi dentro me.

«Jensen mi potresti accompagnare?» gli chiesi stanca e sfinita, lui annuì e andò al piano di sopra per poi scendere cambiato.

Mi riaccompagnò a casa senza fiatare, entrai e subito andai in camera mia. Mi feci una doccia e mi misi il pigiama.

Domani le vacanze sarebbero finite e io avrei dovuto sorbirmi Sean tutti i giorni.

Decisi di non pensarci più di tanto, perché alla fine non ne valeva la pena. Avevo infranto una regola con me stessa, quella di non innamorarmi più e questa è la mia punizione.

Che poi non so se veramente ero innamorata, forse solo una cottarella.

Una cottarella, chiaro.

Erano passate due settimane dall'inizio delle lezioni, e non è stato difficile evitare Sean. Un po' meno con Cedric visto che voleva parlarmi, ma anche lui mi aveva mentito.

L'armonia con i ragazzi si è del tutto ristabilita e quando sto con loro non penso a nulla. Riesco a distrarmi, a divertirmi anche.

Ma quando rimango sola a casa, con i miei pensieri, è tutto più difficile.

Gli incubi avevano fatto ritorno e questa volta Sean ne era il protagonista.
Sognavo sempre che venisse picchiato a sangue e lasciato sul pavimento del ring.

Ero abbastanza stanca di vedere la sua faccia ricoperta di lividi.

Ora c'era solo una cosa che dovevo fare: la domanda per il college.

Sarebbe stato tutto più facile se come gli altri sapessi cosa fare della mia vita. Ma la mia vita è sempre stata un'eterna indecisione e in momenti come questi i miei genitori mi mancano ancor di più.

La campanella dell'ultima ora suonò e io uscii dalla classe, andai al mio armadietto e dopo aver recuperato la borsa uscii.

Poggiato sulla sua moto nel parcheggio c'era Sean che rideva con il suo gruppetto di amici e Valery appiccicata a lui.

Nonostante entrambi ci ignorassimo continuamente non potei non notare i suoi sguardi. Mi teneva sempre d'occhio.

Fece incrociare i nostri sguardi e mi affrettai a distogliere il mio, un'altro elemento aveva catturato la mia attenzione.

Dalla parte opposta di Sean c'era Luke appoggiato alla sua auto sportiva, appena mi vide scoccò un sorriso e mi invitò ad andare nella sua direzione.
Dalla macchina subito dopo scese Alex.

Anche Sean li aveva notati, e mi lanciò un occhiataccia quando iniziai ad avvicinarmi a loro.

«Bellissima.» mi abbracciò Luke facendomi girare.
«Ehi.» lanciai uno sguardo al di la della sua spalla e vidi Sean guardarmi in cagnesco, aumentò la presa sul fianco di Valery e la strinse a se.

Alzai gli occhi al cielo e mi concentrai su Luke ed Alex.

«Che ci fate qui?» gli chiesi stringendo anche Alex.
«L'altra sera siamo dovuti scappare e ci sentivamo in colpa, siamo venuti per vedere se era tutto ok.» spiegò Alex.
«Si, tutto ok. Le ragazze?»
«Al lavoro. Senti, stasera ti andrebbe di venire con noi?» propose Luke.

«Dove?» gli chiesi.
«A fare una cosa molto, molto divertente!» esclamò Alex.
«Quant'è illegale?» gli chiesi.
«Diciamo che se le cose dovessero mettersi male potremmo sfrecciare via senza problemi.» spiegò Luke.

«Domani avrei lezione però.»
«Entrerai alla seconda nel peggiore dei casi, dai vieni!» mi supplicò Alex. Sia io che Luke lo guardammo divertiti.
«E va bene.» acconsentì alla fine.

«Te lo dicevo Lukettino, nessuna resiste al mio fascino.» si pavoneggiò Alex.
«Ti serve un passaggio?» chiese ignorandolo Luke e il feci cenno di no con la testa.
Salirono in macchina e prima di uscire dal parcheggio passarono a rallentatore davanti Sean e i suoi amici.

«Fatti trovare a mezzanotte qua!» mi urlò Alex e poi uscirono definitivamente dal parcheggio della scuola.

Tutti gli sguardi si puntarono su di me, uno in particolare, ma li ignorai tutti e andai alla mia macchina.

L'aveva recuperata Cedric e l'aveva portata a casa mia.

Partii ma dovetti fermarmi quando Sean aprii in tutta furia il mio sportello. Lo guardai scioccata e chiusi il motore mettendomi a braccia conserte aspettando che parli.

«A che razza di gioco stai giocando?!» mi urlò in faccia.
«Abbassa la voce.»
«Io parlo come cazzo mi pare e tu mi devi delle spiegazioni!»
«Io non ti devo proprio un bel niente non sei mio fratello!»
«Non lo capisci che ti stai cacciando nei guai?!»
«Forse è quello che mi serve!» sbottai.

«Cosa intendi?» chiese lui stralunato.
«Da quando loro sono morti lo sono anch'io! Non riesco a pensare a loro senza sentire una voragine nel petto! Ho bisogno di distrarmi per non sprofondare nel nulla! E se questo vuol dire cacciarsi nei guai va bene!»

«Non è questo il modo! Non è rischiando di morire che ricominci a vivere!»
«Magari il punto è proprio quello.» sussurrai.

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