Colei che riesce a strapparmi un sorriso

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Ero seduta sul letto a occhi chiusi con le gambe incrociate cercando di capire dove si trovasse Spy. 

Poteva aver preso parte alle "ricerche" per trovarmi oppure era nello stesso posto in cui mi aveva parlato. Eppure, se ero ferma sul fatto che lui non avesse detto a nessuno dei suoi poteri.

Mi avrebbero già trovata altrimenti.

Inspirai ed espirai cercando di prendere la concentrazione 

"guarda che bello" gridava un bambino

"stanno arrivando tranquillo" diceva una donna nervosamente

"c'è un incendio!" urlava un uomo

Urla, sussurri, esclamazioni...parole. Miliardi di parole mi attraversavano come fulmini. Parole di disperazione e di felicità; parole confortanti ed insulti.

Parole su parole passavano dalle mie orecchie mentre con provavo a rintracciare Spy

<<Prepara la valigia>> la voce di Jonathan arrivò alle mie orecchie quasi in un sussurro tanto ero concentrata <<ragazzina! non ho intenzione di sprecare fiato. Tra un'ora partiamo>> mi scosse e io dovetti riaprire gli occhi

<<La scuola?>> chiesi con tono indifferente. Era stato divertente (?) andare a scuola e i miei compagni erano stati tutti gentili e simpatici con me nonostante io rimanessi sempre impassibile nei loro confronti e avrei preferito almeno salutarli. 

O forse l'avrei usato solo come pretesto per non andare in Spagna da mio padre.

<<Se me ne vado così senza dire nulla sarà ancora più facile rintracciarmi visto che la scuola è iniziata da poco e hanno ristretto le ricerche tra centro e nord Italia>> spiegai con il tono più convincente possibile fissandolo negli occhi.

Era un modo semplice insegnatomi durante la mia "infanzia". Bastava mantenere i nervi saldi e tenere lo sguardo fisso senza cambiare espressione facciale

<<Con me non funziona>> disse guardandomi severo <<partiamo tra un'ora e se vuoi salutare i tuoi compagni mandagli un messaggio>> continuò uscendo dalla mia stanza.

Dovetti però constatare che l'aggettivo "mia" non era adatto. Quella stana non era mia perché niente mi rappresentava. 

Feci le valigie e mandai un messaggio sul gruppo di classe sul quale i miei compagni, al momento, stavano animatamente parlando di quanto fosse insopportabile il professore di francese.

Mandarono delle emoji tristi e messaggi in cui mi chiedevano di tornare a fargli visita ogni tanto o in cui mi chiedevano dove andassi così in fretta. 

Dopo aver risposto all'ennesimo messaggio mi dileguai dalla chat e scesi al piano di sotto dove Jonathan e Clary stavano salutando la famiglia Hiwey.

Li guardai rimanendo in disparte. Non ero triste; cioè...ero triste ma per altri motivi. 

Erano stati gentili con me, anche se Henry continuava a starmi antipatico, ma nonostante ciò non mi provocava tristezza andarmene.

Era come quando sei in vacanza e ad un certo punto dell'estate decidi di andare in un'altra meta turistica e quindi lasci l'albergo.

Non mi sentivo di abbandonare qualche cosa di importante.

<<Non saluti neanche?>> Henry si girò verso di me

<<Ciao>> dissi prima di uscire ed entrare nella macchina nera. 

Passarono forse quindici minuti che uscirono anche i due agenti e dopo gli ultimi cenni di saluti partimmo.

Guardavo il paesaggio cambiare veloce. Il cielo era...sereno.

Tutto scorreva veloce nella mia vita e mi venne da pensare agli Hiwey che tra non molto non si sarebbero più ricordati dei miei poteri. Solo di una ragazza apatica che prendeva a pugni un sacco da box come se non ci fosse un domani.

Erano successe troppe cose in una giornata sola, avrei voluto chiudere gli occhi e non riaprirli più.

Così, caddi tra le braccia di Morfeo sperando di svegliarmi davanti ad Ade.

Con mia grande disapprovazione, non fu così e quando mi svegliai vidi solo la pista di atterraggio del jet privato dei miei.

Scesi dall'auto e salii sul jet. Nella cabina di pilotaggio una donna sulla trentina faceva gli ultimi controlli e io pensavo solo che in quel modo ci saremmo fatti scoprire subito.

Dopo un'ora arrivammo in Spagna e ad aspettarci, o meglio, ad aspettarmi, c'erano 2 file di agenti in giacca e cravatta rigorosamente nero e bianco.

Jonathan e Clary mi lasciarono andare su un'auto nera insieme ad altri agenti mentre loro ne presero un'altra standoci dietro.

I finestrini oscurati non aiutavano per niente a farmi sentire anche minimamente meglio e il caldo cocente m fece ardentemente desiderare di arrivare presto per potermi cambiare.

 Passò mezz'ora quando finalmente arrivammo davanti a un villa molto grande. Davanti ad essa, sulle estremità, dei cespugli di rose spiccavano sul verde in cui era immersa quella villa.

<<Signorina, prima di raggiungere suo padre dovrebbe cambiarsi>> mi disse una donna giovane al servizio della casa aprendo l'enorme portone in legno pregiato.

<<Certo>> acconsentii iniziando a camminare spedita verso le scale per poi dirigermi nella stanza indicatami dalla donna.

Mi buttai a peso morto sul letto sospirando. Aprii l'armadio ce, come immaginavo, era già pieno di vestiti, e iniziai a frugarci dentro.

Dopo un po' decisi di mettermi una gonna rossa, una maglietta azzurro cielo e legai i capelli in una mezza coda.

Uscendo dalla stanza mi imbattei in un uomo altro, biondo e dagli occhi azzurri <<credo che suo padre si trovi nelle cucine a procedere il suo lavoro>> mi informò

<<Grazie>> dissi iniziando a camminare verso il luogo.

Arrivata davanti ad una porta bussai e, dopo aver ricevuto una risposta, abbassai la maniglia.

<<Che piacere vederla dopo tutto questo tempo>> disse una donna avvicinandosi a me

<<Dove si trova Zoe?>> chiesi scrutando l'ampio spazio in cui si muovevano camerieri e cuochi 

<<Non vuole prima incontrare suo padre?>> chiese lei stupita dalla mia domanda

<<Preferirei vedere la mia amica se mi dici dov'è>> risposi io alzando un sopracciglio

La donna rimase a pensare su dove potesse essersi andata a cacciare la ragazza dai capelli rossi ma prima ancora che potesse dirmelo mi voltai, in tempo, per vedere la ragazza fermarsi di colpo e fare un sorriso enorme.

La trascinai fino alla mia stanza dove parlammo per...non saprei neanche dirlo quanto parlammo tanto erano le cose da dirci.

Con le mie amiche, a volte, diventavo una chiacchierona, pur mantenendo il mio autocontrollo.

<<...e a quel punto siamo caduti tutti e due>> rise e anch'io. Si, perché con lei ci riuscivo. 

Era impossibile non ridere con lei, sprizzava felicità anche quando era triste.

All'improvviso si fece estremamente seria <<sicura che vada tutto bene?>> mi chiese <<ho saputo dell'incidente. Lo so quanto ci tenevi>> 

<<Sto bene davvero>>

Poche persone mi conoscevano quanto lei, così poche che stavano sul palmo di una mano. 

Per mia fortuna o sfortuna, neanche lei capiva quando mentivo sui miei sentimenti. Dentro stavo male.

Qualcuno diceva: ci sono 2 motivi per cui una persona cambia, o ha aperto gli occhi, o ha chiuso il cuore.

Credo di averlo chiuso a chiave, il mio cuore....     

Una &quot;storia a metà&quot;Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora