Eppure nessuno dei due abbassò lo sguardo, sostenendo quello dell'altro.
"Non era una risposta" ribatté lei "vuoi davvero sapere la risposta?" chiesi alzando un sopracciglio "altrimenti non te lo avrei chiesto" rispose ovvia.
"Ti stanno male i capelli corti" non ebbi il tempo di realizzare cosa successe, sentii solo un forte dolore alla guancia sinistra <<stronzo>> mi passai una mano sulla guancia dolorante <<si può sapere che hai?!>> esclamai riprendendomi.
<<E me lo chiedi pure!? ma sei scemo o cosa!>> fece per darmi un'altro schiaffo, ma la fermai con la mano a pochi centimetri dal mio viso <<che problemi hai>> urlai <<ma sei serio!>>
Non mi aveva dato uno schiaffo solo perché le avevo detto che non stava bene con i capelli corti.
<<Scambiatevi moine più tardi>> fulminammo Dean con lo sguardo e si zittì subito.
<<Sono serissimo, te la prendi sempre con me. Non voglio essere il tuo capo espiatorio>>
<<Non sei il mio capo espiatorio e non lo sei mai stato>> disse a denti stretti.
La mia mano ancora stretta intorno al suo polso, le sue iridi nelle mie e il cuore che batteva più forte di quanto avrebbe dovuto per motivi a me ignoti.
"Allora dimmi che cosa sono" glielo chiesi così, senza pensarci minimamente, perché la mente e il cuore non avevano collaborato; come se lo avessero mai fatto.
E io neanche lo sapevo cosa centrasse il cuore in quella faccenda.
"Antares?" si voltò verso di me con un'espressione stanca "è tardi" le dissi carezzandole la guancia "hai mai pensato a...me e te?" chiese giocherellando con le dita "quando usciremo di qui intendo, resteremo così? come sempre?" continuò alzando gli occhi per puntarli nei miei.
Nella mia mente si accalcarono milioni di domande, ma tra tutte solo una ebbe il coraggio di sfociare e farsi sentire "cosa siamo esattamente io e te?" lei ci pensò un po' e poi chiuse gli occhi "siamo come, non so, Cole e Anna" rispose con un sorriso "amici inseparabili, no?" sospirai interiormente "certo, amici inseparabili".
C'era stata e c'era ancora, in quella domanda, qualcosa che mi incuteva timore.
L'essere nessuno mi incuteva timore.
Si ritrasse, lentamente e lasciai la presa sul suo polso. Sembrò cercare le parole, parole che non avrei mai ricevuto, non ce n'era bisogno, perché lei fece altro.
Non parlò, né a parole e tanto meno telepaticamente.
E non fece grandi gesti, non era da lei.
Semplicemente, mi guardò.
Ma non era come prima, non era odio, non era niente.
Eppure diceva tutto.
Poi se ne andò e me ne andai anch'io.
Era mutevole il modo in cui comunicavamo io e lei. Iniziavamo con odio e poi il discorso sfociava in qualcos'altro e certe volte non capivo cosa fosse, altre volte, invece, era semplice rabbia repressa.
Ignorai il bussare insistente alla porta del signor Mill, preoccupato quanto gli altri di come fosse cambiato radicalmente il discorso.
Forse avrei fatto meglio a dire più semplicemente che quel taglio le stava bene, che lei era bella comunque.
Perché di lei si poteva dire di tutto, ma era bella ed era innegabile, anche per me che ci avevo provato davvero ad odiarla per chissà quale motivo.
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Una "storia a metà"
FantasyATTENZIONE! Ho scritto questa storia tempo fa e ci sono diversi errori e alcune incoerenza (modo gentile per dire che fondamentalmente fa schifo) , quindi ho deciso di non continuarla. Lascerò questa storia qui intatta perché mi ci sono affezionata...