Il sacco da box

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Fissavo il soffitto della mia camera rimuginando. Non pensavo ad Ares, pensavo a ciò che sarebbe successo senza che io a nessun'altro potesse farci niente e le mente mi riportò indietro.

"Dovete tenerlo così" abbassò la mano per farci vedere l'impugnatura della freccetta ma Elisa era ostinata nel volerla tenere a modo suo. 

"Siete troppo piccole" sospirò fintamente deluso ritraendo la mano.

"Ma io sono più grande di ben 2 anni!" ribatté Elisa segnando il numero sulle dita per poi sbuffare e incrociare le braccia guardandomi con aria di superiorità.

"E in 7 anni di vita non sai ancora tenere una freccetta" le dissi mettendo il broncio per il suo atteggiamento scontroso.

"Almeno io riesco a fare i biscotti!" si vantò tirando indietro i lunghi capelli castani. Avevamo appena provato a fare i biscotti con l'aiuto della signora Mill e io avevo "egregiamente" bruciato il frullatore, anche se non sapevo come, e ,con una maestria immane, fatto rovesciare l'impasto (venuto verdognolo) sulla signora Mill.

"Tu cucini, io tengo bene le frecce!" urlai andando verso la porta con passi decisi per poi girarmi un'ultima volta e farle una linguaccia prima di chiudere la porta violentemente dietro di me.

Non andavamo per niente d'accordo quando eravamo piccole, sempre in competizione per qualsiasi cosa.

Ma nonostante ciò, pure il signor Mill concordava con gli altri che saremmo diventate migliori amiche, non avevano tutti i torti.

Sentii bussare alla porta e vidi Dean e Marco bisbigliare qualcosa riguardante Ares. 

Sospirai e mi misi a sedere sul letto, guardai la stanza un attimo prima di alzarmi e avvicinarmi all'armadio.

Indossai una maglietta bianca e dei leggings neri, chiusi gli occhi e presi un respiro profondo.

Quando li riaprii, avevo davanti un sacco da box.

Non era come gli altri, era metà bianco e metà nero; ricordo cosa disse Jess quando me lo comprò "è uguale a metà, buio e luce".

Jess non era mai stato perfetto, nessuno lo è. Lui a volte sembrava gentile e l'attimo dopo si arrabbiava per qualcosa di insignificante.

Ma rimaneva un punto fermo, c'era per me quando avevo bisogno. Era una delle sue migliori qualità: esserci nonostante tutto.

Mi sedetti a terra davanti al sacco appeso ad una trave molto spessa.

Alzai una mano esitando un attimo e la poggiai sul sacco; lo feci girare leggermente per guardare la scritta incisa sopra, era piccola ma se si sforzavano un po' gli occhi era leggibile.

"Che senso ha vivere senza un pizzico di follia?" l'aveva scritto Carla.

Stava facendo un'altra sfida con Marco e ognuno sparava frasi filosofiche e bisognava decretare il migliore anche se eravamo tutti indecisi.

Alla fine avevano pareggiato ma a Carla era uscita quella e le piaceva così tanto che aveva deciso di segnarla sull'unico punto bianco presente: il sacco da box.

Carla era fatta così, l'ispirazione non le mancava mai come se fosse il suo ossigeno, se le andava via, si arrovellava fino a quando l'ispirazione non tornava. Aveva sempre idee che sgorgavano come un mare in piena. 

Era una di quelle persone che sapeva come tirarti su il morale e se non ce la faceva, si deprimeva con te fino a che non stavi meglio. In un modo o nell'altro, ti faceva sentire meglio.

Ritrassi la mano incurvando le labbra in un sorriso lieve. 

Stare lì mi faceva sentire bene, mi faceva ricordare ma c'erano altri posti.

Posti in cui i ricordi erano radicati nel terreno e impressi nelle mura.



Lo so, è corto e non è il massimo; tuttavia, ieri dovevo pubblicare 2 capitoli e ne ho pubblicato solo 1 e, visto che la mia ispirazione non è proprio al massimo, ho voluto pubblicare lo stesso questo perché non so quando riuscirò a scrivere qualcosa di bello.

Comunque, continuerò il viaggio tra i ricordi della nostra cara protagonista per portarvi a scoprire l'essenza dei personaggi.

Spero che, nonostante tutto, vi sia piaciuto il capitolo.

Baci, abbracci e bye...


Una "storia a metà"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora