48 ore

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Seguii la bambina fino all'esterno. Non ero andata da mia madre quel giorno e non gli era passato neanche dall'anticamera del cervello di passare da lei, anzi, era addirittura passata davanti alla porta della stanza in cui si trovava senza prestargli la minima attenzione.

"Avevi detto che l'avremmo presa senza problemi" quel pensiero detto ad alta voce da un uomo parecchio arrabbiato, rimbombò nelle sue orecchie quanto nelle mie.

"Come potevo sapere che non sarebbe stato così? non sono un sensitivo o un veggente. Presumendo che quel coso ce l'avete piazzato voi magistralmente" sottolineò quell'ultima parola "e che è una bambina di 5 anni, era ovvio che non si sarebbe potuta difendere" non riusciva a vederlo ma era sicuro che stesse lanciando sguardi di fuoco a colui che lo teneva imprigionato "è la pronipote di un presidente americano, la nipote di un vicepresidente, suo padre è un ministro! per non parlare della linea genealogica materna! TU CREDEVI DAVVERO CHE FOSSE COSI FACILE RAPIRLA, PRENDERE I SOLDI E UCCIDERLA DOPO??!!" urlò.

La bambina corse fino ai cancelli dove degli agenti in nero controllavano le entrate <<signorina Elizabeth, l'allarme deve averla spaventata>> disse uno di loro <<ma è stato solo un falso allarme>> cercò di rassicurarla igrorante del fatto che fosse stata proprio lei ad attivarlo <<sono entrati degli uomini caccivi!>> esclamò mentre gli occhi diventavano lucidi <<e avevano delle armi>> disse piangendo disperatamente. I due si guardarono preoccupati <<si metta al sicuro, tornaremo subito>> disse l'altro mentre si allontanavano dai cancelli lasciandola lì.

Si asciugò le lacrime vedendo che i due se ne erano andati <<pivelli>> aprì il cancello e si guardò intorno per poi notare un camioncino dei gelati che non ricordava di aver mai visto.

Si avvicinò cautamente e si piazzò davanti al cartello con elencati i gusti, suonò il campanellino per chiamare chiunque lo gestisse. Un uomo vestito da gelataio si mostrò sorridente "stupido" pensò la bambina mentre sorrideva fintamnete all'uomo <<hai elencato le palline sul cartello, ma ci sono tutti?>> chiese scrutando bene il cartello in questiono <<si piccolina, ma non sei troppo piccola? dove sono i tuoi genitori?>> indicò la casa nella quale erano subdolamente entrati i suoi compari e lui la guardò ghignando un attimo per poi tornare a sorridere <<vorrei che ascoltassi bene quello che dico, non distrarti?!>> richiamò la sua attenzione <<non hai risposto; hai elencato le palline sul cartello, ma ci sono tutte?>> lui sorrise fintamente e annuì.

<<Prima di prendere il gelato, vuoi giocare con me?>> chiese sorridendo; l'uomo sorrise a sua volta <<io ho un amico speciale e mi ha chiesto di leggere le iniziali dell'unico nome che ripeterebbe due volte e fare un qualsiasi segno di aver capito quando capirò cosa significa, ma io non l'ho ancora capito>> corrugò la fronte pensierosa <<tu lo sapresti?>> 

<<Sono dietro>> bastò un bisbiglio al vento trasparente e impalpabile pr darla conferma

<<Temo di no, ma piuttosto, vorresti un gelato speciale?>> sfregò le mani <<somigli tanto ai cattivi delle favole>> disse piegando la testa da n lato <<e cosa ti fa pensare questo di me?>> chiese grattandosi la nuca <<tante cose, l'uomo che tieni legato nel retro del camioncino, i tuoi amici che entrano in casa mia con i fucili e quella pistola che tieni nascosta sulla caviglia, sono così tanti che non riesco a dirli tutti. Poi se ci pensi, sfregare le mani in quel modo ricorda tanto quel dottore in Phineas e Ferb>> la guardò sbigottito prima di estrarre velocente la pistola ma la bambina era già sparita ed io con lei.

Si avvicinò al ragazzo con estrema cautela per non insospettire l'altro che, intanto, era uscito dal camioncino per cercarla.

<<Come hai fatto?>> non gli rispose e gli slegò i polsi e le caviglie anche se offamente, gli prese la mano e chiuse gli occhi. 

L'attimo dopo eravamo nel salone grande della casa <<come hai fatto?>> ripetè la domanda <<a fare cosa? sono solo una povera bambina di 5 anni>> laguardò incredulo <<però dovrei ringraziare quei blutti ceffi, mi hanno fatto saltare l'esame>> fece spallcce mentre conduceva il ragazzo da sua madre <<dove andiamo?>> chiese guardandosi intorno <<siccome sono certa che tu non sia cattivo ti porto da mia madre, così magari puoi sostituire quel ragazzo antipatico>> sbuffò.

Era così bello quel ricordo. Lui era alto, con i capelli castani chiari e gli occhi verdi scuri erano mischati ad una sfumatura di nero.

Era più giovane ma sempre con quegli occhi bellissimi. Erano gli occhi che ricordavo.

***

<<Non sono riuscita a fermarla>> dissi entrando in soggiorno vedendo Jess frustrato. 

E dire che mi aveva detto "non ci possiamo ammalare spesso" ora invece è sdraiata sul letto con la febbre. 

La Ricciolina mi si parò davanti <<tu non mi farai fare i compiti vero?>> fece gli occhi dolci ma con me non funzionava <<certo che devi farli>> sbuffò e andò a sedersi borbottando qualcosa di incomprensibile.

Era proprio uguale ad Elsa, alzai gli occhi al cielo <<Ares, vieni qui>> mi chiamò Jess ed io mi avvicinai al tavolo dove erano riuniti. 

<<Tra esattamente 48 ore se ne andranno, tuttavia, crediamo che tuo padre ti stia cercando>>

Mio padre. Un uomo così poteva essere definito padre?

Quando ero piccolo lo vedevo si o no due volte ogni 3 mesi e quelle poche volte mi ignorava oppure lo facevo io.

Se non fosse per mia madre, probabilmente, non avrei nessuno. 

Mia madre, forse avrei dovuto chiamarla. Da quando me ne ero andato non le avevo più parlato.

"Piantala di fare il sentimentalista!" mi dissi riportando l'attenzione al signor Mill <<e potrebbe averti messo un localizzatore>> disse infine.

<<Con tutto il rispetto, se quell'uomo avesse un localizzatore su di me, me ne sarei accorto>> ribattei <<e se te l'avesse impiantata?>> propose Marco ed io lo guardai storto <<Charlotte>> lei sbuffò e si alzò per poi mettersi vicino a me <<io però dopo non voglio fare i compiti>> contrattò. Ogni minuto sembrava sempre più simile ad Elsa; speravo solo che crescendo non sarebbe diventata altezzosa come la madre.

La signora Mill la intimò di smetterla con le proteste e lei mi guardò attentamente <<hai un miclo-pic sulla caviglia>> disse infine tornando al suo posto <<volevi dire micro-cip>> la corresse  Dean mentre io mi guardavo la caviglia sulla quale era ancora presente la cicatrice.

Mi ero infortunato durante uno dei mille allenamenti imposti da quell'uomo che a detta degli altri sarebbe mio padre, e avevano dovuto operarmi.

Ovviamente, sotto ordine di quel tipo, mi avevano operato in quella specie di quartier generale in stile batman-cattivodeicartoni che avrei dovuto chiamare casa.

<<E come la togliamo?>> chiesi alzando lo sguardo dalla cicatrice <<riapriamo la cicatrice ed estraiamo il micro-cip, poi dobbiamo bruciarlo senza che se ne accorgano. Sono ancora qui fuori e se ne andranno solo quando non vedranno più che sei qui>> disse Elisa decisa. 

<<Per questo servono 48 ore?>> alzai un sopracciglio <<non abbiamo l'anestetizzante>> confessò Carla <<quindi prima c'è bisogno di farti calmare, altrimenti potresti distruggere tutta casa. E' successo con Anne e ti assicuro che non voglio morire ora>> continuò.

<<Quindi, come avete intenzione di farmi calmare?>> chiesi incrociando le braccia

<<Con Anne bastava il sacco da box>> riflette la signora Mill <<lo prendeva a puni così>> esclamò Ricciolini dando pugni goffamente all'aria. Un sacco da box? <<ma non possiamo andarci ora>> continuò Marco <<cioccolata calda e Ed Sheeran?>> guardai storto Carla <<io ti sembro Elsa?>> scosse la testa <<la cosa migliore è guardare un film>> disse Elisa <<no! ma io vi sembro così tanto una 14enne in crisi ormonale!?>> esclamai esasperato.

<<Hai frainteso>> la corresse il signor Mill

<<Non è un film qualsiasi>> cominciò Dean <<è il film di Anne>>

Una &quot;storia a metà&quot;Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora