<<Vuoi parlare!>> non ero un ragazzo particolarmente curioso ma se qualcuno cominciava una frase, il minimo era che la finisse.
<<Non devi ridere>> mi avvertì <<non lo farò>> risposi sicuro <<non devi guardarmi male>> avrei dovuto preoccuparmi? <<non farò neanche questo>> dissi <<e non devi per nessun motivo pensare male>> dovevo preoccuparmi <<non voglio metterti assolutamente fretta ma se continui così, tra 20 anni saremo ancora qui>> le feci segno di parlare.
<<Io tra 20 anni non sarò qui>> cominciò <<lo spero, non è che devi stare tutta la vita in questa casa>> lei scosse la testa <<mancano 42 giorni>> fece una pausa mentre nei suoi occhi vidi un impercettibile e imprevedibile punto di tristezza, ma esso scomparve subito, come una stella cadente.
<<Tra 42 giorni morirò>> diceva qualcosa che non capii minimamente "perché?" mi chiesi "non diceva sul serio, vero?" mi domandavo mentre vedevo solo le sue labbra muoversi e alle mie orecchie non arrivava una parola "e lei come potrebbe saperlo?" continuai a domandarmi "sono supposizioni?" un vagone di domande.
Era...fragile.
Era fragile una vita che passava come niente davanti all'universo; erano fragili i ricordi, vani e sbiaditi che si offuscavano nella mente col tempo; erano fragili le parole, che con il vento volavano via a voler scomparire, come un eco lontano sulla vetta di una montagna; era fragile il modo in cui avevo vissuto quei 15 anni, nessun ricordo prezioso, ma tanto prezioso da volerlo conservare; fragile era il tempo, il cielo, il fuoco, l'aria, la terra.
Fragile...fragile era lei in quel momento; fragile nella sua forza, nei sorrisi, nei pianti mai visti nascosti sotto felpe troppo grandi per lei, e chissà perché le metteva.
Fragile nel modo in cui mi sgridava, in cui si imponeva.
Fragile era lei, per me.
E in fondo, in fondo, ma proprio in una parte remota di me, qualcosa disse "non lasciarla andare"
<<Ares mi ascolti?>> riportai l'attenzione a lei, la quale sospirò <<tieni questa>> si alzò e mostrò una lettera <<aprila quando sarà il momento>> la presi <<non dovevi dirmi qualcosa?>>
<<L'ho detta, se non mi hai ascoltato non è colpa mia>> uscì dalla stanza.
"Aprirla quando sarà il momento" me la rigirai tra le mani "42 giorni" mi passai una mano tra i capelli.
In quel momento, per la prima volta mi venne da pensare: "è troppo complicato".
Era tutto complicato, tutto aggrovigliato, tutto dannatamente difficile.
Quello che però mi sembrava più complicato, era lei. Sembrava tranquilla anche se sapeva che sarebbe morta, e per cosa lo sapeva solo lei.
Sentii la porta aprirsi e puntai lo sguardo su di essa vedendo Elisa entrare <<l'ha data anche a te?>> si sedette vicino a me <<si>> risposi solo <<non vorresti aprirla?>> chiese tirando fuori dalla tasca una lettera <<no>> posai la mia sul comodino <<succederà davvero?>> chiesi <<come fai a non essere curioso? ce le ha date troppo presto>> disse ignorando la mia domanda <<ha paura>> lei mi guardò ridendo appena <<lei non ha mai paura, la conosco bene>> esclamò.
<<Io non la conosco affatto, so solo che è testarda e tremendamente orgogliosa; so che fa finta di essere calma perché dentro è tutto un casino e alle persone non piacciono quelli incasinati. Ma se ci pensi un attimo, perché avrebbe dovuto darcele adesso sapendo bene quanto tu, Carla e Ricciolini siate curiose?>>
STAI LEGGENDO
Una "storia a metà"
FantasíaATTENZIONE! Ho scritto questa storia tempo fa e ci sono diversi errori e alcune incoerenza (modo gentile per dire che fondamentalmente fa schifo) , quindi ho deciso di non continuarla. Lascerò questa storia qui intatta perché mi ci sono affezionata...