Capitolo 12

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Audrey

Prendo posto sull'autobus e appoggio la testa al finestrino, chiudendo gli occhi.

Non ho praticamente dormito per tutto il weekend, sono rimasta sveglia nel letto a riflettere.

Le parole di Bryan non mi hanno dato pace per un secondo, continuano a ritornarmi in mente anche quando tento di pensare ad altro.

Avrei voluto abbracciarlo, confortarlo con dolci parole ma non ci sono riuscita. Le mie emozioni hanno prevalso, immobilizzandomi e rendendomi incapace di pensare a lui, come invece avrei dovuto fare. Avrei dovuto lanciarmi subito verso di lui, avrei dovuto fermarlo prima che se ne andasse o rincorrerlo.

E invece sono rimasta lì, impalata ad osservare le onde che lambivano gli scogli e mi bagnavano i piedi.

Dentro di me lottano diverse emozioni che prima, soffocate dalla disperazione, non erano emerse del tutto: la tristezza, perché non sapevo che l'uomo che tanto adoravo da bambina si fosse suicidato. Il ribrezzo nei suoi confronti, per aver compiuto quel gesto spregevole. La rabbia contro Bryan , che non me lo aveva mai detto e che si era tenuto tutto dentro, affrontando da solo un dolore così grande. La rabbia contro di me, per non averlo capito sin da subito che era successo qualcosa di grave. La rabbia perché ero rimasta ad osservare Bryan mentre affogava nella sofferenza, senza nemmeno porgergli una mano. Tutto perché pensavo solo a me, al mio cuore ferito perché si stava allontanando. Lui si era solo allontanato perché il padre se n'era andato. Non so come ci si senta a perdere una persona importante, non ne ho mai persa una nel vero senso della parola. Ma se sono distrutta al solo pensiero, quindi non immagino cosa stia provando Bryan in questo momento.

Cedo alla tentazione di voltarmi e sposto lo sguardo su di lui.

È seduto di fronte a me, il cappuccio tirato sulla testa, le spalle tese e le mani che si muovono nervosamente sulle ginocchia.

Vorrei andare lì, sedermi sul sedile accanto al suo. Ma non lo faccio, probabilmente non gradirebbe. Inizieremmo a litigare, attirando l'attenzione più del dovuto.

Approfitterò di un momento in cui è solo, così da poterci parlare in privato senza orecchie indiscrete che origliano. 

Traggo un respiro tremante e mi asciugo una lacrima solitaria che mi solca la guancia.

Bryan si solleva in piedi e scende dall'autobus, che nel frattempo si è fermato.

Scendo anche io e mi dirigo controvoglia all'entrata, dove Helen e Vince mi aspettano.

-Oh cielo, Audrey stai bene?- Helen mi raggiunge con un'espressione preoccupata e mi osserva.

Stamattina mi ero ripromessa che sarei apparsa felice a scuola, che mi sarei appiccicata un sorriso sul volto e che ad una domanda simile avrei risposto che andava tutto alla grande.

Ma i miei piani vanno in fumo non appena Helen pronuncia quelle parole.

Mi salgono le lacrime agli occhi e mi mordo un labbro, imponendomi di smetterla. Non voglio che gli altri si preoccupino per me, devo solo avere del tempo in più per accettare la realtà dei fatti. La maggior parte delle persone ci avrebbe impiegato un paio di giorni, ma io, essendo particolarmente emotiva, ci metterò sicuramente del tempo in più. Ma posso cavarmela da sola, non serve appesantire anche le spalle degli altri con i miei problemi, che tra l'altro non sono nemmeno del tutto miei.

Helen mi abbraccia e mi accarezza la schiena, non domandandomi più nulla.

Affondo il viso nella sua spalla, prendendo respiri profondi per calmarmi.

-Sto bene, non preoccupatevi- la mia voce rauca però dice tutto il contrario.

Infatti Vince mi guarda con tenerezza -Tesoro, sai che a noi non puoi mentire. Ti conosciamo troppo bene. Per questo comprendiamo il fatto che tu non voglia parlarne ora. Ma se te lo chiede qualcun altro, devi rispondere con un po' più convinzione. Altrimenti ti tartasseranno di domande fino a farti venire un'esaurimento nervoso!- mi tira una pacca sulla spalla e mi sorride- La settimana prossima tengono un corso di recitazione nell'aula di musica, e tu verrai con me-

Che cosa potrebbe mai andare storto?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora