Capitolo 28

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ATTENZIONE: questo capitolo contiene scene sessuali esplicite, ne sconsiglio la lettura in caso di fastidio.


Audrey

A destarmi è il trillo irritante della sveglia che la mamma ha impostato presto per andare a lavoro.

Mi premo il cuscino sul viso, coprendo anche le orecchie nel tentativo di attutire quel suono assordante.

Ma non c'è nulla da fare, il rumore continua a risuonare nell'aria sino a quando mia madre non si decide a spegnerlo con un mugolio infastidito.

Grazie, dèi del cielo!

Mi rilasso contro il materasso, gli occhi semi-aperti mentre sento lo scalpiccio delle ciabatte della mamma sul pavimento, poi il fragore della moka che cade sul bancone della cucina.

Ogni rumore è come amplificato, talmente rimbombante che reprimo a stento un gemito seccato e lamentoso.

Ma il sonno mancato per le ore notturne passate a rimuginare  a vuoto prende il sopravvento e mi chiude gli occhi, facendomi addormentare dopo qualche istante.

Mi risveglio qualche ora dopo, a causa della luce che mi colpisce dritta sugli occhi.

Mi copro d'istinto il viso e strizzo un occhio, socchiudendo l'altro per mettere a fuoco quel che mi circonda.

Il mio sguardo si sposta dalla tapparella alzata per metà e dalla finestra chiusa, ai contorni indistinti e sfocati della mia stanza, fino a finire sulla sveglia appoggiata sulla scrivania che segna l'una e mezza del pomeriggio.

Chiudo gli occhi e sospiro, ma quando realizzo quel che ho appena letto per poco non cado giù dal letto.

L'una e mezza del pomeriggio?

Spalanco gli occhi e mi sollevo a sedere di scatto.

Pessima idea, pessima idea.

Migliaia di puntini neri mi danzano davanti agli occhi e sono costretta ad appoggiarmi contro la testata del letto per attendere che la mia vista torni ad essere chiara.

Quando finalmente mi riprendo, mi sollevo di scatto in piedi e mi fiondo in salotto, in cerca del cellulare che in teoria ho dimenticato lì ieri sera.

Quando lo trovo, scorgo subito la notifica di un paio di messaggi, alcuni provenienti da Helen e Vince che battibeccano sul gruppo che abbiamo creato, uno solo da mia madre.

Lo apro e faccio scorrere lo sguardo tra le innumerevoli righe che ha scritto.

Tesoro! Scusa se stamattina ho fatto rumore, le stoviglie continuavano a cadere, sembrava che avessi le mani di pasta frolla! 

Ti ho lasciato un po' di pasta nel microonde per pranzo. Ricordati: togli il cibo dal recipiente di plastica e mettilo in un piatto, per evitare che si sciolga e che si ripeta lo stesso "incidente" dell'altra volta.

Non penso di riuscire a tornare a casa prima di cena, oggi faccio degli straordinari per coprire un turno vuoto. In compenso domani e lunedì dovrei avere giornata libera, e sicuramente oggi arriverà papà per cena.

Ti voglio bene, per qualsiasi cosa scrivimi.


Sorrido e digito una risposta al suo poema, ringraziandola e informandola del mio risveglio piuttosto recente.

Infine spengo lo schermo e, condotta dal brontolio allo stomaco che rimbomba nell'appartamento silenzioso, mi dirigo in cucina e agghindo la tavola per pranzo.

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