Audrey
Allarme rosso: dobbiamo parlare
Quattro parole bastano a farmi immobilizzare sul posto in un istante, e bastano anche per mettermi addosso un'ansia incredibile.
Sfilo il cellulare dalla tasca dei mie jeans alla velocità della luce, digitando altrettanto velocemente il numero di Vince sul mio schermo.
Il fatto che Vince abbia dato l'allarme rosso significa una sola cosa: è successo qualcosa di davvero grave.
Sin da quando ci siamo conosciuti, Vince tendeva spesso ad inviare a me e ad Helen messaggi in cui chiedeva urgentemente aiuto senza averne realmente bisogno a tutte le ore del giorno, facendoci prendere ogni volta dei tremendi infarti.
Così abbiamo stabilito questa sorta di regola: in caso di seria gravità della situazione, dare "l'allarme rosso".
Dopo varie proteste e fraintendimenti -per lo più da parte di Vince, che prendeva come di seria gravità anche il non saper cosa indossare il primo giorno di scuola o ad una cena-, siamo riusciti a trovare un accordo comune su quando usare e non l'allarme rosso.
Sebbene questa cosa sia stata stabilita quando eravamo ancora piccoli ragazzini di dieci anni, ci è rimasta come abitudine.
La cosa che più mi preoccupa è il fatto che Vince abbia dato per l'ultima volta l'allarme rosso più di due anni fa, quando aveva fatto coming out con i suoi genitori e ci aveva litigato pesantemente.
A pensarci bene forse quella è stata l'unica volta in cui ho visto Vince piangere sul serio, ferito profondamente dalle parole aspre e dure che i genitori gli avevano rivolto.
Ma ora... che cosa sarà successo?
Uno squillo.
Due squilli.
Tre squilli.
-Accidenti!- sbotto al quarto squillo, iniziando a camminare impazientemente avanti e indietro per le tribune.
Probabilmente se una persona lanciasse un'occhiata per puro caso nella mia direzione, penserebbe che io sia una passa che sbraita inutilmente contro il cellulare.
Effettivamente, sembro una pazza isterica ed Helen mi posa una mano sul braccio per calmarmi.
-Audrey, se urli in questo modo non risponderà. Non ti può sentire- mi fa notare.
-Ti chiamavano Einstein!- esclamo ironicamente, fulminandola con lo sguardo quando scoppia a ridere -Sono troppo preoccupata per ragionare lucidamente, l'ultima volta che... - prima che possa finire di parlare, gli squilli si interrompono e la mia voce con loro quando sento dei forti colpi di tosse provenire dall'altro capo della linea -Vince!-
-Audrey...- sussurra lui, tossicchiando ancora prima di riuscire finalmente a parlare con voce ferma -Tutto ok?-
-Sono io che dovrei chiederlo a te! Dove sei?- domando, mettendo il vivavoce e facendo cenno ad Helen di avvicinarsi in modo che possa sentire anche lei.
-Tesoro, c'è un sacco di rumore e non vi sento bene. Siete ancora al campo da football?-
-Sì, ma...-
-Ma nulla, scusate se vi ho disturbate. Tornate pure a guardare la partita- asserisce.
-Fermo là! Non ti azzardare a mettere giù il telefono perché altrimenti quando ti vedo ti trancio le mani!- urlo, forse con troppa veemenza, sperando che recepisca il messaggio che voglio spedirgli.
-Ok, ok! Ma non urlare, i timpani ancora mi servono- replica lui, facendo una lieve risata che però sembra troppo forzata e che infatti subito dopo sfocia in un singulto soffocato.
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Che cosa potrebbe mai andare storto?
RomansaLa storia di un'amicizia che si ricostruisce. La storia della nascita di un amore inimmaginabile e sorprendente. Audrey Miller, una ragazza piuttosto riservata ma al contempo vogliosa di fare nuove amicizie, vive in un piccolo appartamento a Brookly...