Capitolo 29

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Audrey

Mentre sento il sonno abbandonare il mio corpo pian piano e i rumori farsi più assordanti e distinti, i miei occhi si socchiudono ed emetto un mugolio indefinito mentre mi dimeno sotto alle lenzuola.

Non appena il tessuto scivola lungo il lato del materasso e cade per terra, scoprendo un lembo della mia pelle, sento il freddo penetrarmi nelle ossa tanto da farmi rabbrividire.

Sbatto le palpebre un paio di volte prima di mettere a fuoco per bene ciò che mi circonda: faccio vagare lo sguardo sulla stanza semi-illuminata dalla luce pomeridiana che sta scemando alla base della finestra, poi lo focalizzo sulla mia figura priva di abiti coperta per metà dalle coperte scostate e stropicciate del mio letto.

Passo lo sguardo dal mio corpo nudo, alle lenzuola, a Bryan, che dorme profondamente al mio fianco con una mano sopra alla mia pancia e una guancia spiaccicata sulla federa chiara del mio cuscino, i capelli scarmigliati e sparsi attorno al suo capo come un'aureola scura che gli ombreggiano parte del suo viso rilassato, sul quale è dipinta un'espressione serena e pacata.

Improvvisamente i ricordi affiorano alla mia mente tutti insieme, come ogni volta che apro gli occhi dopo un sonnellino che sembra cancellarmi la memoria per i primi minuti in cui prendo nuovamente contatto con la realtà.

Arrossisco violentemente e distolgo lo sguardo da lui come se temessi che possa svegliarsi e vedermi chiaramente in imbarazzo.

Mi sollevo di scatto a sedere, tenendomi il lenzuolo ancorato al petto mentre la mia mente si fa lucida e i miei occhi si sbarrano.

Oh. Santo. Cielo.

Per qualche secondo rimango ferma immobile, seduta sul materasso con lo sguardo fisso su un punto indefinito di fronte a me, non sapendo che fare, immobilizzata dallo stupore e da una valanga di emozioni che mi travolge tanto rapidamente da non riuscire a farmene riconoscere più di un paio.

Incredulità, confusione, gioia e imbarazzo. Molto, molto imbarazzo.

Mentre le mie guance vanno a fuoco e, se possibile, arrossisco ancor di più.

Un pensiero specifico si intrufola bruscamente tra gli altri e arriva a farmi spalancare gli occhi, che subito schizzano sull'orologio poggiato sul comodino affianco al letto. 

Non appena noto che quest'ultimo segna quasi le sette di sera, una paura viscerale mi scuote e mi fa sobbalzare sul letto.

Dannazione, la mamma ha detto che mio padre dovrebbe essere a casa per l'ora di cena. Merda, potrebbe piombare qui da un momento all'altro.

-Uhm...- Bryan mugola al mio fianco, voltandosi tra le coperte e sbadigliando vistosamente mentre si stropiccia gli occhi.

Inclino la testa, lasciando ricadere i capelli sul mio petto, e gli sorrido, scostandogli qualche ciocca dagli occhi mentre lui sbatte le palpebre con calma.

-Ciao- la sua voce rauca mi riempie le orecchie e mi delizia, facendo scorrere diversi brividi lungo la mia pelle e facendomi dimenticare momentaneamente il timore per l'arrivo di mio padre.

-Ciao- sussurro con una mano ancora posata sulla sua guancia mentre gli accarezzo gli zigomi.

Le sue dita si posano sulle mie e lui se le porta alle labbra, scoccando un bacio roboante e sonnolento sulle mie mani mentre sorride pigramente.

-Che ore sono?-

-E' quasi ora di cena. Dobbiamo esserci addormentati- dichiaro mentre mi stiracchio piano, muovendo i muscoli indolenziti per poi tentare di alzarmi dal letto.

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