Capitolo 35

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Audrey

Quando la voce di Bryan si spezza e il suo sfogo cessa, rimango per qualche altro secondo con la testa posata sulla sua spalla.

Quando sono salita qui sul tetto per stare da sola con i miei pensieri, l'ultima cosa che mi sarei aspettata era quella di trovare Bryan seduto sul cornicione.

Inizialmente non sapevo se sedermi o no di fianco a lui, sia perché sembrava essere davvero combattuto e voglioso di stare da solo, e anche perché, egoisticamente, avevo bisogno di trovare un posto tranquillo per pensare in completa solitudine.

Poi però ho visto il suo sguardo ferito, il dolore fare da sfondo a quelle pupille scure che si sono puntate nelle mie e non sono riuscita a tirarmi indietro.

Lo avrei lasciato da solo in un momento in cui aveva palesemente bisogno di me e, per la persona che sono, so di non essere capace di compiere atti del genere: ho messo da parte il mio dolore, ho preso un respiro profondo e l'ho ascoltato parlare.

Ma se fino ad un momento fa la sua voce è stata capace di distrarmi dai miei problemi, ora che il silenzio ha preso di nuovo il sopravvento sento una fitta lancinante al petto.

Bryan mi accarezza i capelli, ma a malapena sento le sue dita scorrere tra le mie ciocche.

Le orecchie è come se mi si tappassero, il rombo del mio cuore mi martella nella testa.

Mi sto di nuovo estraniando dal mondo.

Sento una lacrima solcarmi la guancia, Bryan la asciuga rapido.

Sono grata che in questo momento lui creda che le mie lacrime siano dovuto esclusivamente alle sue confessioni, non riuscirei a dirgli nulla riguardo al trasferimento.

Il trasferimento.

Traggo un respiro tremante mentre sento lo stomaco chiudersi, rabbrividisco e mi stringo di più nella mia giacca.

Mi scosto dal suo corpo per rimettermi ritta seduta, e quando gli scocco un'occhiata in tralice vedo che mi sta osservando con un'espressione confusa.

Apro bocca per dire qualcosa, ma non ne esce alcun suono.

Sento il cuore palpitante farsi più pesante nel mio petto, la paura mi gela sul posto.

Perché non riesco a parlare?

Ci provo, ci provo almeno una decina di volte.

Ma più la mia voce sembra alzarsi di tono, influenzata dall'onda di sentimenti che oscilla nel mio cuore, più le mie grida sembrano farsi silenziose.

Sento la gola bruciare come se effettivamente stessi urlando, ma nessun suono riempie lo spazio attorno a noi.

Grido e grido ancora. Ma non si sente nulla. Non mi sente nessuno.

Sbarro gli occhi di colpo e mi stringo le lenzuola al petto, scattando a sedere.

Ho il respiro corto, gli occhi pieni di lacrime e il cuore che batte irregolarmente contro la mia gabbia toracica.

Ci metto qualche istante per riconoscere i contorni della mia stanza oltre il buio pesto e, quando il mio sguardo finisce per posarsi sulle coperte che mi stringo al petto, il sollievo mi fa rilassare le spalle.

Era un sogno. Solo un brutto incubo, di quegli insoliti che mi terrorizzavano quando ero più piccola.

Scivolo lungo il materasso e mi appoggio alla testata del letto, tirandomi dietro la coperta.

Mi avvolgo meglio nel piumone, cercando di far cessare gli innumerevoli brividi che mi scorrono sulle braccia.

Mi porto una mano al petto e poggio delicatamente le dita sul petto, entrando in contatto con il mio cuore.

Che cosa potrebbe mai andare storto?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora