Capitolo 48

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Audrey

Due mesi.

Passano due mesi senza che io senta e veda Bryan, se non di sfuggita a scuola.

I nostri genitori devono aver saputo della nostra rottura, ragion per cui hanno evitato di organizzare pranzi o cene insieme.

Cosa che poi sarebbe stata impossibile, visto com'è presa mia madre dal trasferire tutta la nostra vita in degli anonimi scatoloni di cartone.

In questi due mesi ho visto la mia vita andare in pezzi: ho perso il mio ragazzo e il mio migliore amico, le litigate tra i miei genitori si sono fatte sempre più frequenti, il mio appartamento si è svuotato sempre di più.

Mano a mano che la fine di Maggio si avvicina, e con lui il giorno della mia partenza, sento la realtà, la mia realtà, farsi sempre più distante .

Il tempo scorre rapido, ma al contempo lento come una tortura spietata.

Il dolore mi striscia sotto la pelle, mi fa rabbrividire e salire le lacrime agli occhi.

Non riesco più a concentrarmi su nulla, nemmeno sullo studio.

Inizio ad uscire sempre di meno, passando sempre più tempo in compagnia dei miei deleteri pensieri.

I miei amici si preoccupano e cercano, per quanto possono, di tirarmi su di morale.

Ma io mi spegno sempre di più, fino a che di me non rimane un involucro vuoto.

Ogni oggetto che svanisce da casa mia è una crepa nel mio cuore.

Ogni crepa è un lampo di dolore che mi fulmina, ogni frattura è un desiderio che non si può avverare.

Vorrei che tutto tornasse come prima. 

Vorrei tornare indietro nel tempo per non compiere tutti gli errori che mi hanno portato ad oggi.

Vorrei non aver voluto scoprire in quel brusco modo del mio trasferimento.

Vorrei non aver tenuto tutto dentro di me, sentendomi soffocare dalle conseguenze delle mie stupide azioni.

Vorrei non aver mai litigato con Bryan. 

Dio, Bryan... mi manca da impazzire.

E per quanto mi abbia fatto male la nostra litigata, per quanto la mia testa sia consapevole che tra di noi le cose sono finite definitivamente e che non dovrei neppure più pensare a lui, andando avanti, il mio cuore... dannazione, il mio cuore non vuole proprio lasciarlo andare.

Sembra aver preso il comando, al posto del mio cervello: mi spinge a cercarlo nei corridoi scolastici, a osservare le nostre vecchie foto con la gola stretta in una morsa e le lacrime che rischiano di rovinare quegli attimi di complicità immortalati da una semplice fotocamera.

Il mio cuore mi tortura, facendomi controllare i suoi ultimi accessi ai messaggi, se è online oppure no. E se è online, inizio a rimuginare, a pensare a chi possa star scrivendo. E il volto luminoso di Abigail compare nella mia testa, facendomi venire le lacrime agli occhi.

Le settimane passano, e in un batter d'occhio mi ritrovo a metà Aprile: il vento si fa più caldo, i prati  più verdi e i fiori sbocciano, dipingendo il mondo con i loro variopinti colori.

L'aria frizzante della primavera mi accoglie ogni giorno come un abbraccio confortante, mi scivola sul corpo e mi mette di buon umore.

Attorno a me scorre vita, mi avvolge, mi strizza, si infiltra sotto la mia pelle.

Ma non raggiunge mai il cuore.

I miei sorrisi non raggiungono mai gli occhi, le mie risate non sgorgano dal petto.

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