Capitolo 31

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Audrey

Sono passate quasi tre settimane. Quasi tre settimane, ed io non ho ottenuto altro che spunti di riflessione e di paranoie.

Durante tutta la permanenza di mio padre, ho sentito i miei genitori discutere nell'altra stanza. Quelle poche volte in cui ho deciso di uscire per prendere una boccata d'aria e far chiarezza nella mia mente, sono sempre rientrata in casa nel bel mezzo di un litigio.

E non c'è stato nulla di più doloroso che vedere gli sguardi rabbiosi che si rivolgevano posarsi su di me, la rabbia tramutarsi in stupore e in senso di colpa.

Ma non mi hanno mai voluto dire nulla, né io ho avuto il coraggio di chiedere loro che cosa stesse succedendo.

Ogni tanto la mamma è venuta in camera a consolarmi, dicendo che erano i soliti litigi tra innamorati, e che ben presto si sarebbe risolto tutto per il meglio.

Ma io ho sempre preso con le pinze le sue parole, non ci credevo più di tanto.

E ne ho avuto la conferma quando, subito dopo il pranzo del Ringraziamento (che è stato di un imbarazzo indicibile e spero irripetibile, con mio padre a fulminare Bryan ogniqualvolta si avvicinava a meno di un metro da me. E considerato che eravamo seduti vicini, era una cosa alquanto difficile da evitare), papà se n'è andato senza nemmeno salutare.

Ha lasciato un misero messaggio sul mio cellulare, nel quale si scusava e diceva di essere stato chiamato d'urgenza per ritornare a lavoro, aggiungendo inoltre che si sarebbe fatto sentire al più presto.

Ma come sospettavo, non lo ha mai fatto.

Sono due settimane e mezza che non lo sento: alle mie chiamate non risponde, e non prova mai a richiamarmi.

Sporadicamente mi arrivano suoi messaggi di scuse, ma me ne faccio ben poco se intanto sento la mamma gridare nell'altra stanza e prendersela con qualcuno al cellulare, che sono sicura al cento per cento essere lui.

E ormai mi sono anche arresa alla realtà dei fatti: finché non mi farò coraggio e chiederò loro che cosa sta sconvolgendo la consueta quiete che ha sempre regnato nella nostra famiglia, loro non apriranno bocca.

Spesso ho sentito il mio nome sfuggire dalle labbra di mia madre, e sempre più frequentemente ho udito le parole "pessima scelta" rimbombare di notte nell'appartamento silenzioso .

Due settimane e mezza sono state abbastanza per far crescere in me diversi sospetti, annidare svariati timori.

Parlarne con Helen e Vince sin da subito ha contribuito a concedermi attimi di pausa da tutto il trambusto che scompiglia la mia tranquillità, ma comunque ci sono stati moment in cui il flusso di pensieri scorreva con tanta irruenza che venivo trascinata via e mi discostavo dalla realtà.

Come in questo momento: Vince sta parlando e gesticolando animatamente con me ed Helen, mentre ci trascina verso l'entrata di un bar in centro, ma io sto faticando a seguire i loro discorsi.

Cerco di scacciare via la preoccupazione e ritorno a prestare attenzione ai miei due migliori amici.

Nell'esatto momento in cui lo faccio è come se le mie orecchie si stappassero, come se la bolla dentro la quale mi chiudo ogni volta che rimugino troppo esplodesse.

Per questo le parole di Vince raggiungono in modo chiaro le mie orecchie.

-Giuro che sono riuscito a superarla! Anzi, ogni tanto riesco anche a salutarlo senza scoppiare in grida di collera!- esclama con gioia, rivolgendoci un sorriso da sopra alla spalla -Io e Darrell possiamo definirci... riappacificati-

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