Capitolo 4

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Audrey

Una delle cose che odio di più della mattina, è la sveglia.
Ho seguito il consiglio di Vince, e ho inserito una delle canzoni più energiche dei Queen.
Inutile dire che mi sono svegliata male, facendo cadere il cellulare per terra mentre sobbalzavo dallo spavento.

-Audrey...stai bene?- la mamma mi osserva preoccupata mentre mi posa davanti al viso un piatto di pancake. Probabilmente ho delle occhiaie che farebbero invidia ad uno zombie

-Sì- dico secca, ma le sorrido non appena il senso di colpa mi attanaglia il cuore. La mamma non si merita di essere trattata così freddamente, dopotutto non c'entra nulla.
Addento un pancake, nonostante non abbia molta fame. Sorseggio un bicchiere d'acqua lentamente, poi mi alzo e vado a prepararmi.

Stranamente ci metto poco, mancano ancora venti minuti prima che il pullman passi. Vorrei uscire ma la pioggia mi impedirebbe qualsiasi tipo di passeggiata. 

Pensavo che durante la notte il temporale fosse cessato. Invece questa mattina la pioggia infuria più di ieri.
Probabilmente il tempo riflette il mio umore, o il mio umore viene contagiato dal tempaccio.

-Ciao, vado al lavoro. Non torno per cena, mi dispiace...-
Stringo mia madre in un abbraccio veloce, prima che esca. 

Non appena rimango sola, mi lascio cadere sul divano. Inizio a battere impazientemente il piede per terra, poi mi gratto il collo, mi sistemo il maglione, lancio un'occhiata all'orologio. No, è inutile, non riesco a stare ferma. Ho bisogno di uscire.

Afferro la prima giacca che mi capita sotto mano, mentre digito un messaggio ad Helen e Vince.

Oggi esco prima di casa... Starbucks?
                              
Subito accettano ed esco mentre giocherello con il portachiavi.
Nello stesso momento in cui metto piede fuori dalla porta, esce anche Bryan. È voltato di spalle mentre parla con qualcuno, forse con suo fratello.
Rimango per un attimo pietrificata, poi rinsavisco e colgo l'occasione per sgattaiolare giù dalle scale, lasciandomi ben presto alle spalle il mio palazzo.


Cammino fino ad arrivare di fronte a Starbucks. Non vedendo i miei amici, mi fermo sotto ad una tettoia per evitare di bagnarmi. La pioggia cade violentemente sulle strade, offuscando quasi completamente la vista ai guidatori. Il suo scroscio mi rilassa, tant'è che chiudo gli occhi mentre tento di schiarirmi la mente...

-Che fai? Mediti?- Vince mi spalanca forzatamente un occhio e si acciglia.

-Vince!- esclamo massaggiandomi la palpebra e fulminandolo con lo sguardo.

-Ti sei svegliata con la luna storta, vedo- fa una pausa e mi passa un dito sotto l'occhio -Guarda qui che occhiaie! Peggio di ieri! Ma dormi almeno dieci minuti, ogni tanto?-

Un'altra osservazione e rischia di finire all'Ade.

-Cara, che cosa succede? Vuoi parlarne?- il suo sguardo si addolcisce e mi posa una mano sulla spalla.
- Magari più tardi, Vin- dico stando attenta a non far trapelare l' irritazione dal mio tono di voce. Per quanto gli voglia bene e sia felice che lui si sia offerto di farmi da supporto, non sono dell'umore giusto.
Sono sicura che, non appena il malumore scomparirà, mi sentirò irrimediabilmente in colpa per il mio atteggiamento scorbutico e sgarbato.
Lunatica, direi che è un aggettivo che mi si addice alla perfezione.

Lui sembra comprendere il mio malumore, allora mi spinge verso l'entrata e mi sorride con fare incoraggiante.

-Ed Helen?- chiedo mentre ci posizioniamo in fila davanti alla cassa.

-Oh, eccola- la saluta con un cenno mentre io le sorrido, anche se forzatamente. Ma che mi succede oggi?

-Buongiorno!- esclama raggiante. Lei sì che sembra aver dormito. E anche molto bene, dato il sorriso che non accenna a smettere di allargarsi.

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