Abiti dappertutto, confusione generale che mi provocava una sensazione di ansia pazzesca. Ogni volta che dovevamo fuggire dal college per andare dalle famiglie, era sempre un problema enorme. Non c'era mai l'organizzazione perfetta per fare ogni cosa con calma.
Megan girava confusa tra i vestiti ammassati sul pavimento, trovando i famosi pantaloncini che cercava da più di due ore. Rosie, con il suo vestiario che occupava metà dello spazio, decideva se portare tutti i capi o lasciarne metà qui al college. Io cercavo di non impazzire in mezzo al caos totale.
Era la vigilia del ringraziamento e ci stavamo preparando per andare ognuno dalle proprie famiglie. Finalmente era arrivata anche quell'occasione, un motivo in più per lasciare che passasse senza problemi così da togliercela di mezzo. Mia madre mi aveva già chiamata alle sette in punto del mattino, chiedendosi a che ora mi sarei rimessa in marcia per tornare a casa.
Avevamo fatto le lezioni come di consueto, consumato un bel pasto al nostro amato bar e poi ci eravamo fiondati in camera per sistemare la roba da portare.
Venni distratta da Cognac che, accigliato, camminò tra i vestiti come se stesse attraversando un percorso a ostacoli, fermandosi poi con evidente confusione al centro della stanza. «C'è più disordine qui che in tutte le camere del dormitorio maschile. Il che è tutto dire. Che combinate?» chiese, prendendo in mano il mio sexy completino intimo con espressione curiosa.
Mi voltai verso di lui, sorridendo dolcemente. «Prepariamo la borsa per il ringraziamento. Tu hai già fatto?» domandai, strappandogli dalle mani ciò che mi apparteneva per metterlo dentro la valigia.
Fece una smorfia di palese disgusto, scuotendo il capo con aria non del tutto felice. «Sia mai! Non ho una famiglia e detesto le riccorrenze in cui le famigliole felici si riuniscono a festa. Rimango qui, tra le mura della maestosa Stanford.»
Lo guardai accigliata, arricciando le labbra in chiaro segno di perplessità. «Da solo? Ma è triste! Vieni con noi, almeno. A mia madre non pesa affatto un posto a tavola in più.»
Mi rivolse uno sguardo scocciato, muovendo poi l'indice in segno di negazione. «Grazie, ma no. Non ho alcun Dio da ringraziare, semmai il contrario. Preferisco rimanere nella mia solitudine a contemplare quanto schifo faccia la mia vita.»
«Faremo anche l'albero di Natale!» lo pregai con lo sguardo, ma lui indietreggiò convinto.
«Peggio ancora! Non mi piegherai mai e poi mai ai tuoi voleri, mi dispiace!» esclamò, risoluto.
Mezz'ora più tardi, eravamo davanti la facciata di casa mia a chiederci se avremmo dovuto entrare. La testardaggine di Cognac alla fine non aveva vinto, così si era ritrovato costretto a venire con noi nonostante i suoi continui lamenti e negazioni. Era bastato il tacchino ripieno a fargli cambiare completamente idea. Feci un profondo respiro e guardai Riley al mio fianco, chiedendogli tacitamente se fosse pronto all'assalto. Al suo movimento del capo deciso che decretava un sì, aprii il cancelletto e guardai in direzione di Josh. Mio fratello aveva l'espressione di chi volesse morire di una morte dolorosa, tutto pur di non incappare nei miei pestiferi fratellini. Annuimmo in contemporanea e ci dirigemmo verso la porta. Feci scattare le chiave e subito venni assaltata dalle gemelle che si rincorrevano infastidite. Lucy stava tentando di acchiappare i capelli di Lili, urlandole di ridarle la sua bambola di pezza. Riley fece un profondo respiro, allargando le braccia come a voler indicare che eravamo di nuovo nel campo da guerra.
«Famiglia, siamo a casa!» urlò, facendo zittire almeno la metà delle voci in salotto. Drake ci corse incontro per saltare tra le braccia del fratello maggiore, seguito dai genitori che non vedevano l'ora di abbracciare i due figli.
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Heartbeats
RomanceLa vita di Jasmine Olsen è perfetta. Una famiglia numerosa, un college di prestigio e un migliore amico a cui raccontare tutte le sue disavventure. Riley Jones è la sua spalla. Conosce tutto di lei, la comprende, la stima e la sostiene nei momenti d...