8. Guerra

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Ah, il lunedì!

Svegliarsi presto per la prima lezione dell'anno, urlare a perdifiato a causa della felpa introvabile, trovarsi nel casino immenso a causa delle tue compagne di stanza che, mezze addormentate, cercavano di arrivare in orario per la lezione.

Il primo giorno era da sempre stato frenetico per me. Fin dalle elementari, quando mia madre cominciava a urlare il mio nome alle sei del mattino. Okay, lo ammetto, ero una tipa che adorava poltrire nel letto fino a tardi, ma per lo meno mi svegliavo in tempo ed evitavo di presentarmi a scuola in pigiama.

Come Grace Sullivan che aveva fatto ingresso nell'aula di matematica in pantofole e vestaglia da notte. Complice la festa passata la sera prima, di cui io non avevo ancora smaltito i postumi della sbornia. Dovevo ammettere che quel look le donava abbastanza, considerando che da tutti veniva chiamata la bella addormentata. Ma nessun principe a svegliarla, semmai una principessa. Peccato che era l'eterna single, considerando che era una persona poco propensa a socializzare.

Di studenti strani ne avevamo abbastanza, comunque. Mio fratello Josh faceva parte di quella cerchia, anche se per qualche strana ragione riusciva a rimorchiare più di me, Lucas e Rosie messi insieme.

L'unico a non avere problemi di quel tipo, nonostante avesse una fidanzata e poco tempo da dedicare alle altre, era Riley. Forse il fatto che praticasse la scherma era un punto a favore per lui. Perché andiamo, chi non vorrebbe un eroe spadaccino pronto a difenderti?

Quello senza macchia e senza paura, che verrebbe a tirarti fuori dagli orchi cattivi pronti a mangiarti viva. Insomma, Riley era tutto questo per loro, un po' molto romanzato, in effetti. Se solo avessero saputo che era pigro come un mulo e pronto a difendere solo chi necessitava di un aiuto. Insomma, non era l'uomo perfetto che tutti credevano e io ne ero certa, ma accettavo i suoi difetti perché lui accettava i miei.

In ogni caso, la prima lezione che ci toccava era sempre la matematica. Non che io fossi contenta di farla. A dire il vero, non ero molto pratica con i numeri e poco mi piaceva fare i conti. Ma era una materia obbligatoria, che faceva media come tutte le altre ed era anche motivo del mio nervosismo quando essa si presentava con le sue forme in aramaico antico.

Mi annoiavo abbastanza, però. Avevo preso lo stesso turno con Riley e gli altri, ma eravamo già conosciuti dal professore e ci aveva messi distanti per evitare distrazioni durante la lezione. Per me era facile spostare l'attenzione altrove, come in quella farfalla che si posava sulla finestra e poi volava via, e tornava a posarsi. Era variopinta. C'era del blu nelle sue ali, con un pizzico di rosso e nero. Aveva le lunghe antenne che si muovevano veloci, sembrava sul serio attratta dal vetro. Ci andava a sbattere contro più volte, come se non le importava il dolore provocato, ma del benessere della sensazione che provava il suo corpo a contatto con il materiale.

«È una farfalla ostinata.» una voce calda attirò la mia attenzione, costringendomi a voltare la testa verso il possessore di tale timbro vocale. Gli occhi color ghiaccio di Colton Barrymore mi bruciarono addosso. Erano glaciali nonostante fossero leggermente socchiusi dal piccolo sorriso che mi stava rivolgendo.

«Non lo siamo un po' tutti?» risposi, riportando lo sguardo alla finestra. Feci un sospiro, sfregai le mani tra di loro e mi voltai di nuovo verso di lui. «Sei il migliore amico di Michelle, perché mi rivolgi la parola? Non l'avevi mai fatto prima.» lo guardai curiosa, inarcando appena le sopracciglia scure.

Colton fece una piccola risatina, incrociando le braccia. «Mi avevano detto che stai molto attenta ai dettagli, ma non credevo fino a tale punto.» ammise, arricciando l'angolo delle labbra in un sorriso.

Notai lo sguardo di Riley su di noi, così gli feci cenno di voltarsi per tranquillizzarlo un po'. «Bene, a cosa devo questa tua considerazione?» chiesi schietta, smaniosa di arrivare dritta al punto. Non mi piacevano i giri di parole, nemmeno le mezze verità.

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