34. Riavvicinamenti

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Le parole di Lucas mi avevano tenuta sveglia per tutta la notte, facendomi rientrare al college con due occhiaie decisamente paurose. Riley aveva sentito la mia agitazione per tutta la notte: dopo essermi girata e rigirata per una mezz'ora buona, mi aveva abbracciato e mi aveva tenuta stretta a sé, come se mi potesse servire davvero a restare tranquilla. Come se non bastasse, avevo avuto delle nausee fuori dal normale per tutte le ore notturne, convincendomi che al rientro dal weekend avrei per forza dovuto fare il test. Ed ero decisa, se non per il fatto che una volta rientrata al college mi ero messa nel letto per rilassare un po' i muscoli e mi ero praticamente addormentata, svegliandomi alle ventuno. Mi sentivo intontita, come se avessi perso il senso del tempo e mi fossi svegliata in una dimensione completamente diversa. Mi stiracchiai e osservai la stanza semibuia, illuminata solo dalla luce della luna. Dovevo assolutamente uscire da lì, cercare di svegliarmi e mangiare qualcosa di decente per non rimanere a stomaco vuoto. Cominciava a brontolare.

Mi diressi a passi strascicati in bagno, accendendo la luce e cacciando un enorme sbadiglio. Dio, ero in condizioni pessime. La figura che si mostrava davanti a me allo specchio non era di certo bella da vedere, dovevo darmi un'aggiustata prima di mostrarmi alle altre persone. Avevo i capelli sparati qua e là, gli occhi ancora segnati dal poco sonno e l'espressione talmente addormentata da sembrare un misto tra uno zombie e un'alcolista. Spazzolai la mia folta chioma, decidendo di legarla in una coda alta per dargli un aspetto più ordinato. Sciacquai il viso con dell'acqua fredda e mi infilai dentro la doccia per levarmi la puzza di chiuso e di sudore di dosso. Dopo essere quantomeno tornata all'aspetto umano, indossai una giacca per sentire meno freddo e decisi di raggiungere la sala comune per vedere se ci avrei trovato i ragazzi. Sicuramente avevano già cenato e, come al solito, stavano sostando lì per una pausa post-cena. Avevo una fame assurda, speravo che almeno al bar fosse rimasto qualcosa di commestibile perché non avrei assolutamente preso del cibo dalla schifosa mensa.

Mi ritrovai al piano di sotto in due minuti, osservando l'atrio brulicante di studenti. Non capivo cosa ci fosse di strano e più cercavo di venirne a capo, più impazzivo nella ricerca della soluzione. Poi, mi fermai ad osservare attentamente le loro figure e aggrottai la fronte. Erano conciati con abiti medievali e sembrava di essere tornati di colpo al mille-duecento.

Confusa, feci qualche passo incerto verso l'atrio e mi resi conto di essere praticamente l'unica in vesti normali. C'erano una quindicina di studenti in costume e nessuno che avrebbe potuto spiegarmi che diavolo stesse succedendo. Mi grattai il capo e avanzai a passo spedito verso la sala comune, sentendomi un pesce fuor d'acqua nonostante io fossi nella normalità. Di cose strane ne accadevano, alla Stanford, ma in quattro anni non avevo mai visto gli studenti in costumi così strani. Quando raggiunsi la mia destinazione, mi sentii sollevata nell'appurare che almeno i miei amici portassero abiti normali. Mi sedetti confusa nel solito divanetto, ascoltando Cognac che parlava a manetta su quanto si sentisse rigenerato grazie all'aria montagnola. L'unico ad avermi notata era stato Riley che, una volta che avevo preso posto al suo fianco, mi aveva stampato un lungo bacio sulla guancia e mi aveva circondato il collo con il braccio.

«Perché c'è gente che sembra essere uscita dal regno di Re Artù?» domandai confusa, vedendo Rosie che aveva cominciato a ridacchiare.

Riley alzò le spalle, passandomi un sacchetto con all'interno cibo commestibile. Si era preoccupato di prendermelo prima che al bar venisse consumato tutto. «Pare che, vista la totale assenza delle lezioni di questa mattina, il professore ha ben deciso di fare una specie di gioco di ruolo non virtuale, facendo vestire i ragazzi del primo anno da personaggi storici in modo che potessero impersonarli per una sera e capire la vita di quei tempi.» spiegò, arricciando il naso.

Lucas annuì, mangiucchiando delle patatine alla paprika in sostituzione delle sue ormai finite caramelle gommose. «Ho visto tanti personaggi interessanti: Maria Antonietta da Asburgo, Maria Stuarda, Napoleone... c'era anche quella tizia strana che credevano fosse uomo...» cercò di ricordare il nome, sotto lo sguardo divertito di Cognac.

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