Era passata un'altra lunga ed estenuante settimana e io non avevo ancora detto a Riley del bambino. Forse per paura di una sua reazione o probabilmente perché ero talmente codarda da non riuscire ad affrontare quella che era la realtà. Lucas e Rosie con discrezione mi stavano vicino, la ragazza mi aveva anche accompagnata per fare gli analisi riguardo i valori degli ormoni e secondo il medico tutto sembrava andare per il verso giusto. Ero di quasi due mesi.
Era una mattina uggiosa, il professore di criminologia ci parlava di Ted Bundy e noi alunni cercavamo di seguire le sue parole senza evitare di sconcertarci per le vittime da lui compiute. Accanto a me c'era Lisa che prendeva appunti a una velocità notevole, lanciandomi occhiate di sbieco per appurare che fossi effettivamente ancora nel loro mondo. Osservai annoiata oltre la finestra e vidi qualche studente passeggiare per il campus, nonostante l'orario di lezioni.
Avevo fame.
Ma non una fame normale, no. Una di quelle che avrei volentieri mangiato il bar con i suoi dipendenti. Peccato che la gravidanza mi aveva portato delle nausee assurde, del tipo che tutto quello che mangiavo finiva nel water in tempo record. Era sempre più dura cercare di nascondere a Riley l'evidenza. Inoltre, mancavano poco meno di due settimane al ringraziamento e se celare qualcosa a Riley era semplice, con mia madre non era esattamente la stessa cosa.
Sospirai, passandomi una mano sul viso. Ero incapace a gestire perfino la mia stessa vita, vergognosa che non ero altro. Riportai lo sguardo alla finestra, osservando distratta il paesaggio che si mostrava ai miei occhi. Il mio cuore cominciò una corsa pazza quando notai Riley passeggiare tranquillo in compagnia di un ragazzo che non conoscevo. Sorrideva allegro, parlava gesticolando come era solito fare e poi rimaneva zitto con espressione concentrata per ascoltare la risposta del suo interlocutore.
Era bello.
Di una bellezza che mi faceva morire e poi rinascere.
E io, che lo fissavo di nascosto dalla finestra, sembravo solo una ragazzina adolescente in piena crisi ormonale. Possibile che stavo facendo tutto quello che a lui avevo negato di fare? Possibile che mi stavo innamorando di lui?
Talmente ero persa nelle mie turbe che il suono della campana non mi scompose affatto. Mi resi conto dopo cinque secondi che era ora di lasciare la classe.
Dio, era finalmente l'ora di pranzare.
Raccolsi le mie cose con velocità e feci un cenno cortese al professore, prima di scendere le scale con una certa fretta. Fui costretta a fermare il passo quando uno studente mi bloccò il passeggio. Ruotai gli occhi e picchiettai le dita sulla spalla del gigante davanti a me.
Non avevo mai capito come diavolo si chiamasse quel ragazzo. Era arrivato alla Stanford all'inizio dell'anno, con un accento americano scadente e i suoi capelli biondissimi al punto da sembrare bianchi. Forse era svedese o qualcosa del genere, restava il fatto che per quanto ci capisse, non aveva ancora imparato a risponderci come si deve senza inventare parole dalla dubbia esistenza.
Simulò quello che sembrava essere un inchino del tutto impacciato e mi fece spazio per fare in modo che il mio piccolo – ancora per poco – corpicino potesse passare. Raggiunsi il bar e mi guardai intorno per cercare i ragazzi.
Non era ancora arrivato nessuno.
Alzai le spalle, mettendomi nel primo tavolo libero che trovai nel raggio di venti metri e osservai gli studenti entrare affamati. Poco dopo, Riley varcò la porta in compagnia dello studente sconosciuto e di Cognac che sembrava esausto. Si lasciò cadere di peso al mio fianco, emettendo uno sbuffo e chiudendo gli occhi.
«Non dirmi niente che oggi odio il mondo.» mormorò, sfinito. Mi rivolse poi un'occhiata di sbieco, facendo una smorfia. «C'hai 'na faccia... ti è mica morto qualcuno?»
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Heartbeats
Roman d'amourLa vita di Jasmine Olsen è perfetta. Una famiglia numerosa, un college di prestigio e un migliore amico a cui raccontare tutte le sue disavventure. Riley Jones è la sua spalla. Conosce tutto di lei, la comprende, la stima e la sostiene nei momenti d...