4. Tradizioni

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Detestavo con tutta me stessa le tradizioni di famiglia. Le trovavo di una monotonia assurda, ma i miei genitori ci tenevano troppo ed era un reato per loro non seguirle. Inoltre, dopo averli fatti arrivare in ritardo a lavoro, ero costretta a fare la qualsiasi cosa senza lamentarmi. Nonostante fossero passate due settimane da quell'episodio.

Tra le tante tradizioni che avevamo, ce ne erano due che odiavo alla follia:

la prima riguardava il giorno del ringraziamento. Dovevamo, anzi, eravamo costretti a scrivere il motivo per cui eravamo grati a tutte le persone presenti in quella cena. Era una cosa carina quando eravamo tra di noi, ma quando c'erano i parenti di papà che per me erano delle vipere, era una grande fatica inventare dei finti motivi.

Poi, c'era la tradizione chiamata la domenica antecedente il primo giorno di scuola, quindi l'ultima delle vacanze estive. Era stata inventata da Betty e mia madre, quando io e Riley avevamo cominciato l'asilo. La cosa che prevedeva che, entrambe le famiglie, si riunivano per una mega uscita al centro commerciale. Non era male, ai primi tempi, perché per me e il mio migliore amico era un pretesto per stare più tempo insieme. Ma, crescendo, avremmo voluto sicuramente passare l'ultima domenica della vacanza in modo differente.

E invece no.

Dannato centro commerciale e maledetto McDonalds, che poi, non mangiavo mai di buon grado al fast food perché facevo sport e dovevo stare attenta alla linea. Ero nella squadra di atletica leggera, l'unico sport decente che il college mi proponeva. Meglio ancora di danza o cheerleading.

In ogni caso, detestavo quel giorno ed ero costretta a farlo solo per la gioia dei miei genitori e di quelli di Riley.

Mi stavo preparando per andare, anche se farlo con mio fratello Josh che cantava in camera sua e i piccoli di casa che si rincorrevano era alquanto difficile.

Inoltre, avevo il terrore di uscire da quella camera. Gli assatanati che mio fratello aveva come compagni di band, ogni volta che mi vedevano, mi lasciavano gli occhi addosso. Sapevo di essere una bella ragazza, non ero quel tipo di donna che non stava bene con sé stessa. Oddio, forse solo sul fattore peso, ma per il resto ero conscia di essere una ragazza piacente.

E per molti ero estremamente somigliante ad Ariana Grande. Non ci avevo mai visto questa somiglianza, ma tanto valeva beccarsi il complimento e rimanere in silenzio.

Sospirai affranta, cercando di non imprecare per lo stupido eyeliner che aveva ben deciso di non stendersi a dovere. Il tutto condito da mia madre che urlava a Josh di abbassare la musica, mentre mio padre ci intimava a fare presto che i Jones erano già lì.

Dieci minuti dopo, eravamo tutti sulla macchina a otto posti di papà. Io mi ero seduta nei sedili in fondo, con me c'era Caleb che stava al centro e Josh dalla parte opposta. Le gemelline e mia sorella, invece, erano nei sedili davanti.

C'era un mormorio generale e vari litigi discordanti sulla musica d'ascoltare. Josh voleva gli ACDC, mia sorella Joyce i One Direction e le gemelle, ovviamente, Bieber. Quello creò un caos generale che, come previsto, era sfociato in insulti epocali sui gusti musicali altrui.

Papà guidava esasperato, mia madre si toccava i capelli prossima a una crisi di nervi secolare.

«Basta!» urlò, sbattendo i pugni sul cruscotto e mettendo a tacere l'intera squadra di malati mentali. Poi, fece un sospiro, girò il capo verso di noi e fece cenno alle gemelline di spostarsi per poter guardare in viso il più piccolo di casa. «Amore di mamma, ti va di scegliere la musica?» gli chiese con tono affabile.

Cazzo.

Fu lì che volli sotterrarmi, in tutti i sensi del termine.

Dare il privilegio a Caleb di scegliere la musica, equivaleva dover ascoltare le canzoncine per bambini. Il che era davvero imbarazzante, considerando che di domenica pomeriggio il centro commerciale era gremito di gente.

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