24. Reagire

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Odiavo le attese. Era una di quelle cose che non riuscivo mai a mandare giù, anche se stessi aspettando qualcosa di positivo. E, ancor di più, detestavo quando queste arrivavano nel momento meno opportuno. Stavo andando a cercare Riley quando uno studente del secondo anno mi aveva detto che il preside voleva vedermi. In quattro anni, il suo studio l'avevo visto solo tre volte, per cui quella convocazione mi aveva decisamente sorpresa. Ero seduta nella sedia in pelle bianca, che tamburellavo le dita sul tavolo mogano riempito di foto di famiglia e cianfrusaglie. C'erano diversi quadri di Monet, o comunque delle imitazioni davvero strabilianti, appesi alle pareti intorno alla stanza. Il nostro preside, inoltre, aveva una discreta passione per le piante, specialmente per i piccoli cactus che a detta sua erano portatori di grande fortuna.

Naturalmente non mancavano le medaglie e i segni di riconoscimento dati all'uomo per la gestione della scuola. Riusciva a incutere timore a chiunque lo guardasse, quell'uomo, forse perché mostrava senza troppi giri assurdi la sua ambizione e il suo essere determinato. Sicuramente era molto diverso dal suo predecessore, suo padre. Gli studenti che erano stati sotto la sua dirigenza lo descrivevano come un uomo mite, giusto e dedito completamente ai bisogni di qualsiasi alunno, indipendentemente dalla sua classe sociale. Purtroppo, era morto un anno prima che io cominciassi il mio percorso di studi, ma ero veramente troppo curiosa di conoscerlo.

Osservai il grande ritratto affisso alla parete dietro la scrivania. Il vecchio preside sedeva su quello stesso studio, gli occhi allegri e un piccolo sorriso stampato su quel viso grassoccio e simpatico. Era parzialmente calvo, i capelli ai lati della testa erano bianchi e lo sguardo sembrava trasmettere sicurezza e comprensione. Tutto l'opposto di quello che riusciva a tramandare il figlio.

Girai il capo verso la porta quando sentii i passi dell'uomo farsi più vicini. Aveva i capelli lisci e scuri perfettamente ordinati, la pelle chiara, molto pallida oserei dire, e gli occhi grigi e glaciali. Vestiva sempre con dei completi che variavano dal grigio al nero, a seconda dei giorni, talmente stretti che mostravano il suo fisico allenato e tenuto su bene. Nonostante i cinquantaquattro anni compiuti, sembrava veramente essere un giovane uomo.

«Buongiorno, mi dispiace per l'attesa ma quando si dirige una scuola di migliaia di studenti ci sono molte cose da sbrigare.» mi sorrise, girando attorno alla scrivania e prendendo posto davanti a me. Mi scrutò curioso, poi mi rivolse un sorriso tirato e si schiarì la voce. «Suppongo che per te sia strano essere qui, considerando che in quattro anni ti ho convocata poche volte.»

Annuii, sistemandomi meglio nella sedia per assumere una posizione comoda ma non troppo sciatta. Avevo fretta e lui ci stava girando intorno, stavo perdendo solo del tempo inutile. «In verità, le confesso che la cosa mi suscita abbastanza curiosità. È successo qualcosa di grave?» domandai, fermando il movimento della dita che ticchettavano sulla scrivania.

Congiunse le mani e le appoggiò davanti a sé, sorridendomi di nuovo. «Sono venuto a conoscenza di quello che ti è accaduto, Jasmine. Mi dispiace davvero per quello che hai vissuto, tutto il personale scolastico e a tua disposizione per ogni esigenza.»

Avevo previsto che prima o poi la notizia della violenza sarebbe arrivata fino al preside. Non sapevo come prendere la cosa, perché dal suo sguardo ero sicura che le sue parole non fossero finite lì, che c'era dell'altro che avrebbe potuto cambiare ogni mio punto di vista. «La ringrazio, signor Brown.» risposi, ricambiando il lungo sguardo per riuscire a decifrare la sua prossima mossa.

E poi arrivò quella frase che accrebbe in me un senso di furia e che mi fece perdere il controllo delle mie stesse parole, troppo stanca di tale menefreghismo e assenza di tatto. «Sei una persona molto intelligente, quindi so che per te non sarà un problema andare avanti senza l'aiuto delle vie legali. Comprenderai che la notizia di uno stupro avvenuto tra le mura della Stanford sarebbe di grave impatto per il prestigio della nostra scuola, che da anni si aggiudica dei posti alti in classifica per tale motivo. Naturalmente, il tuo silenzio non sarà assolutamente gratuito. Avrai la possibilità di godere di tutti i privilegi che ritieni necessari fino alla fine dell'anno scolastico.» la cosa che mi fece alterare fu il suo modo di propormi tale schifezza senza il minimo di riguardo. Come se mi stesse raccontando un sereno pomeriggio al mare con gli amici. Mi aveva esplicitamente chiesto di stare in silenzio per proteggere la scuola, come se farlo fosse più importante che proteggere me stessa.

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