57. Il giudizio e il giudicato

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Il Giudizio è davvero giusto
quando il Giudicato,
i suoi Atti riposti,
è spogliato di qualsiasi Disco
tranne la sua Sincerità

Emily Dickinson

23 dicembre 2019

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23 dicembre 2019

Le luci tiepide di quest'alba di fine dicembre si appoggiano sulla brughiera, lasciando che l'incanto dello Yorkshire scintilli di riflessi dorati mentre percorro il sentiero sassoso in direzione del mare e lascio che gli occhi si impiglino tra l'erica sfiorita, gli alti abeti, le colline che si estendono a perdita d'occhio alla mia destra e alla mia sinistra. Avverto il richiamo del mare del Nord anche qui, nonostante la distanza: le miglia che mi separano dalle onde sembrano perdere significato finché procedo con andatura sostenuta, stretto nel mio cappotto, perso nei miei pensieri. Quasi tutti si concentrano sulla persona di Amelia Parker, ricordando le ultime ore trascorse con lei.

Ieri sera, nella penombra della sua stanza, ci siamo donati la carne dei nostri corpi per seguire il disperato bisogno di unire la materia di cui sono fatti, così come da mesi avevamo permesso alle nostre anime di fare lo stesso. Consapevoli di avvicinarci al giudizio finale, io e Mia abbiamo concordato nel perderci l'uno oltre il velo dell'altra, laddove non eravamo due colpevoli né due innocenti, eravamo due pezzi di natura incastrati tra loro che speravano di condividere tutto il calore possibile prima che il freddo della morte lo rubasse loro definitivamente.

Inspiro a fondo, oltrepassando alcuni massi gettati in mezzo al sentiero dal vento durante il temporale di stanotte. La sabbia del sentiero è zuppa d'acqua, così come l'erba dei prati: minuscole gocce argentate appoggiate sugli steli, che ondeggiano sotto il respiro della brezza leggera. Alcuni brividi mi serpeggiano lungo la spina dorsale mentre il pensiero della pelle nuda di Mia contro la mia si mescola a quello dell'erba bagnata, del brugo scolpito dall'oro dei raggi del sole nascente e del prossimo incontro con mio padre. È per questo che sono partito dalla fattoria Parker molto presto, stamattina: ho bisogno di abbracciare l'uomo che mi ha messo al mondo, prima che sia troppo tardi.

Stanotte, mentre ero stretto contro Mia dentro un letto troppo piccolo per contenerci entrambi, ho sognato mia madre, Eveline. Il suo viso dai lineamenti così dolci, i suoi occhi dentro i quali mi specchiavo ogni volta che avevo bisogno di lei ma non avevo il coraggio di dirglielo, la sua voce gentile, i suoi pensieri profondi. Fin da quando ho conosciuto Amelia, ho sempre pensato fossero molto simili: innocenti, pure, serene, riflessive, profonde. Con un'anima così grande da far fatica a contenerla e un oceano di segreti importanti da condividere. Tuttavia, mia madre non si era mai spenta come ha fatto Mia in queste ultime settimane, nonostante la malattia.

Ieri sera, mentre accarezzavo i capelli di Amelia e le accompagnavo la testa contro il mio petto ogni volta che tornavo a scontrarmi con il suo corpo, alcune ciocche scure si sono staccate dal suo capo, scivolandomi tra le dita e depositandosi sul cuscino. Inizialmente sono rimasto paralizzato per qualche istante e, avvertendomi rigido contro di lei, Mia ha voluto una spiegazione al mio turbamento. Avrei voluto nasconderglielo, avrei voluto che non vedesse cosa la malattia le stava portando via, ma lei si è voltata e ha guardato i suoi capelli ricadere inermi e senza vita sulla stoffa morbida del cuscino, ed è esplosa in un pianto disperato.

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