Una Vastità, come un vicino, venne -
Una Saggezza senza volto o nome -
Una Pace, come emisferi in casa
e così, la Notte prese formaEmily Dickinson, 1965
6 ottobre 2019
«Non è vero!» protesto per la terza volta in un minuto, mentre presto attenzione a non sporcare la giacca con la mela caramellata che sto reggendo con una mano sola, poiché l'altra è impegnata a reggere il cellulare, bollente contro l'orecchio. Finirò per far cadere entrambi se non trovo un posto in cui sedermi, anche perché le fitte di dolore al ginocchio non mi danno tregua. A poco è servito l'antidolorifico.
«Allora perché non torni da me?» ribatte la voce strillante di Lily Parker dentro il mio padiglione auricolare, facendomi stringere le palpebre e guardarmi intorno a più riprese per cercare una panchina vuota. Niente da fare.
Oggi è la domenica dell'Harvest Moon: molti turisti hanno intasato le strade della città più importante dello Yorkshire, obbligando gli abitanti a farsi da parte per permettere loro di viverne la bellezza, come se durante il resto dell'anno non fosse speciale quanto lo è oggi.
«Mia?» mi chiama mia sorella, facendomi riportare l'attenzione sulla nostra conversazione che prosegue da mezz'ora.
«Lily, scusami, c'è molta confusione» le spiego, allontanandomi dalla folla e accostandomi a un alto sempreverde che delimita un giardino privato, dove le ombre della sera ormai imminente si fanno più intense.
«Hai iniziato a lavorare?» mi chiede mia sorella. Immagino la sua smorfia arrabbiata perché non le ho elencato i mille motivi che mi tratterranno per due mesi distante da casa.
«Stiamo sistemando le carte per poter tornare a scavare».
«Oh! Mi manderai qualche foto quando inizierai?».
«Se potrò farle, vedremo...».
«Sì! Potrai farle di sicuro!».
Cerco di non scoppiare a ridere per non offenderla, anche se mi fa una grande tenerezza. «Non sono io che decido. Ho un capo che mi comanda».
«Lo stesso dell'anno scorso?».
«Sì» confermo, appoggiando gli occhi sul caramello che avvolge la mela, ormai quasi freddo. Il fatto è che non me la sento di lasciare andare mia sorella. Non la vedo da pochi giorni, ma mi manca almeno quanto io manco a lei.
«Ti chiamo dopodomani, va bene?».
«Va bene, Lily» acconsento. «Ti voglio bene. Non fare arrabbiare mamma e papà, e divertiti alla festa di stasera».
«E tu non fare arrabbiare il tuo capo, così mi manderai un sacco di fotografie!» replica lei. «Ti voglio bene anch'io».
Lacrime di commozione mi offuscano per un istante la vista, finché spengo la chiamata e ripongo il cellulare nella tasca posteriore dei jeans neri che indosso. Il cuore mi batte ancora forte quando lecco il caramello dalla mela e ricomincio a camminare, senza seguire una direzione ben precisa, lasciando che il vento freddo sia il mio unico compagno in questa passeggiata iniziata subito dopo pranzo e che sembra non voler finire mai. Perché di camminare non mi stanco, e le mie lunghe passeggiate per la brughiera mi mancano così tanto che ogni occasione è buona per tornare in strada e mettere i piedi in moto, rendermi un tutt'uno con il vento autunnale, con l'andare e il venire, con lo scorrere delle cose. Il dolore alla gamba in alcuni momenti mi obbliga a rallentare o a fermarmi, ma non demordo.
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Fame di vita
RomanceAmelia "Mia" Parker è un'inguaribile sognatrice che abita con la sua famiglia in una fattoria poco distante dalle coste della Gran Bretagna, a nord di York. Amelia ama leggere, scattare foto e, soprattutto, ama camminare. Le lunghe passeggiate lungo...