27. Lo scopo e l'azione

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Dio non creò Azione senza una Causa -
né Cuore senza uno Scopo

Emily Dickinson, 1870

Emily Dickinson, 1870

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21 ottobre 2019

Il trillo acuto della sveglia che ho acquistato qualche giorno fa in un piccolo negozio in centro città minaccia di perforarmi i timpani, ed è con un colpo deciso che abbasso il piccolo perno per spegnerla. Trattenendo uno sbadiglio, abbasso le coperte poco sotto il mio petto. È di nuovo lunedì. Una parte di me è ancora intrappolata nel sogno che stavo facendo prima del suono della sveglia, dai tratti confusi e imprecisi. Una cosa, tuttavia, la ricordo con esattezza: in quella confusione di colori e suoni, c'era il bel volto di Matthew Ward, che non ho più sentito da mercoledì.

Con un sospiro, mi sollevo a sedere e mi stropiccio gli occhi. Da qualche giorno faccio molta fatica a dormire, complici lo stress psicologico causato dal lavoro e i pensieri frequenti rivolti a un giovane dai capelli corvini e gli occhi di mare. Sono trappole per la mia mente e bombe a orologeria per il mio cuore, motivo per il quale le tisane rilassanti che bevo la sera non stanno aiutando affatto a migliorare la situazione. Scosto le coperte di lato, sbadigliando piano, poi mi alzo dal letto. Afferro il cellulare spento appoggiato sul comodino e lo accendo, per poi rifugiarmi in bagno per sciacquarmi il viso. Torno in camera per prendere dal guardaroba un completo invernale da jogging. Lo indosso in velocità prima che scada il tempo a disposizione per la mia mezzora di corsa mattutina, che ha sostituito da una settimana a questa parte le mie lunghe camminate per la brughiera. Sperando che i dolori al ginocchio diminuiscano.

Raccolgo i capelli in una coda alta, indosso le Sneakers bianche e nere e infilo gli auricolari alle orecchie, fissando poi il porta telefono sopra il braccio sinistro. Apro la porta dell'appartamento e respiro a pieni polmoni l'aria pungente di fine ottobre, che mi soffia sul collo e sulla pelle esposta delle caviglie, aggredendomi con ferocia. Tuttavia è un sorriso quello che rivolgo al cielo, ancora buio ma ormai prossimo all'alba, e con un'occhiata veloce ai dintorni nascondo le chiavi sotto lo zerbino. La canzone che scelgo per iniziare l'allenamento, dopo alcuni veloci esercizi di stretching per allungare i muscoli ancora addormentati, è un pezzo dei Nickelback. Nel momento in cui le prime note si fanno strada nelle mie orecchie scatto in avanti in strada e, ignorando le fitte al ginocchio destro, do inizio alla corsa.

Il buio ancora avvolge York in un abbraccio sempre meno stretto, a mano a mano che le prime luci dell'alba si fanno strada nel cielo a Est. È quella direzione che scelgo stamattina, mentre la voce roca di Chad Kroeger inizia a cantare, sussurrandomi alle orecchie frasi che conosco a memoria. Regolo il respiro con i passi, attenta a non aumentare troppo la velocità e a non gravare troppo sulla gamba destra, poi attraverso la strada per spostarmi sul marciapiede dall'altro lato. Le suole delle Sneakers colpiscono la pietra dura e si adagiano su di essa, macinando terreno. Sorpasso un'edicola ancora chiusa e sorrido quando i miei occhi si posano sulla vetrina oscurata della libreria accanto a essa, una delle mie mete preferite da quando ho iniziato a studiare a York.

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