Amelia "Mia" Parker è un'inguaribile sognatrice che abita con la sua famiglia in una fattoria poco distante dalle coste della Gran Bretagna, a nord di York. Amelia ama leggere, scattare foto e, soprattutto, ama camminare. Le lunghe passeggiate lungo...
Chi non ha trovato il Cielo quaggiù lo mancherà lassù - Perché gli Angeli affittano Casa vicino alla nostra, ovunque ci spostiamo
Emily Dickinson, 1883
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Non appena esco dalla porta principale un'intensa folata di vento mi travolge, ma non sono solo i capelli a rimanere impigliati tra le sue spire: l'anima sembra scivolarmi via dal corpo, un tutt'uno con i brividi che fino a qualche istante fa erano appoggiati sulla mia pelle e che ora l'aria strappa via per poi ripresentarmeli con violenza, quando Matthew Ward torna al mio fianco. I suoi occhi si posano su di me e io non posso fare a meno di notare come in essi ci sia un prepotente concentrato di grigio, che riluce d'argento nel momento in cui usciamo da sotto il porticato e uno spiraglio di sole che buca le nubi gli ferisce lo sguardo.
«Non mi ero neppure reso conto che avesse smesso di piovere» commenta Matt, finché attraversiamo la strada.
Il traffico si è diradato, ora, mentre i locali si sono riempiti di avventori per l'ora dell'aperitivo. I loro sguardi, così come quelli dei passanti che escono ora dal lavoro e fanno ritorno a casa, sono concentrati a terra, sullo smartphone o sui passi affrettati che compiono; i miei occhi, invece, è in alto che porgono la loro attenzione: il cielo si apre sopra le nostre teste in un gioco di nuvole e raggi che non vedo l'ora di poterlo guardare da una prospettiva più ampia. Spero con tutto il cuore che possa essermi d'aiuto per il regalo che intendo fare a Matthew Ward nel giorno del suo compleanno.
«Attenta» mi avverte la sua voce, poco prima che una delle sue grandi mani precipiti sul mio polso sinistro per tirarmi indietro dal bordo della carreggiata.
Una moto ci sfreccia accanto rombando, veloce quasi come il vento che ci sospinge da dietro mentre restiamo immobili qui, sulla roccia dura del marciapiede, e con un sorriso ringrazio Matthew mentre la sua mano allenta la presa su di me, senza però lasciarmi. Per un solo, vibrante istante penso che stia per prendermi per mano. Vedo le sue lunghe dita tendersi sopra la pelle sensibile del mio polso e i suoi polpastrelli duri accarezzarla dolcemente, come se nel suo cuore, in questo preciso momento, vi fosse la stessa lotta che anima il mio, diviso tra la volontà di stringere quelle dita tra le mie e la ragione, che mi suggerisce di lasciarle andare. Alla fine non siamo noi a decidere, ma un uomo in giacca e cravatta che si scontra con la spalla destra di Matthew, obbligandolo a spostarsi di lato e a interrompere il contatto con il mio polso che pare gemere, orfano delle sue carezze. Scaccio con forza questi pensieri e riprendiamo a camminare.
«Vieni» intimo a Matt nel momento in cui ci ritroviamo di fronte all'ultimo incrocio prima di una delle antiche porte in muratura della città.
Mi infilo tra due pedoni e, con Matthew Ward che mi segue come un'ombra, attraverso la strada, diretta alle scale che ci permetteranno di accedere alle mura normanne di York, le stesse che ho percorso il mio primo giorno in città.
«Per di qua».
Con un groviglio di emozioni collezionato attorno al cuore inizio a salire le strette scale di pietra, incurante delle fastidiose fitte al ginocchio destro, mentre ogni parte di me è scossa da brividi che sembrano volermi pugnalare come proiettili mirati alle zone più profonde della mia anima. Salgo lentamente, non per lo sforzo che mi costa appoggiare un piede dopo l'altro sulla roccia dura, ma per la tensione che in questo momento mi intrappola le viscere tra due ganasce. Gli ultimi due gradini, però, li faccio quasi correndo. Quando arrivo in cima, dove le mura vedono la città sottostante e lo Yorkshire in lontananza, capisco che il mio può dirsi davvero un regalo. E non solo per le prime luci che si accendono per le vie, per gli edifici resi scuri dalla pioggia che ha inzuppato le pareti, per l'arancio e il rosso sgargianti delle fronde degli alberi scosse dal vento che animano i parchi, ma per il cielo che avvolge il mondo nel suo abbraccio di luci e ombre. È un tripudio di luce, da tutte le parti: le nubi scure inseguono quelle chiare, si mescolano con esse, si annodano e si sciolgono, trapuntando la volta sopra le nostre teste di forme soffici e a tratti spigolose, e di tanto in tanto ci permettono di scorgere l'azzurro, ormai blu, al di sotto di questo tappeto bianco e grigio. I raggi del sole infilzano le diverse forme delle nuvole e le attraversano con violenza, raggiungendo gli alberi dai vivaci colori autunnali, i tetti delle case, le strade principali o le viuzze secondarie di York, anche i numerosi passanti, che non prestano attenzione allo spettacolo in onda sopra le loro teste. Sembra che attraverso tali raggi l'emozione stessa di questo istante si trasmetta dall'infinito lassù al finito quaggiù.