38. La domanda e la risposta

118 20 96
                                    

A quale Domanda mi aggrapperò -
Quale Risposta ti strapperò
prima che tu svanisca
nell'immemore Mare?

Emily Dickison, 1884

Emily Dickison, 1884

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

20 novembre 2019

Dopo aver firmato anche l'ultimo foglio, riordino il fascicolo e poso la penna in alto sulla scrivania. Attorno a me regna la stessa confusione asimmetrica che avverto disordinare i frammenti di me stesso, mentre mi agito sulla sedie di pelle e controllo di aver compilato e firmato tutti i fogli che andranno allegati alla mia domanda per Manchester. Un concorso che Joel McNamara ritiene vincerò facilmente, e che a detta sua mi permetterà di farmi strada anche nel mondo del lavoro oltre che in quello universitario.

Il cellulare, appoggiato accanto al laptop, vibra e si illumina. Sul display leggo proprio il nome dello scienziato americano, così rispondo velocemente. «Pronto?».

«Matthew Ward». McNamara si schiarisce la voce. «Tutto bene? Hai compilato il fascicolo?».

«Sì, ho compilato».

Un'occhiata all'orologio da polso mi fa rendere conto che che si è fatto parecchio tardi, così mi alzo per uscire.

«Posso passare a prenderlo tra una mezzora» mi propone McNamara dall'altro lato del telefono.

«Tra una mezzora non ci sono» lo avverto. Mi passo le mani tra i folti capelli neri per ravviarli prima di riordinare il disordine dilagante di fronte a me. «Dalle quattro in poi penso di tornare qui a concludere alcune cose in sospeso».

«Ci vediamo più tardi, allora».

Rilascio un lungo sospiro, infilando il fascicolo dentro la ventiquattr'ore, poi afferro il cappotto dal gancio accanto alla porta e mi affretto lungo il corridoio in direzione dell'uscita. Il peso dei fogli dentro la borsa è pari a quello di un macigno che mi tira il braccio verso il basso. Metà di me è contenta di questa scelta, di quelle firme, delle implicazioni, delle conseguenze, mentre l'altra metà resta convinta che tutto questo sia solo una perdita di tempo. E me ne rimane sempre meno.

Infilo il cappotto, una manica alla volta, reggendo sotto il braccio libero la ventiquattrore. Sono quasi in prossimità della porta d'uscita quando il telefono mi vibra in tasca. Alzo il bavero, chiudo tutti i bottoni e, una volta uscito del freddo di questo primo pomeriggio a York, recupero lo smartphone e rispondo senza controllare chi sia a chiamare.

«Kevin, sto arrivando, ho...».

«Sarò vecchio, ma sono certo di non chiamarmi Kevin» mi risponde una voce diversa, facendomi sorridere.

«Ciao, papà» rispondo, attraversando in fretta la strada. «Scusami, giornata piena».

«Richiamo stasera, se preferisci».

Fame di vitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora