30. La maturazione e la sentenza

142 22 206
                                    

Che Maturazione dopo di allora -
Verso altro Scenario o altra Anima
la mia Sentenza ebbe inizio

Emily Dickinson, 1871

 È la prima volta che Matthew Ward mi chiama e io non mi volto a dedicargli tutta la mia attenzione

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

È la prima volta che Matthew Ward mi chiama e io non mi volto a dedicargli tutta la mia attenzione. Mi infilo tra la folla, aumentando il più possibile la distanza tra me e quel vampiro dagli occhi di mare che mi ha chiesto di accompagnarlo a questa festa per poi dedicare tutte le sue attenzioni alla sua ragazza. So di essere ingiusta, ma non posso evitare che una gran parte di me si ritrovi ferita dal divenire delle cose e che voglia disperatamente fuggire via.

«Mia!» mi chiama la sua voce, sopra tutti gli altri suoni, ma mi impongo di non assecondarlo. Ho bisogno di calmarmi, di placare il tremore che avverto scuotermi l'animo e di ritrovare me stessa.

Alcuni compaesani mi salutano, rivolgendomi sorrisi cordiali. Il figlio dei fattori Simons mi rivolge un'occhiata carica di malizia che sfuggo velocemente, imbarazzata, mentre raggiungo la mia famiglia.

«Amelia» mi chiama mio padre, «vieni».

Lo aiuto a stendere il telo a terra, poco distante dal tavolo, e cerco con gli occhi mia sorella. «Dov'è Lily?».

«L'ho vista correre con Michael» mi risponde mia madre. «Spero non ritorni bagnata fradicia».

Sorrido, al pensiero, prima di stringermi nelle spalle e dire: «Vado a fare due passi».

Senza ascoltare la sua risposta, mi avvicino al fuoco. La legna aggiunta a più riprese ha creato una catasta di tronchi sovrapposti, da cui si alzano alte fiamme. Le lingue spiraleggiano in aria e si estinguono in faville luccicanti che salgono in cielo, perdendosi nel buio della notte ormai imminente.

Resto per qualche secondo immobile a fissare quel continuo evolversi e mutare delle fiamme, che mangiano il legno insinuandosi al di sotto della corteccia dei tronchi e lo fanno scoppiare. L'arancio del fuoco mi si imprime nelle iridi, e con quel gioco di luce di fronte allo sguardo mi allontano, incamminandomi in direzione del mare.

Il vento si è placato, in questo tratto di costa inglese protetto dalle alte scogliere, tuttavia l'aria in quest'ultimo giorno di ottobre non è affatto calda: lontana dal tepore del fuoco, avverto brividi feroci aggredirmi la pelle esposta del volto e delle mani. Sfrego tra loro le dita per scaldarle e prendo un grosso respiro, andando incontro al buio.

Il mare del Nord compare di fronte a me come il mostro di Halloween più ben travestito. Il nero violento delle sue fauci si scontra con il cielo, di un blu talmente scuro da rendere molto difficile l'evincere la linea dell'orizzonte. Le onde corrono incessantemente dall'infinito alla spiaggia su cui cammino, infrangendosi contro gli scogli d'arenaria poco distanti o colpendo la battigia mista di sabbia e sassi candidi, sollevando spruzzi scuri nell'atmosfera carica di magia.

Fame di vitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora