Nota dell'autrice

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L'Amore è anteriore alla Vita,
posteriore alla Morte,
Radice della Creazione, ed
esponente della Terra

Emily Dickinson, 1865

Emily Dickinson, 1865

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5 febbraio 2021

In una grigia giornata di inizio febbraio, una di quelle dominate da tonalità cupe e spente e nuvoloni che rivestono fittamente la trama del cielo nascondendo ai nostri occhi l'azzurro, mi ritrovo a dichiarare conclusa la revisione di un romanzo che mi ha dato molto più di qualsiasi altro prima d'ora. La luce della candela che mi fa compagnia accanto al PC, mentre batto sulla tastiera queste parole, sfarfalla a ritmo con la musica che esplode nelle mie orecchie: abbiamo imparato che due meccanismi che vibrano su diverse frequenze, quando entrano in contatto, tendono a sincronizzarsi, proprio come il cuore di Amelia Parker e Matthew Ward ora che vivono dentro di noi. E che vi resteranno tutto il tempo che concederete loro.

Sapete, quando ho iniziato a scrivere la loro storia ero quasi certa che non sarei riuscita ad arrivare alla fine. Non essendo amante di questo genere di romanzi e avendone letti pochissimi, mi sentivo inesperta e insicura. Mi chiedevo in continuazione se continuare a scrivere di Mia e Matt fosse la cosa giusta, perché forse un altro scrittore al posto mio avrebbe saputo fare molto di meglio, avrebbe potuto dar loro la voce che si meritavano, a differenza mia.

La verità è che non ho potuto smettere di ascoltarli. Da quando hanno iniziato a farlo, proprio mentre quell'umanità forte e al tempo stesso debole di cui parla il biologo Matthew Ward ha fatto esperienza di una pandemia che è esplosa da fine 2019, proprio come riportavano i telegiornali che talvolta i nostri protagonisti si ritrovavano ad ascoltare, e ci ha trascinati in una crisi globale: una crisi sanitaria, sociale, economica, politica, ambientale. Una crisi che ci sta ancora mettendo a dura prova ora, che dopo più di un anno siamo nascosti dietro una mascherina, viviamo con l'igienizzante sulle mani e a malapena possiamo vedere il mondo attorno a noi. Un mondo completamente stravolto, molto diverso da quello che Amelia e Matthew hanno lasciato il Natale di due anni fa.

Mentre loro mi raccontavano la loro storia, io ero seduta sul letto in camera mia oppure sotto un albero in giardino e guardavo il mondo cambiare da qui, impossibilitata – come tutti – a viverlo. Loro mi hanno tenuto compagnia in pomeriggi e sere vuoti, solitari, di chiusura forzata. Mi hanno spronata a dare il massimo per una storia che ha mille sapori differenti e che parla di bellezza, di amore, di vita, di morte, ma soprattutto di fame: fame di colori, fame di emozioni, fame di ricerca, fame di resilienza. Una fame che accomuna tutti gli organismi viventi, come ci ricorda Matthew, dalla voracità del mare alla crudeltà della materia che ci rende organismi con una data di scadenza.

Conoscevo la fine del romanzo fin dall'inizio. Sapevo che Amelia e Matthew non avrebbero vinto la loro lotta contro un dolore troppo forte per essere sconfitto, ma mai abbastanza per non essere combattuto. Ero consapevole che stavo scrivendo la storia di una giovane donna e un giovane uomo che non avrebbero mai visto il 2020 che noi abbiamo vissuto sulla pelle, che non sarebbero riusciti a essere partecipi, come noi, di un'evoluzione che ci ha portati a fidarci delle macchine, a inventare le tecnologie più avanzate che mai avremmo potuto pensare di riuscire a ideare, per poi ritrovarci vittima di un virus, un'entità biologica che Matthew Ward studiava nelle cellule degli organismi nei diversi ecosistemi di cui si occupava con il suo team di ricerca e che Amelia Parker sapeva trovarsi in ogni forma di vita esistente, anche quelle ormai rimaste reperti archeologici.

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