24. Quella e questa

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E Qualcosa di strano - dentro -
La persona che Ero
e Questa - non sembrano la Stessa -
Potrebbe essere follia, questa?

Emily Dickinson, 1862

Emily Dickinson, 1862

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10 ottobre 2019

Pinzo due fogli tra loro e riguardo il catalogo stilato durante l'estenuante primo pomeriggio appena trascorso. Tutti i riferimenti compaiono in ordine, così come i numeri e le lettere affiancati a essi, che ci consentiranno di lavorare più facilmente nelle prossime settimane. Trattenendo uno sbadiglio, mi alzo dalla scrivania ed esco dall'ufficio per tornare nella sala riunioni, dove Carter Williams e altre due ragazze del team stanno finendo di discutere se accettare o meno un possibile sponsor che ci ha contattati ieri sera.

«Amelia» esclama Carter, non appena incontra il mio sguardo. Indossa ancora il camice bianco da laboratorio, aperto sulla camicia firmata, e tiene una mano nella tasca anteriore dei jeans mentre l'altra è stretta attorno al pacco di fogli contenenti la produzione di Gens su cui ho lavorato domenica sera assieme a Matthew Ward.

«Vuoi raggiungerci?».

Accenno un sorriso mentre ripenso alle grandi mani di Matt che gesticolavano per spiegarmi alcuni concetti difficili con delle semplici metafore da principiante e ai suoi occhi verdi-azzurri, che brillavano per la passione con cui trattava determinati argomenti di biologia.

«Mia?».

A un tratto Matthew si è alzato ed è andato in camera per recuperare due libri di Gens, e durante la sua assenza ho tentato di recuperare il respiro perso. Ma non appena è uscito dalla stanza, con i capelli spettinati e con una t-shirt bianca al posto del maglione che indossava fino a qualche istante prima, ogni battito che ero riuscita a ricucire agli altri mi è stato nuovamente strappato via dalle toppe. Dovrei davvero iniziare a porre dei limiti a tutto ciò che mi fa provare.

«Amelia». La mano calda di Carter Williams si appoggia sul mio braccio, facendomi alzare di scatto gli occhi nei suoi. Sono così verdi, senza alcuna traccia dell'azzurro del mare del Nord, che è molto simile al dolore l'emozione che mi si infila nel petto mentre presto attenzione a Carter quando mi domanda, infastidito: «Bevuto troppo caffè, principessa?».

«Semmai troppo poco» ribatto, allontanando da me l'immagine di Matthew Ward in t-shirt, jeans e piedi nudi e allungandogli i fogli pinzati con cui sono uscita dall'ufficio. «Ecco la lista completa che mi hai chiesto stamattina».

Carter li afferra, lanciandomi un'occhiata sbilenca, per poi lasciar scorrere lo sguardo dall'alto in basso, le mascelle serate, un labbro incastrato tra i denti. Le due ragazze accanto a lui mi osservano dall'alto in basso mentre attendo, immobile, una risposta da parte del capo del progetto. Distolgo il mio sguardo dai loro, carichi di gelosia nei miei confronti per essere la persona che più detiene le attenzioni di Carter in questi giorni, visto che la maggior parte delle carte da preparare sono di mia competenza e che loro non sono ancora riuscite a contribuire granché.

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