XXIV.

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Blake's Pov

Scendo dall'auto barcollando.
Non so come io sia riuscito a mettermi al volante e guidare fin qui.
Non sono ubriaco, ma ho bevuto parecchio.

La cena da mio padre è stata peggio di quanto pensassi.
Sapevo che non sarei dovuto andarci, mi sarei risparmiato tutte le sue cazzo di prediche nei miei confronti su quanto io sia un figlio indegno.

"Blake dovresti essermi riconoscente per tutto ciò che faccio per te! Tutti i soldi che possiedi te li ho dati io! Se vivi nel lusso, è perché lo voglio io, non tu! Sei solo un ingrato" mi urlò furioso.

"Io dei tuoi soldi non me ne faccio niente caro papà! Non me ne fotte un cazzo! Puoi anche tenerteli, fosse per me, me ne andrei lontano e molto anche" sputai velenoso.

Ogni volta è sempre la stessa storia.
Lui che mi fa la predica su quanto io sia sbagliato, su quanto io sia irriconoscente verso di lui, verso i suoi soldi del cazzo. Io so che a lui non frega niente di me, lo fa solo per la sua dannata immagine. Se potesse, si sbarazzerebbe di me con uno schiocco di dita.

Il figlio del grande avvocato John Reed deve essere perfetto.
Deve essere forte, audace e autoritario, non può essere un vagabondo senza obiettivi che si ubriaca e si sballa ogni sera fregandosene di tutto il resto.
Deve seguire le orme di suo padre, non giocare con le matite e i pennarelli.

Peccato che a me della sua dannata immagine non frega un cazzo.
Lo odio, l'ho sempre odiato e sarà così anche in futuro.
Per me non vale nulla, né lui né il suo lavoro.
Me ne frego della sua opinione, figuriamoci di quella degli altri.

Non seguirò mai le sue orme.
Non ho la minima intenzione di diventare avvocato, né tanto meno di entrare a far parte del suo studio.
Ciò lo dimostra dalla mia scelta di seguire una strada completamente diversa da ciò che lui aveva in mente per me fin da quando ero piccolo.

Io voglio diventare un architetto, come mia madre, e niente e nessuno mi fermerà dall'inseguire i miei sogni.

Chiudo la portiera e mi dirigo verso l'entrata. Quando mi trovo ad un metro dal bancone la vedo.
La riconosco subito dai suoi lunghi capelli neri e dal suo dolce profumo che mi invade le narici.

Mi avvicino lentamente cercando di capire cosa stia facendo. Sono dietro di lei e finalmente la posso vedere meglio, è appoggiata con la testa sul bancone e ha gli occhi chiusi. Non mi ha sentito arrivare, sembra quasi in trance.
Provo a chiamarla, ma non mi risponde.

"Bambolina" la chiamo.

Niente, non si alza.

"Bambolina sveglia" ridacchio tra me e me.

"Basta!" borbotta lei.

"Non fare così piccola, non sei felice di vedermi?" la provoco sussurrandole all'orecchio e appoggiando una mano al suo fianco destro.

Lei, alla mia domanda, sembra risvegliarsi e alza di scatto la testa rivolgendomi i suoi dannatissimi occhi azzurri.
Quando la guardo meglio, mi accorgo che i suoi occhi sono leggermente socchiusi ed il suo sguardo è perso.
Sembra sorpresa, ma del resto lo sono anche io. Non mi sarei mai aspettato di trovarla in questo pub e soprattutto non mi sarei mai aspettato di trovarla in queste condizioni.

Ha bevuto e parecchio anche.

Mi fissa e sorride.

Ok si, è ubriaca.

"Ciao B-blake" biascica lei.

"Cosa ci fai qui? Sei da sola?" domando io.

"Mi ubriaco in solitudine come puoi ben notare" ridacchia nervosamente appoggiandosi con i gomiti sul bancone. Il suo viso è sostenuto dai palmo della sue mani.

Mi fa strano vederla così.
Solitamente fa sempre la stronza con me, ora invece sembra quasi scherzare.

"Siamo in due allora" mi siedo sullo sgabello accanto a lei ed ordino da bere al barista.

"Tu cosa ci fai qui?" mi chiede inclinando il suo viso verso di me facendo incrociare i nostri occhi.

C'è qualcosa che non va. Nonostante abbia bevuto anche io, capisco che qualcosa la sta tormentando. È fin troppo tranquilla. Non è da lei.

"Mi ubriaco in solitudine" la prendo in giro ripetendo le stesse parole che mi ha rivolto poco fa.

"Sei da solo?" mi scruta dubbiosa.

"Perché bambolina? Ti da fastidio sapere se sono con una ragazza?" la stuzzico.

"Sei sempre il solito" sbuffa alzando gli occhi al cielo, tornado a guardare davanti a sé.

"Certo! Sempre sexy e divertente" scherzo io malizioso.

Non mi risponde più, ne si gira verso di me. Rimane in silenzio, un silenzio strano, quasi sofferto.

Mi giro di scatto verso di lei e l'afferro per un braccio.

"Vieni con me" le dico determinato alzandomi dallo sgabello.

Non le lascio il tempo di rispondere che la sto già trascinando dietro di me.

"Ma cosa...Blake mollami!" borbotta mentre cerca di divincolarsi dalla mia presa.

"Zitta e seguimi" le ordino serio, mentre la porto fuori dal locale.

"Ok"  si rassegna.

Saliamo in macchina, anche se non penso sia un'ottima idea, ma cercherò di andare piano e stare attento. Spero non ci fermi nessuno o saranno guai.
Voglio portare Jade in un posto.

"Ma mi vuoi spiegare dove stiamo andando Blake?" borbotta lei infastidita.

"Smettila di parlare, quando arriveremo vedrai da sola" rispondo seccato.

Sono passati circa trenta minuti da quando siamo partiti e lei si è addormentata appoggiata alla portiera dell'auto.
Quando le ho detto di smetterla di tormentarmi, ha sbuffato e si è girata verso il finestrino senza rivolgermi più la parola.

Scendo dalla mia Lamborghini Urus nera ed apro la portiera per svegliare Jade.

"Jade svegliati, siamo arrivati" la scuoto leggermente toccandole una spalla.

"È? Cosa? Arrivo!" scatta sull'attenti tirandosi in piedi.

"Siamo arrivati, sta tranquilla" ridacchio.

Quando riapre gli occhi e si accorge che sono io, la vedo rilassarsi.
Scende dall'auto e quando scorge dove ci troviamo strabuzza gli occhi sorpresa e la sua bocca si apre formando una "O".

"O mio Dio Blake, ma è bellissimo!" esclama incantata guardandosi attorno.

"È il mio posto speciale questo. Ci vengo quando voglio staccare da tutto e da tutti" le rivelo sincera.

Unicamente TuaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora