XXXIX.

8.3K 190 1
                                    

Dopo circa venti minuti, passati in totale silenzio, arriviamo sulla costa, una parte in cui a dire la verità, non ero mai stata.
Blake sembra essere ancora molto pensieroso, non ha spiccicato mezza parola da quando abbiamo lasciato il suo appartamento e ha ancora quell'aria triste e cupa.
Non so cosa sia successo prima, ma non avevo mai visto Blake in quelle condizioni.
Non so nemmeno perché ci ritroviamo in questo posto, non lo capisco.

"Siamo arrivati" enuncia lui sospirando.
Subito dopo scende dall'auto e si richiude la portiera alle spalle.

Scendo anche io ed inizio a camminare dietro di lui. Dopo pochi minuti davanti ai miei occhi si presenta una bellissima casa sui toni del bianco con un ampio porticato di legno scuro.
I miei occhi si spalancano per il meraviglioso paesaggio che mi si para davanti. Sul lato destro della casa una fitta pineta si erge imponente, mentre di fronte ad essa si staglia una magnifica distesa d'acqua limpida.
Non so per quanto tempo io rimanga immobile a fissare ogni minimo dettaglio di questo piccolo angolo di paradiso, ma quando mi giro per cercare Blake, noto che non è più accanto a me, ma si trova sui primi gradini del porticato.
Mi prendo qualche secondo per osservarlo meglio. È girato di spalle, rivolto verso l'ingresso della casa ed è completamente immobile.
È bellissimo e nonostante tutto ciò che mi abbia fatto o detto, continuo a credere di essermi innamorata follemente di lui.
Non posso negarlo, non ci riesco.
L'attrazione che sento per lui è innegabile e tutte le sensazioni che mi fa provare ogni volta che mi è accanto sono uniche, mai con nessuno avevo provato ciò che provo davvero per lui.

Sto per raggiungerlo quando i miei occhi si spalancano nel momento in cui lo vedo accasciarsi a terra sulle proprie ginocchia. Spaventata, corro velocemente verso di lui e mi inginocchio alla sua stessa altezza.
Tiene entrambi i palmi delle mani sul suo viso e noto solo ora che sta singhiozzando. Mai mi sarei aspettata di vederlo piangere, mai mi sarei aspettata di vederlo così debole e vulnerabile.

Non posso vederlo così, mi fa male il cuore vedere la persona che amo ridotta in questo stato. Non so per quale motivo lui stia soffrendo, ma lo tiro verso di me e lo abbraccio.
Lo stringo forte perché voglio fargli capire che ci sono, che sono qui per lui e che non me ne andrò.

Il suo viso è ora appoggiato al mio petto e le mie braccia circondano il suo intero busto. Rimaniamo in questa posizione per tanto, troppo tempo.
Decido di provare a chiedergli qualcosa, ho bisogno di parlare con lui e capire. Non ce la faccio a vederlo stare così male.

"Blake" sussurro appena
"Ti va se ne parliamo?" chiedo cauta sperando che non si arrabbi o faccia una scenata come quella di questa mattina.

"Entriamo" risponde flebile lui.

Ci alziamo da per terra ed insieme ci dirigiamo verso l'ingresso.
Blake estrae dalla tasca dei suoi jeans un mazzo di chiavi e con una di queste apre finalmente la porta.

Sono incantata da ciò che sto vedendo, l'ambiente è completamente diverso da come me lo immaginavo.
È un insieme di colori spettacolare, toni che passano dal verde al blu, come dal rosso al rosa. È tutto così tremendamente moderno e sofisticato.
Nulla è stato lasciato al caso. Ogni singolo oggetto presente è stato posto secondo uno schema preciso.
È tutto perfetto. Le pareti bianche fanno da sfondo a questo meraviglioso insieme di colori, che non mi sarei mai aspettata che potessero stare così bene insieme.
L'ambiente è arredato in modo minimal, è presente solo l'essenziale perché ciò che predomina davvero sono la moltitudine di oggetti e quadri sgravanti presenti.

"È stupendo" ammetto guardandomi in giro.

"Ha fatto tutto mia madre" risponde lui vagando lo sguardo tra un oggetto ed un altro.

"È bravissima! Che lavoro fa?" chiedo curiosa ed affascinata allo stesso tempo.

"Era un architetto" sospira Blake.

Merda.

"Blake, non lo sapevo, scusami! Mi dispiace davvero moltissimo" sussurro mortificata.

"Non scusarti, non è colpa tua se non c'è più. È solo colpa di quel pezzo di merda di mio padre" alza la voce serrando i pugni.

"Di tuo padre?" chiedo confusa.

"Seguimi" risponde lui serio.

Decido di seguirlo e ci spostiamo appena fuori casa nel retro, dove si trova un piccolo giardino molto ben curato.
Blake si siede su un piccolo dondolo ed io lo seguo a ruota, sedendomi accanto a lui.

Rimaniamo in silenzio per qualche minuto fin quando Blake non decide di prendere parola.

"Mia madre era una donna bellissima, aveva lunghi capelli lisci e biondi, grandi occhi verdi ed una voglia di vivere irrefrenabile. Era meravigliosa con quel suo sorriso sempre stampato in volto, il suo carisma e la sua grande umiltà. Tutti la amavano, me compreso.
Ti sarebbe piaciuta, ne sono certo e sareste andate molto d'accordo.
Amavo mia madre alla follia. Lei era il mio punto di riferimento, il mio spirito.
Non c'era cosa che io non le raccontassi o che non condividessi insieme a lei.
Mi ha trasmesso la sua passione fin da quando ero bambino. Amava l'arte e tutto ciò che era legato ad essa.
Viaggiava molto spesso e quando ne aveva la possibilità, mi portava con sé.
Con lei ho scoperto nuove culture e tradizioni, conosciuto persone e luoghi meravigliosi e imparato nuove lingue.
Era uno spirito libero, amava la vita e faceva in modo che anche tu la amassi pienamente.
Non ho mai conosciuto in questi vent'anni di vita una persona che avesse la sua stessa forza.
Mi trasmetteva una felicità incredibile e come lei amavo stare in mezzo alle persone e a ciò che mi circondava.
È morta per colpa sua, per colpa di quel pezzo di merda di mio padre.
Era una sera d'estate, stavamo guardando la tv insieme spaparanzati sul divano e mio padre era tornato a casa completamente ubriaco.
Aveva lasciato il mozzicone della sigaretta accesso e senza che nessuno se ne potesse accorgere, un grosso incendio divampò per l'intera abitazione.
Le fiamme diventarono subito altissime e l'aria divenne sempre meno respirabile a cause dei fumi. Mi resi conto in quel preciso istante che avevamo davvero pochissime chances di poter uscire vivi da lì.
L'arredamento era in fiamme e tutte le possibili vie d'uscita erano bloccate.
Nella foga del momento persi di vista mia madre, cercavo di muovermi in qualche modo e di urlare. Volevo farmi sentire e cercai disperatamente di attirare l'attenzione.
Ad un certo punto penso di essere svenuto, forse a causa del poco ossigeno presente. Ricordo poi di essere rinvenuto poco dopo e di essermi ritrovato in giardino, sul lettino di un'ambulanza.
C'erano moltissime persone tra cui vigili del fuoco e polizia.
Quando capí che ero salvo, mi ripresi completamente e chiesi subito dove fosse mia madre. Nessuno voleva rispondermi perciò cominciai ad innervosirmi e ad agitarmi.
Volevo solo vederla e sapere che stava bene. Mai avrei immaginato che quella stessa sera, il mio cuore si sarebbe spezzato in tanti piccolissimi pezzi.
Mia madre era morta, soffocata e schiacciata. I vigili del fuoco trovarono prima mio padre che, essendo ubriaco, non riusciva a reggersi in piedi. Ci misero più tempo del dovuto per poterlo trasportare fuori e per mia madre non ci fu più nulla da fare. Era passato troppo tempo e l'ossigeno era ormai finito. Trovarono il suo corpo privo di vita pieno di bruciature. Non oso immaginare quanto lei abbia sofferto, quanto sia stata male. Ed era sola, non poteva fare nulla.
È stata tutta colpa sua.
Se lui non si fosse ubriacato e non avesse lasciato accesa quella dannata sigaretta, ora mia madre sarebbe ancora qui al mio fianco.
Mi ha lasciato quando avevo circa 12 anni e da quel giorno tutto è cambiato.
Non sono più stato lo stesso e mai lo sarò"

Unicamente TuaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora