My name is Sherlock Holmes: Parte tre (SHERLOCK)

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La singolarità di un crimine è quasi invariabilmente un indizio di per sé; più banale e comune è un delitto, più difficile è venirne a capo.

'Baker Street. Vieni subito se ti conviene. SH'

Dopo aver inviato il primo messaggio attacco sul braccio sinistro il terzo cerotto alla nicotina, dopodiché mi sdraio supino sul divano di pelle nera e prendo, uno dietro l'altro, profondi respiri, mentre i miei neuroni ruotano come gli ingranaggi di un orologio, quasi potendone sentire il rumore.

L'idea attribuibile è quella di un'attesa in sala d'aspetto.

Abbasso e sollevo le palpebre molto lentamente, per poi assottigliarle.

'Se non ti conviene, vieni lo stesso. SH'

Invio il secondo messaggio, replico la respirazione per altri buoni minuti e ne invio un terzo, sempre allo stesso destinatario.

'Potrebbe essere pericoloso. SH'

Eccome se è pericoloso.

Ogni situazione che comporta un omicidio è pericolosa, ogni passo sempre più verso la verità è pericoloso, la verità è che la vita rappresenta un costante pericolo per se stessa; si tratta di un sogno ed un incubo allo stesso tempo, soprattutto per me.

Dio... pensare, pensare e ancora pensare.

Il mio cervello deve pensare, rimettere insieme i pezzi del puzzle raccolti questa notte.

Poi, il rumore della porta al piano terra, il bastone che accompagna i passi lenti e distinguibili delle scarpe sulla gradinata: Watson compare oltre la porta, rivolgendomi uno sguardo interrogativo.

"Cosa sta facendo?"

L'effetto della nicotina attraversa il mio corpo rilassato... no, non devo rilassarmi, dannazione, devo pensare; butto fuori l'ennesimo respiro direttamente dai polmoni e rispondo alla domanda, continuando a fissare il soffitto illuminato dalla luce soffusa della lampada sopra la mia testa, senza battere ciglio.

"Sono cerotti alla nicotina: mi aiutano a tirare fuori i pensieri" mi sollevo la manica sinistra della camicia, mostrando i tre nastri circolari incollati al braccio, unendo infine le mani davanti alla bocca: altro gesto consueto nella mia riflessione quotidiana "Di questi tempi è impossibile concedersi il vizio del fumo a Londra. Pessime notizie per il mio cervello"

"Ma ottime per i suoi polmoni, direi" ribatte il mio coinquilino, avanzando nel salotto "Sono tre cerotti"

"Il problema necessita di tre cerotti"

"Ok... allora, mi ha detto di venire con urgenza. Vuole dirmi il perché?"

Questa frase mi fa scattare in alto le palpebre come una sarracinesca, contemporaneamente un balzo mi colpisce in pieno lo stomaco, simile alla sensazione di un pericolo evitato all'ultimo secondo.

"Giusto! Mi presta il suo telefono? Non posso utilizzare il mio numero, sarebbe riconoscibile dal momento che si trova nel mio sito web"

L'attesa che Watson mette tra la mia richiesta e la sua risposta indica già la direzione del suo pensiero, tutt'altro che facilmente accondiscendente; ne sono la prova le parole che pronuncia in seguito.

"La signora Hudson ha un telefono fisso di sotto. Perché non ha usato quello?"

La cosa che irrita me, invece, è dover continuamente dare inutili spiegazioni; mai una volta che mi diano una risposta diretta, se non che sia un insulto, ovviamente rispedito al mittente senza alcun briciolo di rimorso da parte mia.

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