Bad expectations: Parte tre (AMABEL)

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I sorrisi di John e Mary non sono mai stati così luminosi come quelli di oggi; più luminosi di un fiore appena sbocciato.

Subito dopo la cerimonia ufficiale ed un paio di fotografie scattate all'aperto insieme ai novelli sposi, la festa si sposta all'interno del ristorante: un piccolo locale fuori Londra, immerso nella verde campagna; gli invitati sono sistemati in tavoli differenti, mentre gli sposi, il testimone e la damigella in un'unica lunga tavolata di rimpetto.

Non solo oggi è un giorno importante, ma è anche una splendida giornata soleggiata, rara nella nebbiosa e cupa Londra, eppure sembra sia tradizione che debba esserci un aspetto negativo in ogni singola occasione.

La colpa del bruciore intenso che avverto nel centro dello stomaco sin dall'inizio del matrimonio è indirettamente della damigella di Mary, Janine Hawkins; non è brutta di aspetto, anzi, i tratti del viso sono molto delicati ed i capelli lunghi e ondulati, fermati da un fermaglio a fiore sul lato destro, sono di colore castano scuro e lasciati ricadere sulle spalle, mentre il vestito a corpetto che indossa è di un viola acceso (non è nemmeno una bomba di bellezza, ma la reputo comunque molto più bella di me).

A primo impatto appare come una ragazza per bene, la classica tipa abituata a stare dentro la scrivania e ad abbassare la testa, ma da quello ho potuto notare dal suo atteggiamento è tutt'altro genere di persona; prima, durante e dopo la cerimonia, ha fatto di tutto pur di restare incollata a Sherlock: fugaci occhiate, battutine, risatine, ha avuto persino la sfacciataggine di sparare un commento a sfondo decisamente a righe oltrepassate di molti centimetri per i miei gusti, che, purtroppo per me, ho avuto la sfortuna di ascoltare.

Se non le ho fatto fare la fine di Cenerentola quando le viene stracciato il vestito dalle sorellastre per impedirle di andare al ballo, deve ringraziare solo ed esclusivamente il rispetto che nutro verso John e Mary.

Più cerco di allontanarmi da queste cose, più ci finisco involontariamente mezzo come il prezzemolo, che sia quasi una specie di segno che mi indica di non lasciare scappare il treno.

Peccato che Sherlock è un treno che non ferma mai in stazione.

Lo stesso, però, vale per Janine: la mosca in cerca del miele a cui attaccarsi ha finito per fare un bagno nell'aceto: questo è l'unico aspetto che mi ha lasciata piacevolmente soddisfatta. 

Reagendo in questa maniera mi rendo conto di stare trasgredendo alla promessa che mi sono fatta, ma non posso neppure auto-impormi di non essere gelosa dell'uomo che appunto amo ancora; l'unico modo che ho a disposizione per uscire da questo vicolo cieco è imparare ad inghiottire i rospi e concentrarmi sull'obiettivo a cui voglio arrivare nella mia vita: il bene di mio figlio.

Questa è la cosa più importante.

Proprio la voce di Zefiro mi riporta con la mente alla realtà: lui si avvicina e mi tira per la gonna del vestito verde smeraldo che indosso.

"Mamma! Mamma! Sherlock mi ha detto che sono stato bravo quando ho dato gli anelli e che mi darà il premio che mi ha promesso!" esclama, al settimo cielo: non riesco a non ridere nel vederlo abbigliato con il mini completo elegante ed il cilindro sulla testa da cui sbucano i ribelli boccoletti, mi ricorda molto il personaggio fiabesco dello schiaccianoci.

"Se per premio intendi fotografie di persone senza testa, sappi che non sono d'accordo" spiego, con una nota di ironia ma comunque ferma nel mio ordine, appoggiando le mani sui fianchi e spostando il peso da una gamba all'altra "Non voglio che passi i tuoi primi anni di vita sdraiato sulla brandina nella stanza di uno psicologo, chiaro?"

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