Enigma: Parte due (SHERLOCK)

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Sono rinchiuso da ore nel laboratorio del St Bartholomew Hospital ad occuparmi di analizzare attentamente le scarpe da ginnastica che abbiamo trovato nello scantinato del 221c, a Baker Street.

"Come fai a stare così tranquillo?"

Non sposto l'attenzione visiva verso John, nel frattempo impegnato a camminare su e giù dall'altra parte del tavolo, limitandomi a rispondere a parole alla sua domanda.

"Non capisco cosa intendi"

"Non ricominciare, Sherlock: tu non vuoi interessarti di cosa, o meglio di chi, sto parlando, perché lo sai benissimo" ribatte a tono duro, facendomi roteare gli occhi e liberarmi di un pesante sospiro impercettibile.

"È solo un ostaggio, chiunque sarebbe potuto essere al suo posto. E ad ogni modo non le potrei essere d'aiuto" cambio subito discorso, sentendo il rumore del mio telefono "Il dinamitardo è intelligente... passami il mio cellulare. È nella mia giacca" ora è il mio assistente a sbuffare, ma a differenza mia lui lo fa sonoramente, decidendosi poi ad esaudire la mia richiesta "Sta attento!" lo rimprovero per i suoi modi poco delicati che mi spostano dalla giusta posizione sul microscopio, mentre intrufola una mano nella tasca interna della giacca che indosso.

"È tuo fratello"

"Cancella il messaggio. I progetti missilistici sono fuori dal paese, ormai"

"Ti ha mandato otto messaggi, sarà importante" replica John.

"Non ha disdetto il dentista, perché?" mormoro, scocciato, più a me stesso, sollevando la testa e socchiudendo le palpebre.

"Il dentista?"

"Si, John, il dentista: Mycroft non usa i messaggi quando può parlare, significa che è dal dentista. Senti, Andrew West ha rubato quei progetti, ha provato a venderli e gli hanno spaccato la testa. Perché mio fratello è così determinato ad annoiarmi, quando c'è qualcuno che si rivela così interessante"

L'affermazione da me appena pronunciata non viene accolta affatto bene dal mio coinquilino, come noto dal tono freddo che usa quando riparte alla carica con le sue accuse.

"Ricordati che Amabel rischia di morire"

È inutile: John vuole proprio distogliermi fisicamente dal mio lavoro e stavolta, a causa della sua testardaggine, purtroppo riesce nel suo intento; da una parte acconsento a farlo, così da liberarmi di questo macigno che mi sta facendo perdere un sacco di tempo prezioso: punto i miei occhi seri verso i suoi altrettanto inamovibili.

"E allora? Qui è pieno di gente che muore. Dottore. Perché non vai a piangere al loro capezzale e vedi quanto è utile?"

Lui si inumidisce le labbra e riduce gli occhi a due fessure, attende un paio di secondi prima di riversare ciò che gli frulla in testa.

"Mi chiedo, se lei dovesse morire, tu cosa faresti... probabilmente niente, a questo punto, e mi dispiace. Mi dispiace sentirti parlare in questo modo. Tu non immagini il bene che quella ragazza ti vuole. Con il tuo comportamento la stai lentamente distruggendo, eppure lei cosa fa? Continua a volerti bene, più di quanto ne voglia a se stessa. Ma di questo particolare dovresti essertene accorto da solo e da un bel po'... nah, infondo cosa ti importa, giusto? È solo un ostaggio come tanti altri che potrebbero trovarsi al suo posto... sai cosa penso? No, non te lo dico. Se un giorno sarai in grado di rendertene conto da solo, allora lo scoprirai. Detective"

Quelle parole restano all'interno della mia testa senza che io vi ponga particolare riflessione; fluttuano lentamente ed in silenzio solo perché è stato John a rivolgermele.

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