Sorry, mrs Watson (SHERLOCK)

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Il capitolo con Janine è ormai chiuso, anzi, in realtà non è mai iniziato, almeno per me.

Non mi sarebbe interessata neppure la sua amicizia in fin dei conti; io ho già un'amica.

Comunque ho una cosa di molta più estrema importanza adesso.

Stringendo i denti strappo la flebo di morfina dal mio braccio non senza provare una punta di rammarico visto che era l'unica cosa che mi dava sollievo dal dolore fisico che mi abbraccia ancora tutto il corpo; sollevo lentamente la schiena dal cuscino e con un piccolo slancio riesco a rimettermi in piedi, appoggiando la mano destra contro il muro, restando fermo ad occhi chiusi in quella posizione in attesa che le vertigini si calmino.

Il cerchio alla testa rimane comunque.

Ricordo poco è niente delle ore precedenti, ma una cosa è ben marchiata a fuoco nella mia mente: il volto bugiardo di Mary Morstan Watson.

Chi nasconde sotto quella maschera da gentil donna?

Quale passato cela dietro i suoi occhi, nascosto nell'archivio sua mente? E perché è venuto fuori ora?

La risposta all'ultima domanda l'ho già avuta nel preciso istante in cui l'ho scoperta a minacciare Magnussen, ma per cosa lui la ricattava?

Questo è il mio prossimo obiettivo.

Mi libero degli indumenti ospedalieri, sostituendoli con i miei vestiti appoggiati su una sedia, dopodiché mi fermo per un momento davanti allo specchio: nel mio viso noto i segni delle mie attuali condizioni fisiche, in particolar modo i cerchi neri sotto gli occhi e le palpebre semi aperte, che da quando ho deciso di alzarmi mi stanno avvertendo delle amare conseguenze che pagherò, dandomene un assaggio con la vista a tratti appannata ed accompagnata da una finissima pulsazione sulle tempie e con il leggero tremolio del mio corpo che mi infonde una costante sensazione di perdita di equilibrio.

Ma non mi importa.

Quello che mi importa più di tutto è che John sappia la verità, allo stesso tempo non voglio che ne venga a conoscenza tramite un classico interrogatorio da parte della polizia per farmi identificare il mio aggressore, per questo motivo organizzo tutte le mie prossime mosse nei minimi particolari.

Dopo essermi calato attraverso l'unica finestra presente, prima di tutto chiamo un mio collega senzatetto, Bill Wiggins, per fornirgli la prima precisa parte delle mie istruzioni, dopodiché mi reco segretamente a Baker Street per lasciare lasciargli l'indizio principale di cui lui stesso mi ha informato dopo il nostro arrivo nell'ufficio di Magnussen: appoggio la boccetta del profumo Claire de la lune che mi è stata procurata da Wiggins come primo favore che gli ho chiesto, sul tavolino, accanto a due volumi.

Non avrei pensato che mi sarebbe tornato utile, ma come ho detto al matrimonio, John Watson mi aiuta sempre in un modo o nell'altro.

Dopo che John e gli altri si accorgeranno della mia sparizione verrano immediatamente a Baker Street, contatteranno sicuramente Lestrade ed inizieranno le ricerche sui miei possibili nascondigli sparsi per Londra, dandomi il tempo necessario per occuparmi della seconda, più complicata, parte del piano.

Mentre scavalco di nuovo la finestra del salotto da dove sono entrato, a causa dell'ennesima fitta che mi punge come la punta di un coltello sono costretto a serrare ancora la mascella e sbattere velocemente le palpebre, portandomi una mano sul punto in cui il proiettile mi ha colpito e dove ora non rimane che una ferita chiusa da dei punti; così facendo, però, mentre richiudo l'anta di vetro non riesco ad evitare di fare alcuni rumori che attireranno di sicuro chiunque sia al piano inferiore.

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