The Reichenbach fall: Parte due (SHERLOCK)

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Togliti il dente, mi ha consigliato John quando lo Scotland Yard, con il quale collaboro da un po' e che per premio per un nuovo caso risolto, mi ha donato un cappello, decisamente un altro deerstalker come quello che ho indossato l'ultima volta per sfuggire ai media; un regalo decisamente odioso per me, ma come Watson mi ha per l'appunto candidamente suggerito, mi sono tolto quel dente posando per la stampa con indosso il deerstalker.

In questi ultimi mesi la risoluzione dei casi mi ha portato alla fama e se da un lato i media garantiscono un'immagine pubblica attraverso la pubblicità, dall'altro, come ho sempre detto e ripetuto e come piace ad una persona solitaria quale sono, detesto essere nella bocca delle persone comuni che mi additano con nomignoli ridicoli, come leggo nella prima pagina di un giornale. 

Eppure a restarci male è John e non capisco proprio perché debba lamentarsi se i giornali rivolgono le loro opinioni costruite su di me; voglio dire: non stanno intaccando la sua immagine, quindi perché fare la lagna? Un cosa è certa, non mi metterò in pena di risolvere questo enigma, però non male l'idea di trovare in caso minore per questa settimana.

Il vero problema è che i casi non spuntano come i fiorellini in primavera e trovarmi attualmente qualcosa da fare che mi dia la giusta è un'impresa alquanto ardua.

"Sherlock, è il tuo telefono" commenta John, appena uscito dal bagno con indosso l'accappatoio, dopo aver fatto la doccia; alzo leggermente gli occhi dal microscopio lanciando al mio coinquilino uno sguardo di sufficienza, prima di rispondere in tono piatto e tutt'altro che interessato, tornando ad occuparmi del mio esperimento.

"Il mio telefono? Lascio stare, suona sempre"

"Va bene... senti, hai parlato con lui per molto tempo?" prosegue Watson, dal salotto, riferendosi al manichino di cera che ho appeso per il collo con una fune al soffitto dell'entrata della cucina-laboratorio (ennesima delle bizzarrie a cui John è ormai abituato da un bel po'); mi stacco di nuovo dallo strumento scientifico con cui sto lavorando, afferrando il libretto accanto: almeno adesso ho un buon motivo per conversare.

"Oh, Henry Fishgard" vittima del mio nuovo caso "Non si è suicidato. La cosa non è stata capita" richiudo il volume provocando una piccola nuvola di polvere, riprendendo in mano l'esperimento.

"Un caso urgente, vero?"

"Tutti i casi sono urgenti finché non li risolvi"

Dopo qualche minuto John si avvicina nuovamente, porgendomi il cellulare dopo che questo ha emesso un secondo trillo di messaggio in arrivo; come la prima anche stavolta rifiuto di dargli retta, almeno fino a quando, con una semplice frase senza fare nomi, non mi fa comprendere dalla sua espressione e dalle sue parole chi sia il mittente.

"Sherlock, è lui, è tornato"

Sollevo il viso osservando il mio assistente per pochi secondi, sposto poi in silenzio l'attenzione sulla schermata illuminata del mio cellulare, mentre una piccola scossa elettrica mi attraversa tutto il corpo: sono trascorsi diversi mesi dall'ultima volta che ho sentito il nome di Moriarty ed ogni volta mi provoca lo stesso effetto.

'Vieni e giochiamo.
Tower Hill.
Jim Moriarty x.'

Una cosa è certa: con lui la noia non esisterà mai.

Poco dopo l'arrivo del messaggio e ancor prima che arrivi il solito consueto di Lestrade, quella mattina io e John ci rechiamo da lui alla Tower Hill per analizzare i nastri delle telecamere di sorveglianza poste nella stanza dove sono esposti i gioielli della corona che sono stati trovati dalla polizia indosso alla mia nemesi; tramite la ricostruzione del video scopriamo che poco prima della rottura del vetro da parte di Moriarty, lui ha inciso una brevissima frase: prendete Sherlock.

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