Londra: un'immensa cluaga dove vengono risucchiati i criminali, agenti e vagabondi di ogni genere.
Non devo trovare chi fa qualcosa, ma chi sa qualcosa.
Se quest'uomo vidima il passaporto devo saperlo.
Se questa donna lascia Londra senza mettere il cane in un canile devo saperlo.
Ci sono delle persone che sono degli indicatori; se si muovono sta per succedere qualcosa, come i ratti che abbandonano la nave che affonda.
Seguendo le informazioni dei miei amici senzatetto riguardo i possibili attentatori terroristici, traccio, con un pennarello indelebile nero, una croce su ogni foto dei principali indiziati fasulli che ho attaccato ad un muro del salotto.
È un errore confondere ciò che è strano con ciò che è misterioso.
Più una cosa è insolita, meno misteriosa risulterà essere.
Sbatto compulsivamente le palpebre nel momento in cui sento tirarmi un lembo della vestaglia rossa che indosso; spostando lo sguardo alla mia destra e successivamente ad un'altezza considerevolmente bassa, mi ritrovo davanti il piccolo viso paffuto del bambino di cui ho fatto la bizzarra conoscenza giusto ieri sera.
Tra noi scende lo stesso identico silenzio fittizio della prima volta e, come la prima volta, è lui ad interromperlo per primo.
"Ti pace l'allego chiuggo?" allunga le braccia su cui mantiene la scatola dell'allegro chirurgo su cui butto una fugace occhiata, per poi riportare l'attenzione su Zefiro, assottigliando lo sguardo; quando annuisco i suoi occhi azzurri si riaccendono come successo ieri, ed inizia a saltellare sul posto emettendo dei gridolini eccitati davanti a cui inarco un sopracciglio, scettico "Pue a me! Alloa gochiamo incieme!" mi mordo le labbra: il furbino ha prima posto una domanda ed una volta trovata la risposta che cercava mi ha messo davanti ad un fatto ovvio: se mi piace dovrei accettare; prima che io possa aprire bocca per parlare, però, sono comunque costretto a farlo quando mi sbatte la scatola sulla pancia, rubandomi un lieve gemito, mi afferra poi una mano, tirandomi verso le poltrone "Veni co me, Shellock!"
Mentre vengo letteralmente trascinato, rivolgo uno sguardo accigliato verso la finestra, riflettendo sul probabile concetto che Zefiro deve essersi fatto su di me, non che abbia torto.
Quasi facendomi l'equilibrio mi spinge sulla mia poltrona, mi strappa dalle mani la scatola e la apre sul tavolino difronte.
"La tua mamma non gioca con te?" gli domando ad un certo punto, non perdendo di vista la sua espressione facciale; lui alza le piccole spalle mentre sistema i vari oggettini al loro posto.
"Mamma lavoa, zia Matta no è divettente e John non vuoe venie pu. No ho necciuno..."
Deglutisco, rendendomi conto che per un attimo entrambi abbiamo assunto la stessa espressione cupa, essendo circondati tutti e due dalla solitudine; la solitudine mi proteggeva proprio da ciò che ho sempre voluto evitare e che avrei evitato se non avessi conosciuto John.
Zefiro però si dimentica tutto un secondo dopo quando prende posto sulla poltrona vuota di Watson.
"Quindi tu... vorresti giocare con me?"
Il bambino assume un'espressione stupita.
"Ecché, non l'ho avei capito?"
"Si, l'avevo capito" replico, marcando una punta offesa; in tutta risposta lui scoppia a ridere, rendendomi ancora più indispettito, ma sfocio nuovamente nella curiosità quando arriva la sua prossima affermazione.
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The Game Is On "Sherlock"
FanfictionE se la signora Hudson avesse una nipote che vive al 221b di Baker Street? Se lei venisse casualmente a conoscenza di un segreto? Amabel Hudson vedrà, con i propri occhi, come, da una semplice situazione casuale, si posso innescare una serie di peri...