Ho trascorso buona parte della mia vita nel tentativo di sfuggire alla banalità dell'esistenza, fino a quando essa non è riuscita ad afferrarmi e torturarmi, gettandomi infine via come un limone spremuto di tutto il suo acido e giallastro succo; ecco cosa ho sempre avuto dentro di me ed è sempre stata questa la causa principale delle sofferenze che ho causato a chi mi sta intorno: coloro che hanno compiuto sforzi per starmi vicino e che ho la maggioranza delle volte ripagato con comportamenti immeritati.
Ci sono state conseguenze gravi e meno gravi e quelle che invece mi hanno colpito assai più dolorosamente di quanto abbia potuto fare un proiettile o qualsiasi altra arma letterale.
Ora come ora sto ancora lottando ferocemente contro i sensi di colpa, benché perfettamente consapevole che questo non basta per riparare i miei torti ai suoi danni; è come piangere ora che da un lato può essere considerato il pianto di un coccodrillo: prima mangia i figli e poi si dispera.
È semplice pensarci adesso quando ho avuto molte possibilità alle mie spalle che ho sempre sprecato... purtroppo.
Non so cosa mi lacera per prima.
È passato un anno da quando Amabel non è più in vita, precisamente oggi e questo è già una prima dolorosa fitta; per tutto il periodo precedente non sono mai andato a trovarla proprio perché vivevo nel costante senso di inadeguatezza al pensiero di presentarmi davanti alla persona che ha sacrificato la sua vita per me, seppur ormai la sua presenza si limiti ad un blocco di marmo nero con sù scritto il suo nome, la data di nascita e la fatidica di quel maledetto giorno.
Tutt'ora vivo in quell'inadeguatezza.
Ma è giunto il momento di colmare il vuoto lasciato da quella cosa rimasta in sospeso.
Non posso più rimandare questo momento, se continuassi a farlo per me significherebbe farle un altro torto, persino adesso che non c'è più; Zefiro potrà avermi perdonato, ma niente e nessuno mi toglierà mai il tremendo peso della colpa: se avessi dato ascolto all'avvertimento di Amabel ed avessi smesso di provocare Vivian, forse lei sarebbe ancora viva, sarebbe sicuramente viva.
Allo stesso tempo, però, non so se in quel caso mi sarei reso conto di alcune cose che riguardano me e Amabel; è orribile da dire, ma penso che la situazione sarebbe ancora come l'avevamo lasciata dopo il nostro fatidico litigio, quel giorno.
È incredibile come la vita sia beffardamente crudele e purtroppo passerà riservando sempre un tocco amaro.
Affinché si verifichino determinati cambiamenti c'è bisogno di un sacrificio estremo, questo ho imparato a vederlo più volte con i miei occhi e viverlo di persona.
Trovo finalmente il coraggio di alzare lo sguardo sulla lapide nera, come ha fatto John quando ho finto la mia morte, mentre lo osservavo da poco lontano; l'ho visto parlarmi e poi chinare la testa e piangere... non ho bisogno che mi dica cos'abbia provato in quel momento, posso averne un'idea perché in questo momento avverto perfettamente la pesantezza di un macigno sullo stomaco e gli occhi pizzicarmi.
Prendo diverse boccate d'aria fresca in modo da riempire i polmoni, ma questa tecnica di rilassamento non vale a nulla perché mi trovo sempre al punto di partenza, semmai peggio ed ho capito che non ne uscirò mai da questa situazione, perlomeno non come vorrei.
Su questo posso solo arrendermi.
Lentamente mi sfilo dalla testa il cappello deerstalker, e lo rigiro un paio di volte tra le mani.
Il mio rapporto con questo cappello è a dir poco particolare: benché lo odio con tutto me stesso, allo stesso tempo non posso farne a meno, è uno dei pochi simboli con cui sono abituato ad essere riconosciuto, un qualcosa che se mi venisse tolto mi farebbe sentire nudo; è una parte di me e come odio diverse mie parti personali, così vale per il cappello.
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The Game Is On "Sherlock"
FanfictionE se la signora Hudson avesse una nipote che vive al 221b di Baker Street? Se lei venisse casualmente a conoscenza di un segreto? Amabel Hudson vedrà, con i propri occhi, come, da una semplice situazione casuale, si posso innescare una serie di peri...