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Altea

La sua è una storia struggente, ha conosciuto la sofferenza e la povertà. Mi parla della tenacia con cui si allena ogni giorno e del sostegno costante dei suoi amici. Si rivela un normale ragazzo di ventiquattro anni con sogni e speranze. Ogni tanto abbassa lo sguardo per incontrare i miei occhi, potrei restare ad ascoltare per ore. Sistemo il cappotto sulle gambe quando il freddo pungente penetra nei vestiti, i capelli sono distesi sull'addome di Jordan, che non è affatto infastidito.
«Entriamo in auto» dice, si è accorto del tremolio frequente delle mani.
Annuisco, nonostante non voglia assolutamente allontanarmi dal suo corpo.
«Hai fame?» chiede, il ventre rumoreggia in risposta.
Sorride spontaneo, colpevole appoggio la testa sullo schienale.
Avrei potuto declinare ma la voglia di conoscere altre sfumature del suo carattere preme più di qualsiasi cosa. Guida silenziosamente con le mani sul volante, penso a quanti soldi potrei guadagnare se solo scrivessi sul blog metà delle cose che mi ha detto, conquisterei molte sedi giornalistiche.
«Hai un lavoro?» rifletto prima di rispondere alla sua domanda.
Non posso accennare nulla riguardo la proposta inadeguata della mia ex datrice, metterei in pericolo il nostro rapporto, e non voglio.
«La giornalista» fissa la strada, sono sicura che si sia pentito di avermi raccontato alcuni dettagli della sua vita privata.
«Non preoccuparti, non userò ciò che mi hai raccontato contro di te» nessuna espressione trapela sul suo viso.
«Non l'ho pensato, tu sei troppo buona»
Non so se accogliere benevolmente la sua percezione di me o apprenderla come qualcosa di negativo. Essere buoni non è sempre qualcosa di positivo, può far male a se stessi come un'arma doppio taglio.
Ringrazio e mi dirigo all'interno del locale.
«Benvenuta, sei sola o con qualcuno?» roteo il capo in direzione della porta, il ragazzo non è più dietro di me. Giace fra le braccia della donna, abbracciandola.
«Figliolo da quanto! Quanti anni saranno passati? Due, tre forse anche quattro» imbarazzata arrossisco, Jordan ridacchia.
«Abby sono passate solo due settimane» non sembra curarsi della sua risposta, continua a parlare senza freni.
«Questa ragazza è una tua amica?» annuisce, facendosi spazio fra i numerosi tavoli di legno scuro.
Toglie il giubbotto con disinteresse e ordina un hamburger per entrambi.
«Allora, come hai iniziato a scrivere?» osserva le mie labbra, ghigna. «Scrivo da sempre in realtà, non c'è stato un momento preciso in cui ho iniziato, da bambina scrivevo testi di canzoni e fiabe da leggere ai miei compagni» sono sicura che in questo momento mi si siano illuminati gli occhi, amo il mio lavoro.
L'ho sempre amato, i miei sforzi non sono mai risultati tali.
Mi sono alzata nel pieno della notte ed ho iniziato a scrivere articoli dettagliati che mi hanno dato la possibilità di entrare a far parte di mondi nuovi.
«Fantastico, cosa ne pensavano?» sorrido e nego con il capo.
«Mai lette, non ho mai avuto il coraggio di farlo» infilo un pezzetto di pane fra i denti. Il mio cervello dice di negare tutto quello che potrebbe essere ingerito ma, il mio stomaco brontola contrariato, per la prima volta mi sento in difetto con me stessa.
Jordan mi esamina.
«Se non vuoi mangiarlo per me va bene» le lacrime si formano ai lati degli occhi. Ammettere di soffrire è difficile, la ricerca costante della perfezione è difficile. Mostrare debolezza non è da me ma, anche i migliori cedono qualche volta.
«Va tutto bene ad Abby non dispiacerà se lasci qualcosa nel piatto» tiene il coltello stretto fra il pollice e l'indice. Taglia a pezzi l'hamburger e se lo porta alla bocca, masticando lentamente. Il senso di vomito mi annienta, estraggo i farmaci dalla borsa e ingoio con l'aiuto dell'acqua. Non sono pronta ad affrontare i mostri nascosti sotto al letto, i traumi sono stati la mia più grande fonte di fallimento. Avrei dovuto reagire ma, la voglia di apparire sempre così beata è riuscita a far emergere il mio lato malinconico. Dimentico per un momento tutto ciò che mi circonda e miro agli occhi del mio accompagnatore, urlano risentimento e collera. Recepisco il disgusto, non deve nasconderlo o mascherarlo.
Drizzo in piedi.
Non deve sentirsi a disagio e nemmeno pentito.
«Dove stai andando?» chiede in un sussurro, non rispondo.
Afferro il cappotto e lo indosso rapidamente.
«Altea, fermati!» risulta essere più un ordine che un'affermazione.
Le temperature sono nettamente in calo, bisogna stare attenti ai malanni di questi tempi. Fingo di non ascoltare le varie imprecazioni e cammino lungo il marciapiede, elimino le pieghe della camicia con le mani.
«Dios mío, detente» ghermisce il mio braccio trattenendo il polso con le dita ruvide.
«Cosa è successo lì dentro?» finge. Le sue iridi color caffè rivelano la verità.
«Va bene così Jordan, ci sono abituata» incrocio le braccia al petto mentre le guance diventano color porpora. Lui non mi segue e non accenna nemmeno a farlo, non sono sorpresa dal suo comportamento.
Cosa posso esigere da un pugile? Invidio l' essere così sicuro di sé, non tentenna nemmeno in queste situazioni.
«Se continui a scappare i problemi non si risolveranno da soli, devi essere più forte» allontano il mio corpo dal suo e lo vedo sparire oltre la porta. Sospiro, sono sola con me stessa per l'ennesima volta.
Cerco in rubrica il numero dell'unica persona che potrebbe essermi accanto in casi come questo: Margaret.

*

«Oh la mia bambina» con una mano sul capo accompagna il mio corpo all'interno di casa Mavis. Il silenzio regna sovrano, mio padre si sarà sicuramente chiuso in camera con mille fogli da leggere. Lui è fatto così, preferisce non curarsi dei problemi altrui.
«Siediti, ti vado a prendere una coperta» controllo l'ora sul cellulare. Undici e quaranta di notte. Ho perso il conto di quante volte abbia chiamato Margaret nel pieno della notte, lei ha sempre avuto un ruolo importante nella mia vita. Mi ha accudito quando c'è stato più bisogno, mi ha insegnato tutto ciò che ho appreso nel corso degli anni.
«Eccomi» dice, coprendo persino gli occhi.
Leopold corre sul divano e miagola sotto il nostro naso, anche lui ha capito che non è il momento giusto per le coccole.
«Vuoi spiegare cosa è successo? Mi sono spaventata a morte» tira su la zip della vestaglia, si stende al mio fianco e appoggio la testa sul suo petto. I vestiti profumano di bucato, le mani rugose vagheggiano sulla testa. Lei riesce a trasmettermi tranquillità solo con queste semplici mosse. Nego, non ho le forze per ammetterlo di nuovo. Socchiudo gli occhi mentre continua a canticchiare il ritornello di una vecchia canzone.
Chiudo gli occhi, il viso di Jordan carico di ribrezzo compare nella mente.
Sono sicura che questa sarà una lunga notte.

#spazioautrice.
Ciao a tutti,come state?
Ho il capitolo in revisione da una settimana,ho impiegato quasi cinque giorni per scriverlo eppure non mi convince ancora.Questa volta nessuna scintilla fra Jordan e Altea,solo risentimento.Spero che almeno a voi piaccia.
Un bacio,Fatima.❤

The Boxer's Clan.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora