Altea
''Ti piacerebbe non è così?''
È arrivato il momento di riporre il cellulare nell'armadietto addetto ai pazienti e di ascoltare la terapia che mi è stata affidata.
Jocelyn mi accoglie con un sorriso sincero sul volto, mi accomodo sulla poltrona con lo sguardo rivolto verso la vetrata.
TysonVille è bellissima vista da qui.
Tremo al solo pensiero di dover contestualizzare le solite domande, ma la mia coscienza sa già cosa rispondere. Quando attraverso l'ingresso le barriere intorno a me cedono, mostrano tutte le debolezze che indosso.
«Altea sei in gran forma oggi» sistema gli occhiali sulla punta del naso ed estrae la penna dai capelli, le ciocche cascano sulle spalle. Saluto con un cenno della testa e inizio a massaggiare il dorso della mano con il pollice sinistro. Attendo qualche secondo prima di sorseggiare dell'acqua.
«Riesci a dormire regolarmente?» Jacelyn è una donna schietta, la delicatezza con alcuni pazienti non funziona ed adotta tecniche e metodi differenti per ognuno di noi. Per me ha scelto la sincerità: senza giri di parole, dritta al punto.
«Non molto, il sonno arriva nelle prime ore del giorno» continuo.
«E ho bisogno di lavorare in quel lasso di tempo»
«Come va con tuo padre?» questo è il quesito più richiesto da quando vengo qui.
«Sono tranquilla, Jocelyn. Ho stabilito dei limiti e mi sento molto meglio» bugia.
Come posso guarire se mento anche all'unica persona che potrebbe aiutarmi? Non è stupida.
«Sei riuscita a relazionarti in modo stabile con qualcuno negli ultimi tempi?» sorrido.
Guardo in alto, trovando interessante il soffitto giallo, simpatica come scelta.
«Come si chiama?» appunta sul quadernino il comportamento di oggi, visualizzo l'elenco dei progressi con la coda dell'occhio. Nego con il capo, non le dirò il suo nome se è questo che crede. Non so nemmeno se il rapporto con Jordan può essere definito stabile, troppo presto per decifrarlo. Lui riesce a suscitare delle emozioni in me che non sapevo nemmeno di avere, quando siamo lontani non recepisco nulla di tutto ciò. Ho bisogno di questo, qualsiasi cosa sia. «Stai mangiando?» annuisco, questa non è una menzogna.
Non ingerisco cibo salutare ma deglutisco qualcosina, le pillole sono solo una distrazione per la mente.*
Venti minuti dopo mi rifugio sul portico del grande palazzo in attesa di un taxi. Cerco il contatto di Jordan ed avvio una videoconferenza tramite Facebook, stranamente risponde. Il suo viso appare in primo piano, un brano di Mc Jottapê in sottofondo. Sogghigna, cerca in tutti i modi di mascherare il divertimento.
«Vorresti che fossi il tuo stalker» dice e si prende gioco di me.
«Dove sei?» chiede.
Gli mostro la strada principale, anche se non voglio realmente fargli sapere la mia posizione. Sistema il cappellino e con la mano destra guida fluidamente. Rido per il suo modo buffo di pavoneggiarsi e mordicchio il labbro superiore per il nervoso.
«Posso accompagnarti a casa?» aggrotto le sopracciglia e rifiuto l'offerta.
Elide e Adriel mi aspettano, non posso annullare l'appuntamento del Giovedì. Jordan sembra non accettare un rifiuto, rotea la fotocamera in senso opposto e si finge offeso.
«Devo andare» torna su se stesso e sobbalza quando saluto con la mano. Il taxista suona il clacson.
«Sabato dopo l'incontro ci sarà una festa a casa di un amico, ti aspetto lì» strizza l'occhio e attacca. Salgo all'interno dell'abitacolo.
«Dove la porto?» domanda.
«Fredrick Park, grazie».*
«Pistacchio e Cioccolato?» annuisco, felice.
Pulisco le labbra con l'aiuto di un fazzoletto e mi dirigo con passo felpato verso la panchina del parco giochi.
Aveline, la ragazza con cui ho parlato quella sera al locale, si è rivelata essere la sorella minore di Adriel.
È una ragazza molto cordiale, non ha smesso nemmeno un secondo di prendere in giro suo fratello. Elide si è limitata a sorridere più volte mentre Adriel sbraitava parole a caso. Ho riso molto, il mio Giovedì non è mai stato così colorato. Vedere Jordan anche solo per qualche secondo ha reso l'atmosfera molto più piacevole, le sue attenzioni suscitano in me emozioni positive. Inutile negare che i suoi comportamenti non sono del tutto giusti: quella sera in auto e l'altro giorno al ristorante. Conosce molte più cose di me, ha parlato della passione per il pugilato ma non ha accennato nulla sulla sua famiglia. Vorrei chiedergli tantissime cose ma appena siamo soli le parole muoiono nella mia gola, la salivazione si azzera e il cervello smette di recepire ed inviare segnali. Vorrei vederlo denudato da quella corazza d'acciaio, recepire i tormenti più profondi che prova e condividerli. Dietro la serietà innata di un uomo adulto, c'è altro.
L'ho visto quella sera quando mi ha portato con sé.
«Mi stai ascoltando?» Elide scosta i capelli dalla fronte, appoggia la testa sulla mia.
«Mia madre ha invitato Adriel a cena da noi Sabato sera» il tono angosciato non premette bene.
«Sono molto preoccupata, io amo Adriel ma non penso che mia madre potrebbe accettare tutto questo. Non è un avvocato e nemmeno un dottore» fissa il biondo a pochi metri da noi, quest'ultimo sorride nella nostra direzione e ci indica.
«A me non interessa» le stringo le spalle in segno di conforto. I genitori di Elide sono due imprenditori di alto rango sociale, non interessati alla felicità della loro unica figlia ma, solamente ai progressi aziendali. Ho conosciuto entrambi ad una festa di beneficenza, sono poco cortesi e molto altezzosi. Elide è l'opposto di tutto ciò che rappresenta il loro mondo.
«Sarei più calma se ci fossi tu con noi, ti adorano!» non è affatto vero. Sua madre odia il mio essere sempre contro le regole, suo padre mi tollera solo perché sono la figlia di Henry Mavis.
«Mi dispiace ma sono occupata, ho dei curriculum da inviare» cerca nel mio sguardo qualcosa che possa centrare la fregatura.
«Negli ultimi tempi sei molto più produttiva, sono felice che tu abbia trovato la stabilità che cercavi».
Davvero crede che io stia meglio?
Non sto bene affatto, i progressi fisici non sono quelli mentali. Mangio regolarmente, dormo nel tardo pomeriggio e assumo le pillole che mi ha prescritto la psicologa. Le responsabilità bussano per entrare ma io sono rannicchiata in un angolo con le mani sulla testa. I continui attacchi di panico quando sento pronunciare il nome di mia madre, le emozioni piatte non mi abbandonano nemmeno quando vorrei cercare conforto in qualcuno che non sia Margaret. Non posso contare su di lei per sempre, un giorno se ne andrà.
Tengo la testa con entrambe le mani mentre Elide si alza per andare incontro ai due, resto qualche secondo ferma davanti a quella scena. Il primo nemico sono io, se non riuscirò a darmi da fare dominerà su di me e sulle persone a cui tengo. Non posso permetterlo, non adesso.#spazioautrice
Oggi è il mio giorno,finalmente compio diciotto anni.Ammetto che sono stati gli anni più attesi di tutta la storia.
Spero che questo capitolo vi piaccia,un piccolo regalino per voi.
Un bacio,Fatima.🦋
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The Boxer's Clan.
ChickLit🔞 Questa storia contiene: violenza, linguaggio scurrile e uso di stupefacenti. E se dalle scelte derivassero i problemi e le conseguenze di un'intera comunità? E se gli accordi con i soci saltassero da un momento all'altro? Tyson Ville non ha mai g...