Altea
Giro la testa e resto immobile.
Jordan.
Jordan è nel mio letto, nudo.
Un braccio sotto al cuscino e le labbra schiuse. Appaiono nuovamente alla memoria ricordi della sera precedente: i sussulti, gli spasmi, i gemiti e la pelle d'oca. L'ho fatto, ho fatto ciò che desideravo da tempo. Sprofondo con il volto nel cuscino e sorrido, gioco con le dita per il nervoso e cerco di sfiorare lo zigomo di Jordan con il dorso della mano. Ho aspettato questo momento per molto tempo, restare svegli fino all'alba e parlare di cartoni animati. Principesse Disney e Divinità Greche. Ho scoperto che il suo preferito è il dio della guerra, da cui prede il nome. Mi ha parlato della sua passione per l'astrologia e per la mitologia greca, trasmesse dalla madre. Ama il riso soffiato e odia il caffè zuccherato. Ho sorriso così tanto da avere i muscoli contratti per lo sforzo. Mi ha accarezzato i capelli finché Morfeo non ha sopraffatto entrambi, sereni e spensierati.
Le luci del mattino colpiscono il mio viso, mugugno qualcosa e decido di alzare il sedere dal materasso. L'orologio segna le sei e quindici minuti, fra poche ore inizierà il turno di lavoro da casa. Correggere bozze di scrittori emergenti, non è quello che sognavo ma, è già un bel incarico per essere nuova nel settore dell'editoria. Controllo la tabella di marcia e mi dirigo verso il bagno, nuda. La pelle diafana risplende sotto la fioca luce che penetra dalla finestra. Lavo il viso con acqua gelida, rabbrividisco pe la temperatura e corro a scaldarmi con un caffè annacquato. Accendo il televisore e siedo sul divano, Leopold sonnicchia noncurante della mia presenza. Il profumo di Jordan aleggia nell'intera stanza, il pensiero di aver sfiorato con le dita ogni centimetro di lui causa in me delle sensazioni strane, sono soprafatta. Serro gli occhi e mordicchio il labbro inferiore: è sexy. Smetto di vagheggiare e filo in camera per indossare qualcosa di comodo ma professionale. La porta è socchiusa, non ricordo di averla aperta. Sbircio con la coda dell'occhio e noto Jordan, seduto sul materasso. Non è un'espressione pentita anzi, gli occhi serrati e la mano a sorreggere la guancia. Dorme, i piedi sul pavimento e la schiena curvata. Procedo, nel silenzio più totale, verso la cabina armadio.
Apro le ante ed afferro un pantalone Chino Relaxed di Guess ed una t-shirt bianca.
«Ti svegli sempre così presto?» sobbalzo con l'intimo a mezz'aria.
Le guance si colorano di un rosso intenso, le mutandine salutano Jordan e lui non smette di fissarle. Con agilità infilo una gamba e poi l'altra, fremo per l'intensità con cui lo sguardo è puntato sulle mie nudità.
«Mi piaci più nuda che vestita» dichiara mentre erge in piedi.
Resto paralizzata, lui sogghigna ed indossa i vestiti della sera precedente.
«Anche tu non sei niente male» riemergo dallo stato di trance e ammicco sfacciata.
«Niente male, eh?» unisce le nostre labbra in un gesto veloce ma, voglio e bramo di più.
Tocco il petto e congiungo la lingua con la sua, non un bacio passionale ma, docile e bisognoso.
Ho sempre cercato qualcuno come te, autentico. Senza filtri. Una persona che non ha paura di mostrare il lato peggiore di sé. Poso la mano sul retro del collo, annaspo alla ricerca d'aria ma non accenno a fermare il contatto. Nulla danneggia il tuo ego, io ho la pelle tormentata per quanto mi spaventa il futuro. A te non interessa cosa riserverà , vivi come se potessi morire da un momento all'altro e non t'importa.
«Non andare» sussurro fra un bacio e l'altro.
«Vorrei ma Tyron mi aspetta e i Los Salvadores hanno bisogno di me» dice, separa i corpi e si dirige verso il salotto. Indosso velocemente ciò che ho scelto e raccolgo i capelli sulla nuca, seguo ogni movimento.
«Si chiamano così le persone che lavorano con te?» chiedo, annuisce.
«Sono El Salvadores, un uomo completamente diverso da quello che hai conosciuto» siede sul divano, gli cedo una tazza di caffè bollente. «L'uomo nel salotto di casa Morrison non si mostrerà mai davanti a te, perchè vorrei che tu conoscessi Jordan e non El Salvadores» ascolto attentamente.
«Non mi sono licenziata perchè Amber Cambell mi ha chiesto di cercare informazioni su di te, avrei potuto accusare mio padre di essere corrotto ma la verità è un'altra» ispeziono con cautela la sua espressione. Avverto la postura rigida che assume, lo spostamento d'aria quando scosta il ginocchio per stenderlo. Mi intima di continuare, cerca delle spiegazioni.
«La verità è che ti avevo già visto prima, intendo prima del nostro primo incontro» aggrotta le sopracciglia e si alza di scatto.
«Cosa stai dicendo?» appoggia la ceramica sul tavolino e serra i pugni.
«El Diablo ti ha chiesto di spiarmi?» ringhia a due centimetri da me. «Di cosa stai parlando Jordan? Ti ha già visto alla fermata dell'autobus anni fa, insieme a quelli che poi ho scoperto essere Tyron e Travis» sbraito.
«Non conosco nessun Diablo e non credo di voler conoscere nessun uomo con questo nome» dico, dirigendomi verso il lavabo.
«Non ti avrei mai ingannato, non so nemmeno mentire!» parlo a voce alta.
Afferro la spugna e sfrego con forza per eliminare ogni traccia di saliva sul bordo. Non percepisco alcun spostamento d'aria, fino al momento in cui sento stringere i miei fianchi da dietro. La testa nel piccolo incavo del collo e il respiro sulle clavicole.
«Tu non c'entri un cazzo con quello che c'è fuori e ho paura di aver sporcato la tua purezza» strascica l'ultima frase.
Nego, guardando il suo viso.
«Quando ho visto mia madre impotente, è stato lì che ho perso l'ingenuità. Si chiamava Amelie, era una donna meravigliosa, prima dell'alcool» dico, sorpresa dalla calma con cui pronuncio il suo nome. «È stata dopo la sua morte che ho iniziato a soffrire, a scuola le ragazze mi evitavano e mio padre passava il suo tempo in ufficio» spiego a piccoli passi la mia vita, socchiudo le porte e accosto i cassetti della memoria.
«La notte facevo di tutto pur di non chiudere occhio, le paranoie e gli attacchi di panico. Ho iniziato a bere prima dei ventun anni ed è illegale in alcuni Stati» ridacchio con lo sguardo fisso nel vuoto, circonda le spalle e mi stringe con ferocia.
«Non lascerò che i pensieri negativi sovrastino su di me, non più» mormoro. Per qualche secondo tutto tace, solo il calore dei nostri corpi stretti in un abbraccio.Il cellulare vibra sul ripiano, la canzoncina che risuona nell'appartamento è anonima, nulla di egocentrico.
«Sto arrivando amico, è solo un ora di ritardo... hai le tue cose? Ti ho detto che sto arrivando...guido piano, si certo» termina la conferenza con le fossette ad ornare le guance.
«Devo andare, Altea» indossa il giubbotto e si dirige verso la porta d'ingresso, la apre ed attende.
«Ho scritto il mio numero di cellulare su un post-it in cucina, chiamami per qualsiasi cosa. Non sei sola, non più ormai» concede alla mie labbra un ultimo bacio e s'intrufola nell'androne delle scale come un ladro.
Chiudo e sospiro.
Eccolo, di nuovo, il vuoto.
Utilizzo la forza fisica per recuperare il laptop dalla camera da letto, fosse stato un altro uomo avrei sicuramente cambiato le lenzuola ma, il profumo di gelsomini è così forte da far girare la testa.
Decido di appoggiare la trapunta senza rifare il letto, non voglio che vada via anche l'unica cosa che ha lasciato.
Lavoro con un ritmo veloce, fra sintassi e ortografia, non mi accorgo del campanello che suona ininterrottamente. Fisso incredula l'ora e mi accorgo di aver saltato due pasti: lo spuntino e il pranzo. La figura di Elide, seguita da Adriel, incombe in casa come un uragano.
«Sei pronta? Che strano odore c'è qui dentro, hai cambiato detergente?» annusa come un segugio la tappezzeria del divano.
Ecco cosa ho dimenticato, la festa.
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The Boxer's Clan.
ChickLit🔞 Questa storia contiene: violenza, linguaggio scurrile e uso di stupefacenti. E se dalle scelte derivassero i problemi e le conseguenze di un'intera comunità? E se gli accordi con i soci saltassero da un momento all'altro? Tyson Ville non ha mai g...