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Ciao a tutti,come state? Io molto bene,non ho pubblicato in queste settimane perchè sono stata molto impegnata.Questo capitolo è seguito dal punto di vista di Jordan,le scene seguenti saranno un pò spinte.
Un bacio,Fatima.🦊

Altea

Mastico lentamente, lui divora con voracità gli ultimi cubetti di pasta. Un piccolo sorriso nasce sulle mie labbra, avendo finito anch'io il pranzo ripongo tutte le stoviglie nel cestello.
Un leggero venticello entra dalla finestra, mi suggerisce che è arrivato il momento di afferrare una sigaretta dal pacchetto.
«Caffè amaro?» chiedo, irrompendo il silenzio creatosi.
Annuisce ed afferra la tazza, con un gesto veloce del capo lo invito a sedersi accanto a me, sprofondo nella poltrona di vimini beandomi dei raggi solari.
Questa casa è stata come una boccata d'aria fresca, un cambiamento che è arrivato dal profondo del cuore.
«Una?» accenna un ghigno e infila fra le labbra la piccola quantità di tabacco. Siamo invasi da nuvole di fumo, spariscono quando Jordan con le mani cerca di scacciarle via.
«In questi giorni non ho fatto altro che pensarti» dichiara, roteo il capo ma lui non guarda me. È immerso nel panorama, deglutisco e fingo di non aver ascoltato.
Perché proprio adesso?
Sono state settimane dure, ho più volte pregato che si facesse vivo e che le mie teorie fossero solo paranoie.
«Dopo l'entrata di Ezra non ho fatto altro che pensare alla tua espressione nauseata. Dimmi, dimmelo. Ti ho guardato in quel modo quella sera da Abby?» sussurra amareggiato, acconsento alla domanda.
Distolgo lo sguardo dal cielo e miro agli occhi.
«È stato doloroso, io non avevo colpe e non ne ho. Ci convivo da anni e non potevo sapere che con te mi sarei sentita in quel modo, non ho scelta» continuo.
«Eri così disgustato dalla mia presenza» aspiro dal filtro.
Resta in silenzio finché un colpo di tosse squassa il silenzio.
Mi hai baciato come nessuno, mi sono sentita viva e stranita.
Vorrei dire, ma il suo cellulare continua a squillare anche quando non sembra intenzionato a rispondere.
«Scusami» erge in piedi, un pezzo di carta gli scivola dalla tasca posandosi sul posto vuoto accanto a me.
La curiosità preme sul petto e senza riflettere troppo lo apro, una farfalla. Noto adesso il piccolo pezzetto di stoffa stretto forte intorno al bicipite teso, conosco bene la sensazione di un nuovo tattoo. Sfioro la clavicola sinistra sentendo il bisogno di riaffiorare il momento in cui l'ho scelta. Penso che avere lo stesso simbolo sulla pelle ci rende simili. Parla con fretta, sbraita qualcosa riguardo i guantoni e torna al mio fianco con le mani nelle tasche.
«Devo andare, l'allenamento di oggi è davvero importante» indirizza il suo corpo verso il salotto e si addentra, seguito da me. Riduco il volume del televisore e sistemo i cuscini del salotto, afferro la manica del maglioncino e la tiro leggermente verso l'interno.
Non andare via, resta ancora un pò.
Sembra leggere nella mente e guarda dritto negli occhi, le labbra attirano l'attenzione.
«Vieni?» le lecca in un gesto meccanico ed indossa il giubbotto. Biascico qualcosa prima di udire le fusa di Leopold, anche lui mi invita ad andare.
«Devo cambiarmi?» chiedo, lui nega con il capo e sorride.
«Una giacca, il riscaldamento non è mai acceso. Alain farebbe di tutto per risparmiare sull'elettricità, quel vecchio può essere davvero irritante alcune volte» dice.
Acciuffo lo zaino dalla camera da letto e accarezzo la testolina del micio.
«Fai il bravo, siamo intesi? Prega che il divano sia intatto al mio ritorno altrimenti niente cibo per due giorni» graffia intenzionalmente le mie scarpe e si rifugia dietro le gambe dell'uomo.
Il viso del ragazzo è divertito dalla situazione, piccole fossette spuntano sulle guance.
«Non ridere!» minaccio.
«Ma è divertente! Dovresti davvero smetterla di dargli così tanto cibo» Leopold in risposta fugge sul divano, accoccolandosi nei cuscini. Alzo le spalle, un cenno del capo e le chiavi di casa nella serratura.
«Hai mai pensato di guidare?» enuncia.
«In realtà ho la patente di guida da anni» sgrana gli occhi e prende in giro il mio buon senso.
«Non credo» asserisce. Arriccio il naso e non cedo alle provocazioni, appoggio il sedere sul sedile ma lui non cede.
«Guida tu» dichiara.
Ridacchio ma quando noto l'espressione seria, smetto subito.
«Tu sei pazzo, assolutamente no!»
«Se ti dico che è una questione di vita o di morte?» recita, sporge il capo verso l'interno.
«Sul serio Altea, non posso guidare adesso» attraverso il cambio con la gamba sinistra e cerco di sistemare il sedile, mentre lui è già seduto nel lato opposto. Non guido da molto, questa sarà la prima volta dopo anni e soprattutto con un auto che vale più del mio appartamento. Cerco di rilassarmi alla ricerca di qualche stazione radio, infilo le chiavi nel nottolino e il motore rumoreggia.
L'uomo serra gli occhi e si lascia andare, mentre io sono tesa come una corda di violino.
«Al primo semaforo resta sulla sinistra» indica. Resto concentrata sulla strada finché alcune esclamazioni non echeggiano nell'abitacolo. «Sono veramente così bello?» fissa l'apparecchio come se quello rappresentato fosse un Dio greco, e lo è.
Ci sono rappresentate tutte le azioni più eccitanti degli incontri a cui ho partecipato.
«Svolta a destra e subito dopo a sinistra» non distoglie lo sguardo da sè stesso, nemmeno quando indica il tragitto.
«Tu mi vedi così» non è una domanda e non risulta esserlo.
È convinto di ciò che dice.
Annuisco, ti ho visto in tanti modi ma forse questo è il più vero e crudo che ci sia.
Esamina con sguardo critico ogni scatto, stupendosi ad ognuno di esso.
«Siamo arrivati, si trova lì sulla sinistra» accosto con precisione accanto ad una Mustang e scendo senza esitare.
Sto per indossare lo zaino ma vengo spinta contro il suo petto. Appoggio una mano sul cuore e la nuca nell'incavo del collo, respiro a fatica per lo stupore.
Perché? L'indice scosta una ciocca ribelle dalla guancia e sfiora lo zigomo compiendo movimenti circolari. Il suo tocco è lo stesso di quella sera, delicato. È lui ad evitare l'imbarazzo, scioglie l'abbraccio e tiene per me sia lo zaino, sia il borsone da palestra.
Saluta Tyson e svanisce negli spogliatoi.
«Non posso credere che sia venuto sotto casa tua» sorride e scuote il capo.
«Sei pronta per vedere la bestia?» il corpo statuario di Jordan si presenta davanti a me in tutto il suo splendore.
È dipinto in ogni lembo di carne, l'inchiostro è ovunque. Scopre la stoffa e sussulto: è la stessa. Stesse striature, stesse sfumature.
L'ha vista anche lui.

Prende posto sullo square e mostra ogni lato di sé.

The Boxer's Clan.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora