Altea
Questo non è il posto adatto per delle signore: il cemento è scrostato, le seggiole blu sono imbrattate di disegni poco eleganti, le corde dello square tese come quelle di un violino. Le persone acclamano il preferito della serata mentre io mi accomodo in prima fila insieme a tutti gli sponsor, mi sono presentata come giornalista di una famosa rivista sportiva. La Canon tra le mie mani ha reso ancora più reale la menzogna, sono qui solo per vedere la furia. La famosa bestia di cui tutti parlano e di cui nessuno allude in sua presenza. Tutti prendono posto sugli spalti, il nome del primo ad entrare viene pronunciato dallo speaker e le grida di apprezzamento stonano i timpani.
Il capo di Jordan viene scoperto, la vestaglia gli scivola dalle spalle cadendo sul pavimento rigido del ring. Boccheggio alla vista di tutti i disegni che gli caratterizzano il corpo, gli angeli delineano la forma del petto mettendo in risalto la piccola striscia di peluria che cade verso il triangolo rovesciato. I pantaloncini identificano bene il proprietario: la testa di un leone è raffigurata sul retro sinistro, poco più in basso delle natiche. Sembra scolpito nella pietra, il Diavolo in carne ed ossa.
Il peccato di ogni donna, la tentazione di ogni ragazza pura.
Tra il pubblico scorgo il viso scuro di uno dei ragazzi presenti nel locale ma del biondo nessuna traccia. La sfida inizia quando punto lo sguardo oltre la fotocamera.
«Siete pronti? Andiamo!» l'esclamazione dell'uomo al microfono scatena l'inizio di una guerra senz'armi. Il primo ad attaccare è lo sfidante che sferra un pugno verso le costole di Jordan, quest'ultimo riesce a schivarlo e a difendersi subito dopo. Nessuno dei due ha intenzione di perdere. Il corpo del ragazzo domina su quello dell'avversario. Titanium Ray inciampa sui suoi stessi passi e cade sulle corde con il viso rivolto verso il basso. Il primo round è finito, scatto qualche foto per non destare ulteriori sospetti. L'allenatore si avvicina con passo svelto verso l'angolo in cui Jordan è seduto. Gli sussurra qualcosa all'orecchio e fissa il nemico con rabbia, sorseggia dell'acqua che cade lenta lungo il collo. Sono incantata da ogni suo movimento, dirigna i denti ed è pronto per il secondo round. Sferra il primo colpo tenendo il braccio sinistro in alto, colpisce con il destro sulla mascella. Quest'ultimo spunta del sangue ma continua a sorridere con scherno verso il ragazzo moro, con fare aggressivo Jordan si scaglia sull'uomo senza pietà. Ecco la bestia, l'agonia delle notti buie e gli oscuri pensieri di un futuro incerto. Ruggisce come un leone ed ulula come un lupo, la sofferenza ed il dolore si dipingono su tutto il corpo diramandosi sulle braccia tese. È lui il vincitore, il sudore e lo sforzo ne sono la conferma.
Strappa via il paradenti, l'occhio è arrossato mentre sullo zigomo è presente un livido poco esteso. Sorride. Un sorriso che potrebbe scaldare il cuore di chiunque, questa è una rivincita.
La sua rivincita.
Sfila i guantoni e cerca qualcuno tra il pubblico, una ragazza si fa spazio con impeto e allegria. Dal modo in cui cerca disperatamente un contatto visivo capisco che faccia parte della sua famiglia, sprigiona amore materno e purezza nell'anima. Jordan asciuga le sue lacrime ed io mi sento lontana anni luce da quella che potrebbe essere anche solo una presenza nella sua vita. Ripongo la macchina fotografica nello zaino e mi dirigo verso l'uscita, forse è stata una cattiva idea arrivare fin qui senza nemmeno congratularmi con il campione. Le poche donne presenti sono tutte accompagnate, io sono scortata dalla solita aura di malinconia che mi contraddistingue. Sono di spalle, lenta cammino lontana da lui.
«Altea?» il mio nome risuona forte nella palestra, i presenti si girano a guardarmi.
Analizza il vestiario, soffermandosi sul viso imbarazzato.
Jordan è davanti a me con le braccia penzolanti.
Mi sento come se fossi stata appena scoperta a rubare le caramelle dal vasetto preferito della mamma. Si avvicina con viso compiaciuto e scosta una treccina dalla fronte.
«Cosa ci fai qui?» chiede.
Mostro la Canon.
«Sei qui per fare foto?» nego con il capo, restando priva di parole per ribattere.
«Allora sei venuta per terminare la conversazione» inarco le sopracciglia.
«È un no? Allora sei qui perchè ti piaccio!» sgrano entrambi gli occhi, indietreggio irritata.
Presuntuoso, arrogante.
Sistemo lo zainetto sulle spalle ed afferro il cellulare per chiamare qualcuno che riesca a scortarmi fino a casa.
«Sei con qualcuno?» rotea il capo per cercare qualche figura maschile. Sto per andare via quando, con rapidità, ghermisce il giubbotto che indosso e mi attira verso sé.
«Esistono i taxi sai?» rispondo saccente, tento una via d'uscita proseguendo verso l'esterno.
«Posso accompagnarti io, non ho altri impegni dopo» piega la testa di lato.
I suoi occhi sono limpidi, non c'è traccia di malizia.
Annuisco, scettica.
«Vieni con me» cammina verso gli spogliatoi con passo felpato, attraversa la calca mentre io cerco di non perderlo di vista.
La sicurezza acquisita alcuni minuti fa ha lasciato spazio a una serie di moltitudini emozioni, solitamente so come comportarmi in situazioni nuove ma in sua presenza le facoltà mentali si annullano.
Ci avviciniamo ad un gruppo di ragazzi ma, è la donna a catturare l'attenzione.
«Altea ti presento Danika, mia sorella» porgo la mano, viene stretta con decisione.
«Ringrazia tuo padre da parte mia per aver salvato Jordan più volte» dice timida e torna a parlare con gli altri.
Guardo di sfuggita quest'ultimo per non essere nuovamente colta in flagrante. È assurdo il modo in cui riesce a sembrare rigido, nonostante abbia messo in mostra la fila di denti bianchi. Alza la mano per intimarmi a seguirlo. Mi avvicino cauta, resto comunque a debita distanza. La citazione recita: mai svegliare il can che dorme.
In questo caso apporterei una leggera modifica: mai avvicinarsi troppo alla bestia che sonnecchia.
«Hai perso la voglia di ribattere? L'ultima volta non sembravi così timida» punzecchia.
«Non mi conosci Jones» ribadisco.
«Forse ma, fossi in te non giocherei troppo con il sottoscritto. Non sono l'uomo che pensi. Io non ho bisogno del sesso per sentirmi vivo, io sono già vivo» scoppio in una sonora e prolungata risa.
«Io non voglio venire a letto con te» le iridi scure cercano risposta nei tratti del mio viso, bramano qualcosa che non troveranno. Infilo la lingua tra i denti nello stesso momento il cui il pugile mi afferra il viso, i nostri nasi si sfiorano.
Ha capovolto il gioco a suo favore, il respiro incompleto s'infrange sul labbro superiore facendomi pentire di aver iniziato questo gioco malsano.
«Non ci scommetterei troppo» chiudo gli occhi.
Vengo invasa da brividi, sicuramente dovuti all'aria gelida.
Aspetto qualsiasi gesto da parte sua ma non arriva.
Apro gli occhi ed è già lontano da me, il viso compiaciuto ed entrambe le mani nelle tasche.
«Vado a cambiarmi» mi da le spalle e fischia divertito.
Sono una stupida, mi sono lasciata andare troppo.#spazioautrice
Ciao a tutti,come state?
Volevo giusto dire qualcosina senza risultare troppo oppressiva.Non capisco se la storia sta piacendo a qualcuno oppure no,non vedo commenti e raramente vedo delle stelline da parte di qualcuno.Non sono una scrittrice che da peso a queste cose,io scrivo perché mi aiuta a non pensare.Uso la scrittura come sfogo personale e perché amo immedesimarmi in altre vite.Vorrei che qualcuno esprimesse un proprio pensiero su questa storia,senza obblighi.
Grazie mille per l'attenzione.♥️
Jordan e Altea vi attendono in un nuovissimo capitolo domenica 24 gennaio.🥊🌼
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The Boxer's Clan.
ChickLit🔞 Questa storia contiene: violenza, linguaggio scurrile e uso di stupefacenti. E se dalle scelte derivassero i problemi e le conseguenze di un'intera comunità? E se gli accordi con i soci saltassero da un momento all'altro? Tyson Ville non ha mai g...